Casi di transgender nel Mondo Classico

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Le problematiche e le tipicità riscontrabili nell’espressione della sessualità nel mondo antico sono state trattate in numerose pubblicazioni forse con particolare riguardo all’ambito del mondo classico. Leggendo le fonti si trova, però, un aspetto particolare della sessualità che non è stato indagato, almeno adeguatamente, e che quindi merita di essere osservato con una attenzione maggiore rispetto ai semplici accenni finora dedicati all’argomento. Mi riferisco ad un paio di testimonianze di casi cosiddetti “transgender”,  secondo il termine usato oggi per indicare la situazione psicologica e sessuale di soggetti che non si riconoscono nel corpo biologico con cui sono nati. Questa disforia di genere non solo comporta attrazione fisica verso quello che sentono come sesso opposto (ma che biologicamente è riscontrabile fisicamente come il loro), ma la psicologia, i gusti, la personalità presentano caratteristiche del genere che nel loro intimo sentono come proprie. Adotteranno perciò abbigliamento, pettinatura, modi espressivi tipici del genere in cui si identificano.

Faccio queste precisazioni perché non va confusa la semplice omosessualità, in cui l’attrazione fisica è rivolta a soggetti dello steso genere, ma che non implica una mancata identificazione nel proprio genere biologico, con la situazione cui si è fatto cenno prima.

L’omosessualità, così come è intesa nel mondo moderno è identificabile con la situazione di coloro che i Romani chiamavano cinedi, vale a dire soggetti maschi effeminati, imbelli, pur non presentando una vera e propria disforia di genere, e attratti da soggetti maschili. La pederastia e la bisessualità erano cose diverse e vissute e regolamentate in modo diverso fra la cultura giuridica e sociale greca e romana, argomenti che esulano dal presente studio.

Focalizzando l’attenzione sulla questione della situazione transgender nel mondo classico ed esaminando i dati che si hanno a disposizione, si possono identificare con certezza due casi, uno per la Grecia ed uno a Roma.

Il caso greco è riferito da Luciano di Samosata in Dialoghi delle meretrici, 5, 3-4, che non costituisce un trattato di storia e non riporta fatti riferentisi a personaggi storici, ma l’autore riporta tipi umani e situazioni comunemente conosciuti nell’ambito sociale e si rifà a pregi e difetti condivisi dai componenti del tessuto sociale, come testimoniano le sue espressioni che evidentemente parlano di situazioni conosciute e reali, per quanto rare. Riportiamo qui la parte del testo che interessa il presente argomento, sia il testo greco che una traduzione in italiano, per permettere al lettore una migliore visione della situazione presentata dall’autore.

Dalle parole dei personaggi è evidente che uno di essi, Meghilla, è classificabile come transgender e presenta tutele caratteristiche suesposte: si definisce al maschile, Meghillo, chiede a Leena se ha mai visto un ragazzo più bello, adotta il taglio di capelli usato dagli sportivi. Ma notiamo anche che usa una parrucca con un taglio femminile e abiti femminili mentre è esposta alla vista di altre persone, segno che nella Grecia classica, pur molto più libera sessualmente del mondo contemporaneo, pubblicamente non sarebbe stato accettato un comportamento così deviante dalle convenzioni tradizionali, soprattutto per una donna. Si definisce marito di Demonassa e inquadra nella relazione quest’ultima come sua moglie e dichiara di essere sposata con lei da tempo. Quindi non si tratta di un rapporto semplicemente omosessuale come quelli che emergono dalle composizioni di Saffo, in cui Saffo stessa e le ragazze del suo circolo sono molto femminili in tutte le loro manifestazioni siadi carattere estetico che culturale, che nelle preferenze di culto che vede Afrodite quale principale, se non esclusivo, oggetto delle cerimonie e del culto praticato dal circolo saffico. Resta assolutamente inspiegabile come Meghillo/a possa parlare di matrimonio con Demonassa, poiché non conosciamo assolutamente la possibilità di contrarre regolare matrimonio tra persone dello stesso sesso nella Grecia classica. Le due donne vivono insieme, come risulta dal racconto, quindi si trattava di semplice convivenza, anche se Meghillo preferisce dare alla situazione un carattere di matrimonio legale. Altro interrogativo che si presenta riguarda le modalità di convivenza nella Grecia classica di due donne sole, vista l’incapacità giuridica e sociale della donna, ma forse la loro condizione di prostitute può rispondere in modo soddisfacente all’interrogativo: forse l’uomo responsabile di prostitute non abitava necessariamente con queste, anche se da quanto sappiamo queste avevano una figura maschile di riferimento e di controllo, imprescindibile per l’espletamento  di tutte le loro necessità quotidiane, economiche e sociali.

Per quanto riguarda la Grecia al momento non sono noti altri casi di situazione transgender né femminile né maschile,

Il caso testimoniato a Roma è rappresentato da Sporo (di cui resta un bel ritratto), un eunuco schiavo di Nerone. La vicenda è riportata da diversi autori: Svetonio, Vita di Nerone, 28, 1-2; 29, 1; 46, 1; Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 5,7; Cassio Dione, Epitome, LXII, 28. Qui di seguito si riporta il testo di Svetonio articolato nei tre paragrafi sopra citati e una traduzione.

Anche in questo caso è confermata, oltre da quanto dice l’autore, anche dal ritratto la condizione transgender di Sporo. La celebrazione di una cerimonia che nelle intenzioni di Nerone avrebbe avuto valore di vincolo nuziale non deve suscitare meraviglia considerando il potere ormai acquisito dall’imperatore nel I s.d.C. In realtà nessuno avrà considerato legittime quelle nozze, né invero da alcuno dei tre autori si può evincere un’avvenuta regolare registrazione della cerimonia, quindi neppure Nerone stesso deve aver pensato alla possibilità di legalizzazione di nozze che la giurisprudenza romana non prevedeva.

Nei tempi moderni Will Durant (1) ha pensato che forse si potrebbe pensare ad un tentativo, peraltro riuscito tenuto conto della sopravvivenza del soggetto, di operazione chirurgica di cambiamento di sesso. L’ipotesi è piuttosto azzardata e basandosi sulle testimonianze letterarie con certezza si può parlare solo di castrazione, procedimento largamente usato non solo nel bacino del Mediterraneo, ma anche nel Vicino e nell’Estremo Oriente, il cui esito nella maggior parte dei casi era nefasto. La situazione di transgender è documentata non dalla castrazione, infatti di tutti gli eunuchi storicamente documentati non è testimoniata anche la mutata situazione dalla eterosessualità alla situazione transgender, ma dal ritratto che mostra un viso dai tratti visibilmente non maschili e dal tipo di acconciatura decisamente di foggia femminile.

Svetonio è l’autore che fornisce maggiori informazioni sull’argomento in quanto si dilunga più di Aurelio Vittore e di Cassio Dione sulla vicenda ed esprime forte riprovazione e dà un giudizio severamente negativo sulla moralità di Nerone e sulla perversità dei suoi costumi. E’ un giudizio che non stupisce noi moderni in quanto sembra coincidere con i criteri morali del mondo moderno. In realtà la riprovazione di Svetonio è dettata dalla sua posizione nettamente contraria a Nerone a causa della politica perseguita da questo nei confronti della classe aristocratica, danneggiata e offesa sia nell’ambito economico e finanziario, sia a causa delle note vicende private dell’imperatore. Della sua origine sociale Svetonio stesso parla quando racconta che il padre Svetonio Leto era stato tribuno angusticlavio nella XIII Legione sotto Otone contro Vitellio nella prima battaglia di Bedriaco (De vita Caesarum, VII, 10), dichiarandosi in tal modo appartenente alla classe dei cavalieri, ma nello schierarsi in tutta la sua opera a favore degli interessi del patriziato si rivela un deciso sostenitore del sistema repubblicano, tanto da mettere in cattiva luce tutti gli imperatori che avevano perseguito una politica contraria agli interessi patrizi

Fino a qualche tempo fa gli studiosi avevano nei confronti di Svetonio un atteggiamento critico a causa della quantità di aneddoti e di episodi considerati frutto di pettegolezzi a carico dei vari personaggi trattati nella sua opera, con la tendenza a mantenere piuttosto bassa la fiducia nella sua affidabilità, mentre negli ultimi studi, in seguito a confronti più accurati con quanto riportato da altri autori, si sta rivalutando la serietà delle sue affermazioni, anzi le notizie che riporta contribuiscono molto a delineare il carattere e la personalità dei personaggi che presenta, nonché danno maggiore luce su tanti usi e costumi dei primi due secoli dell’Impero. Un esempio di quanto detto può essere proprio questo delle nozze anomale con Sporo, che se non fossero state riportate dagli altri due autori, sarebbero state considerate un ennesimo caso di inaffidabile pettegolezzo di Svetonio.

 

Sandra Mazza

 

(1) Will Durant, Storia della civiltà, 3, 282, Milano 1957.

Già si è fatto cenno alla mancata possibilità data dal sistema giuridico romano alla celebrazione di nozze di tipo omosessuale, poiché lo scopo primario del matrimonio nella mentalità romana, e antica in genere, era quello di perpetuare il gruppo familiare e dare nuovi cittadini allo Stato. E’ evidente che in questa ottica non poteva esserci spazio per la previsione e comprensione di legami matrimoniali che esulassero dalla normalità. Per quanto riguarda, invece, l’inserimento sociale di soggetti non rientranti nello status normale, si afferma ancora una volta lo spirito pratico romano e la regola dettava soluzioni semplici: indipendentemente dalle preferenze personali di carattere sessuale l’individuo doveva servire lo Stato secondo il genere che la natura fisica gli aveva attribuito, quindi se biologicamente era un maschio doveva assolvere ai doveri che la legge romana prevedeva assolvesse un uomo sia in ambito politico che militare. Per quanto riguarda il matrimonio la società si aspettava che si sposasse e, non avendo figli, adottasse un altro libero cittadino. L’esempio più noto e spesso citato anche a sproposito è costituito da Giulio Cesare che, secondo le fonti, era un bisex viste le sue frequentazioni anche con uomini adulti, quindi in relazioni non rientranti nell’uso di pueri delicati, come la consuetudine voleva. E nessuno ha mai dedotto da quanto riferiscono le fonti che fosse effeminato o transgender. Ma ha adempiuto al suo dovere di cittadino anche nella vita privata convolando a giuste nozze.

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