Archivi categoria: Inni e preghiere

Preghiera a Giove Statore

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Per la festa del tempio di Giove Statore (27 giugno) vi abbiamo preparato questo inno tratto da Cicerone:

<Tu, Giove, il cui culto fu istituito da Romolo con gli stessi auspici con cui fondò

Roma, tu che a ragione sei chiamato protettore di questa città e

dell’impero, difendi da questo individuo e dai suoi complici i templi tuoi Continua la lettura di Preghiera a Giove Statore

Preghiera per la fondazione di Roma

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<Assistetemi, o Giove, nel fondare la città,

e tu padre Mavors* e tu Vesta madre.

Volgete a me la mente voi tutti, o dei, cui è pio rivolgere

l’invocazione! La mia opera sorga con il vostro auspicio.

Duri a lungo la sua potenza sul mondo conquistato,

e siano a lei sottomessi l’Oriente e l’Occidente>

 

<condenti, Iuppiter, urbem 

et genitor Mavors* Vestaque mater, ades; 

quosque pium est adhibere deos, advertite cuncti.

Auspicibus vobis hoc mihi surgat opus. 

Longa sit huic aetas domitaeque potentia terrae, 

sitque sub hac oriens occiduusque dies>

Romolo alla fondazione di Roma, (citato in Ovidio, Fasti IV, 827)

*Mavors è un’antica divinità italica legata alla vegetazione e alla guerra, forse è il risultato di un nome composto dal latino arcaico vert (volgere) e magh(e)s (combattere, battaglia) quindi “colui che volge le sorti della battaglia” probabilmente secondariamente assimilato a Mamers e quindi a Marte. [J.P. Mallorys, Douglas Q. Adams, Encyclopedia of Indo-European Culture 1997 pag 630]

Inno a Mercurio

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<O Mercurio fecondo, nipote d’Atlante, che accorto I feroci costumi degli uomini hai ingentilito con l’eloquenza e con l’uso della palestra che dà grazia [al corpo] te, io canterò, messaggero del potente Giove e inventore della lira ricurva, abile a nascondere con giocoso furto tutto ciò che ti sia piaciuto. Mentre Apollo privo della faretra una volta cercava di atterrire te bambino con voce minacciosa se non [gli] avessi restituito i buoi portati via con l’inganno, rise. Anzi, sotto la tua guida, anche il ricco Priamo, lasciata Ilio, sfuggì i superbi Atridi e i fuochi Tessali e l’accampamento ostile a Troia. Tu conduci le anime pie alle sedi beate e raduni con la verga d’oro la folla evanescente, gradito agli dei superi e inferi.>

 

<MERCVRI FACVNDE NEPOS ATLANTIS 

QVI FEROS CVLTVS RECENTVM 

VOCE FORMASTI CATVS ET DECORAE 

MORE PALAESTRAE, 

TE CANAM, MAGNI, IOVIS ET DEORUM 

NVNTIVM CVRVAEQVE LYRAE PARENTEM, 

CALIDVM QVICQVID PLACVIT, IOCOSO 

CONDERE FVRTO. 

TE BOVES OLIM NISI REDDIDISSES 

PER DOLVM AMOTAS PUERUM MINACI 

VOCE DVM TERRET VIDVVS PHARETRA 

RISIT APOLLO. 

QVIN ET ATRIDAS DVCE TE SVPERBOS 

ILIO DIVES PRIAMVS RELICTO 

THESSALOSQVE IGNES ET INIQVA TROIAE 

CASTRA FEFELLIT. 

TV PIAS LAETIS ANIMAS REPONIS 

SEDIBUS VIRGAQVE LEVEM COERCES 

AVREA TVRBAM, SVPERIS DEORVM 

GRATVS ET IMIS.>

-Orazio, Odi Canto X

Preghiera a Giove Marte e Vesta a protezione di Roma

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<Giove Capitolino, e Marte Gradivo, autore e conservatore del nome Romano, Vesta custode del fuoco perpetuo e qualunque nume che elevaste questa mole dell’Impero Romano ai più alti fasti della terra, vi prego e scongiuro a nome di tutti: custodite, conservate, proteggete questa prosperità, questa pace e questo principe [l’imperatore]. Dopo che egli avrà usufruito di un lunghissimo soggiorno terreno destinategli successori quanto mai annosi, ma di quelli le cui spalle bastino a sostenere il comando del mondo tanto fortemente quanto abbiamo sperimentato che furono sufficiente quelle di lui, siate propizi ai piani dei cittadini se giusti, stroncateli se criminosi>

 

<Iuppiter Capitoline, et auctor ac stator Romani nominis Gradive Mars perpetuorumque custos Vesta ignium et quidquid numinun hanc Romani imperii molem in amplissimum terrarum orbis fastigium extulit, vos publica voce obtestor atque precor custodite, servate, protegite hunc statum, hanc pacem, hunc principem, eique functo longissima statione mortali destinate suceessores quam serissimos, sed eos, quorum cervice tam fortiter sustinendo terrarum orbis imperio sufficiant quam huius suffecisse sensimus, consiliaque omnium civiun aut pia fovete aut impia opprimite.>

 

Velleio Patercolo, Historiae Romanae Liber Posterior, 131

Preghiera di un povero agli Dèi

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<Assistetemi, o Dèi!

Non disdegnate i doni della povera mia mensa

ch’io v’offro in nude ciotole di terra,

chè ben di terra cotta fece i primi vasi,

nella molle creta ben li foggiò l’antico agricoltore.

Non io richiedo le ricchezze avite,

non il censo che cumuli di messi procacciavano ai miei progenitori,

poche messi mi bastano,

mi basta riposar nel mio letto

e ristorarmi le membra nel triclinio consueto.>

<Adsitis, divi, neu vos e paupere mensa

     Dona nec e puris spernite fictilibus.

Fictilia antiquus primum sibi fecit agrestis

     Pocula, de facili conposuitque luto.   

Non ego divitias patrum fructusque requiro,

     Quos tulit antiquo condita messis avo:

Parva seges satis est, satis requiescere lecto

     Si licet et solito membra levare toro.>

Tibullo, Elegie, I 37, 44

Enea prega Apollo

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<<Dacci, o Apollo, 
una dimora nostra, 
a questi uomini stanchi dona una terra, 
una posterità, una patria che duri nel tempo, 
un’altra Pergamo troiana. 
Porta in salvo ciò che è sfuggito 
alla strage dei Greci e del feroce Achille. 
Chi ci farà da guida e dove andremo? 
Dove andare, dove fissare una dimora mostracelo tu. 
Mostraci, Padre, un segno della tua volontà, 
discendi nei nostri cuori. –
– Ascolta la mia preghiera grande medico
grande uccisore di serpenti
gestore di pestilenze e di salute
su tutti gli uomini e tutti gli animali.
Salvami potente Apollo
da questo male e da questo dolore
e io ti farò grande sacrificio di buoi.
Accetta intanto la mia offerta e non
allontanare lo sguardo da me.>>

-Virgilio, Eneide, III, 85

Inno a Giano di Settimio Sereno

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In prossimità degli Agonalia dedicati a Giano (9 gennaio) pubblichiamo questo inno:

Giano Padre, Giano custode, dio bicipite, biforme
o accorto creatore di tutte le cose, o principio degli dei,
tu a cui stridono le soglie, il rumore dei cardini
tu a cui risuonano le auree serrature del mondo.
per te arde un antico altare nel tempietto ancestrale.

<Iane Pater, Iane tuens, dive biceps, biformis
o cate rerum sator, o principium deorum,
stridula cui limina cui cardineis tumultus,
cui reserata mugiunt aurea claustra mundi,
tibi vetus ara caluit aborigineo sacello>

Settimio Sereno, frammento 23

Preghiera per i nuovi Consoli 1 Gennaio

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Preghiera simile per il primo gennaio:

Sorto con lieti auspici, anno, tu vedi
Quale ai fasci d’Ausonio avventuroso
Principio arride. Alza il raggiante capo,
Sole eterno, e d’inusata
Luce vestito l’oriente inostra
Oh padre delle cose, anno, che tutto
In tua circulazion volgi dal mese
Sacro al bifronte dio fino al gelato
Dicembre; anno, ten vieni, e il sacro giorno
Tu nuovo mira dell’antico Giano.
Segui gli usati calli; e i vari tempi
Col variar dei dodici temprando
Celesti segni, nella tua rapina
Infatigabil ruota per convesso
Ciel travolto; sì che, intatti i dritti
Del dì serbando, ugual spazio di luce
A vicenda s’aggiunga e tolga al sole,
Finché di nuovo il suo lume rintegri
Al muoversi del verno. Orto ed occaso
Avvicendando volgerai la ruota,
Sin che tredici volte abbia riacceso
La luna il corno; e nel prescritto calle
De’ segni affrenerai del sole il corso.

Ausonio, Edyllia, 333 (9)

Decimo Magno Ausonio è considerato uno dei massimi eruditi del IVsec dell’era volgare, tuttavia i suoi due più famosi allievi, Ponzio Anicio Paolino e l’imperatore Gallieno, divennero l’uno vescovo di Nola e l’altro fortemente attivo in una politica antipagana. Tuttavia è evidente dagli scritti di Ausonio che egli era molto legato alla tradizione pagana, non ultima una lettera inviata al suo ex allievo, ormai vescovo di Nola, in cui lo sconsiglia di intraprendere la sua vita contemplativa.

ITEM PRECATIO KAL. IANUARIIS

 

Anne, bonis coepte auspiciis, felicia cernis

consulis Ausonii primordia: prome coruscum,

Sol aeterne, caput solitoque inlustrior almo

lumine purpureum iubar exere lucis eoae.

5anne, pater rerum, quas Iani mense bifrontis

volvis in hibernum glaciali fine Decembrem,

alme, veni et festum veteri novus adice Ianum.

coge secuturos bis sena per ostia menses;2 [p. 54]

sollemnes pervade vias bissenaque mundo

curricula aequatis varians per tempora signis

10praecipitem aeterna perfer vertigine cursum,

sic prono raptate polo, contraria Phoebus

ut momenta ferat servata parte dierum

et novus hiberno reparet sua lumina pulsu,

menstrua ter decies redeunt dum cornua lunae,

15exortus obitusque manu volvente rotabis,

legitimum Phoebi cohibens per signa meatum.

Inno a Giano per l’inizio dell’anno

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Giano Bifronte, inizio dell’anno che tacito scorre,

tu che solo fra gli Dei puoi vedere il tuo dorso,

si propizio ai duci per opera dei quali la fertile

terra gode di serena pace, e così il mare;

sii propizio ai senatori e al popolo di Quirino

e dischiudi con un solo tuo cenno gli splendidi templi.

Sorge un giorno felice: accogliendo con animi e discorsi

appropriati: in questo giorno lieto si dicano liete cose.

All’orecchio non giungano liti, stiano lontane le folli

contese, e tu maligna turba rinvia la tua opera.

La fiamma riverbera il chiarore sull’oro dei templi

e irradia un vibrante splendore al sommo degli edifici.

Alla rupe Tarpea si ascende con toghe immacolate,

e anche il popolo veste di bianco la sua festa.

Già i nuovi fasci precedono, rifulge la nuova porpora,

e il mirabile avorio sostiene i nuovi pesi.

I giovenchi non ancora domati che l’erba falisca ha nutrito

nei suoi campi, porgono il collo al colpo che le immoli;

intanto Giove dall’alto della sua reggia mira l’orbe intero,

e non v’è cosa che veda se non romana.

Salve, giorno felice, ritorna sempre migliore,

degno di essere onorato dal popolo signore del mondo>

Ovidio, Fasti, I, 65ss

Preghiera per i nuovi Consoli 31 Dicembre

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Preghiera d’ Ausonio eletto console nel prendere i fasci all’ ultimo di Dicembre

Vieni, o Giano, sol nuovo e rinato anno,
De’ Latini a veder su la curule
Console Ausonio. Non è forse ei degno
Spettacolo ai tuoi sguardi, ora che è fatto
Solo all’ augusta maestà secondo?
Di qui muovon, segnando agl’ immortali
Lor fasti il tempo, di Quirino i figli,
E il gran consiglio, cui fiammeggian cinte
Di porpora le toghe. Anno, con lieti
Auspicii sorto, lepid’ aure adduci
Nella salubre primavera, e piogge
Nell’ estivo solstizio, e boreali
Brezze al Settembre; le autunnali brine
Stempri sottil frescura, e declinando
Per misurati gradi il caldo ceda.
Umido Nolo la semente ammolli;
E sia nevoso il verno, infin che torni
Marzo, dell’anno antico padre. Spiri
Nuova grazia di fiori all’odoroso
Maggio; e Luglio con gli Euri il mar tranquilli,
E la messe maturi : il Cane incendi
Non accresca al Lion ; bella dispensi
Di color varianza e di sapori
Agli arbori Pomona; e ciò che adulto
La state fè, maturi autunno ; e il verno
Dell’offertagli dote in geniali
Ozii fruisca. Regni pace al mondo,
E poter di maligno astro non sia,
Che la conturbi. Penetrar le case
Non ardisca di Marte alcun pianeta
A lui nemico ; non la luna, o il ratto
Mercurio che vicino a noi si gira ;
Non tu, Saturno, che ti volgi estremo
Nel più remoto ciel : tu dall’ ignito
Marte diviso affretterai tranquillo
L’ etereo corso. ltene voi congiunti,
Giove, Stella felice, e Citerea,
Scorta del giorno ; e vi sia pur compagno
Talor Mercurio, agli ospiti cortese.
Vieni, o Giano ; sol nuovo, e rinato anno.
Domi i nemici laddov’ or correndo
All’omaggio lo Svevo al Franco misto,
Di vestir chiede de’ Latini il saio ;
E dove cogli erranti Unni divise
II Sarniata la patria ; e dove, stesa
Agli Alani la destra, ardiva il Gela
Mover all’Istro assalto ; ecco sen viene
(Giá la Vittoria su le rapid’ ali
Me ne reca l’annunzio) il grande Augusto
Ad onestar del suo saluto il mio
Grado, cui lieto avria con me diviso.
Vieni, o Giano; sol nuovo, e rinato anno.
II fulgor del tuo riso anche al venturo
Anno prolunga, o sul : d’ Ausonio i fasci
Cesare avra, della trinata veste
La quinta volta ornato. Oh! di quai lustro
La consolar mia porpora s’ abbella,
Poi che degna vestirla a me secondo
Il sommo Augusto! Odi con mite orecchio,
Nemesi, il vanto: più che nguat non sembra
Farmi Augusto a sé stesso, allor ch’a’miei
Fasci d’entrar consente innanzi a’ suoi?
Vieni, o Giano ; sol nuovo, e rinato anno.
Sospingi il corso de’ seguaci mesi
Per le dodici porte ; e fa che il sole
Al tropico s’affretti, e, a lui di nuovo
Dato il tergo, tramutisi all’opposto
Vernale cerchio; e senza posa scorra
Di tre segnali la quadrupla vicenda
Sprona gli estivi giorni e le brumali
Tarde notti, o promesso anno che il nome
Avrai da Augusto. Oh come io sarò lieto,
Se tanta ho vita ch’io ti veggia! Oh come
In lui d’aver parrammi un’altra volta
L’onor de’ fasci, e porrò in ciel la fronte!

Ausonio, Edyllia, 333 (8)

Decimo Magno Ausonio è considerato uno dei massimi eruditi del IVsec dell’era volgare, tuttavia i suoi due più famosi allievi, Ponzio Anicio Paolino e l’imperatore Gallieno, divennero l’uno vescovo di Nola e l’altro fortemente attivo in una politica antipagana. Tuttavia è evidente dagli scritti di Ausonio che egli era molto legato alla tradizione pagana, non ultima una lettera inviata al suo ex allievo, ormai vescovo di Nola, in cui lo sconsiglia di intraprendere la sua vita contemplativa.

PRECATIO CONSULIS DESIGNATI PRIDIE KALENDAS

IANUARIAS FASCIBUS SUMPTIS

IANE, VENI; NOVUS ANNE, VENI; RENOVATE VENI SOL,

consulis Ausonii Latiam visure curulem,

5ecquid ab Augusta nunc maiestate secundum

quod mireris, habes? Roma illa domusque Quirini

et toga purpurei rutilans praetexta senati

hoc apice aeternis signat sua tempora fastis.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

10Anne, bonis coepte auspiciis, da vere salubri

apricas ventorum animas, da roscida Cancro

solstitia et gelidum Boream Septembribus horis,

mordeat autumnis frigus subtile pruinis

et tenuata moris cesset mediocribus aestas,

15sementem Notus umificet, sit bruma nivalis,

dum pater antiqui renovatur Martius anni.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

Spiret odorato florum nova gratia Maio,

Iulius et segetes coquat et mare temperet Euris,

20Sirius ardentem non augeat igne Leonem,

discolor arboreos variet Pomona sapores,

mitiget autumnus, quod maturaverit aestas,

et genialis hiems parta sibi dote fruatur,

pacem mundus agat nec turbida sidera regnent.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

Nulla tuos, Gradive, offendat stella penates,

quae non aequa tibi; non Cynthia, non celer Arcas

finitimus terris; non tu, Saturne, supremo

ultime circuitu: procul a Pyroente remotus

30tranquillum properabis iter. vos comminus ite,

stella salutigeri Iovis et Cythereie Vesper:

non umquam hospitibus facilis Cyllenius absit.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

Hostibus edomitis, qua Francia mixta Suebis

35certat ad obsequium, Latiis ut militet armis,

qua vaga Sauromates sibi iunxerat agmina Chuni,

quaque Getes sociis Histrum adsultabat Alanis

(hoc mihi praepetibus victoria nuntiat alis):

iam venit Augustus, nostros ut comat honores,

40officio exornans, quos participare cupisset.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

Aurea venturo, Sol, porrige gaudia Iano:

fascibus Ausonii succedet Caesar in annum,

quintam Romulei praetextam habiturus honoris,

45ecce ubi se cumulat mea purpura (mitibus audi

auribus hoc. Nemesis) post me dignatur oriri

Augustus consul, plus quam conferre videtur

me sibi, qui iussit nostros praecedere fasces.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

50Tu tropicum soli da 1 cedere, rursus et illum

terga dare, ut duplex tropico varietur ab astro

et quater a ternis properet mutatio signis,

aestivos inpelle dies brumamque morantem

noctibus adceleret promissus Caesaris annus,

55illum ego si cernam, tum terque quaterque beatus,

tunc ero bis consul, tunc tangam vertice caelum.