<Dopo il Caos furono dati al mondo i tre elementi,
e tutta la materia assunse nuove forme,
la terra si fece concava per il suo peso e attrasse il mare,
che la levità sospinse il cielo nell’altezza degli spazi;
anche il Sole e gli astri non trattenuti da alcuna pesantezza,
e voi, cavalli della Luna, balzaste in alto.
Ma la Terra non cedeva a lungo al Cielo, né le altre stelle
al febèo Sole: l’onore era uguale per tutti.
Spesso qualche divinità tratta dalla massa degli Dèi ordinari
osò sedere sul soglio che tu, Saturno, occupavi:
qualche dio straniero si affiancò all’Oceano,
e spesso Teti fu accolta nell’ultima sede,
finché l’Onore e la bella Riverenza dal placido aspetto
unirono i loro corpi in legittimo connubio.
Da essi nacque la Maestà che regge il mondo intero,
e fu sempre grande fin dal giorno che fu generata.
Subito alta si assise nel mezzo dell’Olimpo,
splendente d’oro e ammirevole nella purpurea veste;
le sedettero accanto il Pudore e il Timore. E avresti veduto
ogni altro nume atteggiare il volto a somiglianza del suo.
Subito penetrò nelle menti il rispetto degli onori:
si pregiano i degni di stima, ognuno cessa di compiacersi
soltanto di sé. Per molti anni durò tale stato del cielo,
finché il dio più antico per fato cadde dalla sua roccia.
La Terra partorì i Giganti, immani mostri,
che avrebbero osato assalire la casa di Giove. […]
ma Giove, scagliando fulmini dalla roccia del cielo,
rovesciò quell’immensa congerie su chi l’aveva ammassata.
Ben difesa da queste armi, la Maestà degli Dèi
saldamente resiste, e da quel tempo permane venerata.
Da allora siede accanto a Giove, di Giove fedelissima custode,
e a Giove assicura lo scettro da reggere senza contrasto.
Discese anche in terra: la onorarono Romolo e Numa;
poi di seguito gli altri, ognuno nel suo tempo.
Ella guarda ai padri e alle madri con dovuto onore,
ella viene compagna ai fanciulli e alle vergini,
ella conferisce decoro ai fasci portati dai littori e all’eburnea
sedia curule, ella alta trionfa sui cavalli incoronati.>
(Ovidio, Fasti VI, 11ss)
<Circa il nome di questo mese [Maggio ndr] le opinioni degli autori sono largamente contrastanti. Fulvio Nobiliore, nei Fasti che depositò presso il tempio di Ercole e delle Muse, dice che Romolo, dopo che ebbe diviso il popolo in anziani [maiores] e giovani [iuniores], in modo che i primi contribuissero con le decisioni alla salvezza dello stato ed i secondi con le armi, per onorare le due metà chiamò Maius questo mese e Iunius il seguente.
Vi sono poi coloro che affermano che questo mese è stato importato dal calendario di Tuscolo, dove s’invoca ancora il dio Maius, cioè Giove, detto così evidentemente per la sua grandezza e maestà. Cincio pensa che il mese sia stato intitolato a Maia che egli afferma essere la moglie di Vulcano, e trae argomento per dimostrare la sua opinione dal fatto che il flamen Vulcanalis compie sacrifici a questa dea il primo maggio. Ma Pisone dice che la moglie di Vulcano non si chiama Maia, bensì Maiestas. Di diverso avviso sono altri i quali pretendono che sia Maia madre di Mercurio a dare nome al mese; e costoro provano quanto asseriscono col fatto che in questo mese i mercanti sacrificano contemporaneamente a Maia e a Mercurio. Certuni affermano – e con essi concorda Cornelio Labeone- che questa Maia alla quale si sacrifica nel mese di maggio sia la terra, così chiamata per la sua grandezza, come viene anche detta Mater Magna nel culto; e costoro confrontano la loro asserzione anche col fatto che alla dea si sacrifica una scrofa, cioè la vittima propria della Terra. E dicono che in seguito si è aggiunto Mercurio e Maia perché l’uomo che nasce, la voce viene data dal contatto con la terra, e d’altro canto si sa che Mercurio è il dio della voce e del linguaggio. Cornelio Labeone scrive che a questa Maia, ossia alla Terra, sotto il nome di Bona Dea, è stato dedicato un tempio il primo maggio, e afferma che proprio dal suo rituale segreto è possibile capire come Bona Dea e la Terra siano la stessa cosa. Nel libri dei pontefici questa medesima divinità è chiamata Bona Dea, Fauna, Ops, Fatua.> (Macr. Saturn. 1,12,16,sgg).
A sostegno di quanto detto -per tramite di Macrobio- da Fulvio Nobilione, Plutarco sottolinea la contrapposizione maggio-giugno, dove Giugno è il mese di Giunone, dea del matrimonio (si noti che comunque un’altra versione vede Maggio sacro ai Maiores, gli anziani, mentre Giugno agli Iuniores ovvero i giovani); anche Ovidio, che fa dire a Giunone <una concubina (paelex) poté dare il suo nome al mese di maggio, e si vorrebbe privare me di un simile onore?> il termine paelex compare anche in una legge di Numa dove si vietava alle concubine di entrare in contatto con il tempio di Giunone, fissando come pena la rasatura dei capelli ed il sacrificio di un’agnella <Paelex aedem Iunonis ne tangito; si tangit Iunoni crinibus demissis agnum feminam caedito> (Gell. 4,3,4), questo perché -ovviamente- le concubine si oppongono a Giunone dea del matrimonio. Questo paragone tra concubine e Giunone si giustifica perché la dea di maggio era Maia, interpretata come amante di Giove.
Tuttavia un’altra fonte, questa volta archeologica il menologium rusticum Colotignum, riporta nel mese di maggio la dicitura “tutela apollini”, notizia che andrebbe a complicare un poco le cose. Infatti se da un lato abbiamo la possibilità di dire che Maggio è sotto la protezione di divinità molto positive come Maia, Apollo, Maius (Giove), è un mese caratterizzato da riti di purificazione, dai Lemuria, il rito degli Argei (memoria di antichi sacrifici umani), gli Agonalia dedicati a Vediove e da rigidissime prescrizioni religiose quali il divieto di sposarsi per tutto il mese e forse fino a metà Giugno (Ov. Fast. 5,490; Porph., ad Hor. Epist. 2,2,209; Plut., q.R. 86; etc.) e non si potevano mangiare teste o piedi di animali per prevenire l’artrite (Lyd., de mens 4,80),
Ma a prescindere dalle riflessioni di carattere antiquario, e grecofilo che a volte compare nelle stesse fonti, l’accoppiamento realmente romano è Maia-Vulcano, attestato nei libri dei sacerdoti del popolo romano con la formula Maia Volcani (Gell, 13.23.2), infatti rileviamo che il sacrificio le si faceva al 1 maggio era compiuto dal flamen Vulcanalis.
Vi invito a seguire la riflessione di D. Sabbatucci (La religione di Roma antica) qui di seguito riassunta per sommi capi.
Resta da spiegare il legame Maius, Maia, matestas, maiores tutti riferibili al comparativo di maggioranza di “grande”, sia che si tratti di un mese, di una dea, di una quantità, o degli anziani; se ne deduce che Maggio è in comparazione di maggioranza con un altro mese. La comparazione è con Giugno, Iunius, come se prendesse il nome da iunior. Riducendo la questione a misura d’uomo, vedendo i Luperci di Febbraio ed i Salii di Marzo come “giovani” rispetto ai Fratelli Arvali che operano a Maggio (agli Ambaravalia); in questo momento l’anno è più maturo, meno giovane, il grano è arrivato alla sua maggiore altezza e ormai non deve più crescere ma solo maturare. Quindi la virilità che i Luperci manifestano allo stato naturale e che i Salii indirizzano verso la milizia, Maggio la volge alla cultura dei campi (arva) che davano il nome agli Arvali.
La connessione che Ovidio fa tra la maiestas tipica degli anziani (i maiores), ottenuta tramite l’avanzamento d’età, i quali pur guadagnando grandezza perdono in virilità, e forse a questo si riferisce Giovanni Lido riportando la prescrizione dei pontefici per prevenire l’artrite. In questi termini diventa facile sostituire Maia con Maiestas, come vorrebbe Calpurnio Pisone.
Per quanto concerne l’elenco dell’incipit Bona Dea, Fauna, Ops, Fatua che sono altri nomi di Maia è difficile legarli: Ops è legata al potere, alla facoltà, alla dovizia di mezzi, all’abbondanza, tutte cose che si legano bene con la maiestas; Fauna e Fatua sembrerebbero contrastare con la maiestas di Maia tranne per il fatto che Fauna era moglie (o figlia) di Fauno che regnò sul Lazio; Bona Dea aveva un tempio sull’Aventino inaugurato il 1 maggio, e che era posto sotto una grossa roccia detta Saxum da cui l’epiteto Subsaxum attribuito alla Dea. Ma lo stesso “Bona” era un epiteto, dunque questa “dea della roccia” doveva avete un nome segreto come segreto era il suo culto. Cicerone riporta che aveva un culto esclusivamente femminile, che gli uomini non potevano nemmeno conoscerne il nome (Cic.de. harusp.resp 17,37). È possibile che tale nome segreto sia Damia, tramandatoci dall’epitomatore di Festo <damium era il sacrificio segreto in onore di Bona Dea […] la stessa dea era chiamata anche Damia e damiatrix la sua sacerdotessa> (Paul. Fest. 60L). Una certa Damia, associato ad Auxesia aveva un culto femminile nell’isola di Egina (Herod.5,82 sg) e si tratta di un culto che Pausania (Paus.2,30,4) ritiene simile a quello eleusino prestato a Demetra e Persefone.
Damia è forse il nome segreto di Bona Dea; Bona Dea si identifica con Maia, Magna Mater e Cibele; il culto di Damia egineta ricorda il rituale eleusino di Demetra.
Sembra dunque che il medesimo flusso che ha portato a Roma Demetra e Cibele, abbia prodotto anche il culto di Bona Dea Subsaxana, la cui introduzione è ad opera di Quinta Claudia che fu rilevante nell’introduzione di Cibele (Ov. fas. 5,1sgg).
Nel tempio di Maia si conservano e distribuiscono erbe medicamentose (tipo i venenia di Venere), era proibito introdurre il mirto (pianta sacra a Venere) (Macr. Saturn. 1,12,23; Plut., q.R. 20); nel tempio vi erano serpenti che non avevano paura né mettevano paura (Macr. Saturn. 1,12,24); un rito prescriveva che le donne bevessero vino chiamandolo latte da un contenitore detto mellarium (come se fosse per il miele) (Macr. Saturn. 1,12,25; Lact., instit. 1,22,11; Arnob., adv. nat. 5,18; etc.).
Un mito, quello di Fauna uccisa da Fauno forniva al culto un fondamento eziologico. Se Bona Dea è la Grande Madre, le si addice certamente la maiestas; come si addice a Cibele la sovranità dalla corona turrita; le si addice anche se interpretata come dea Terra, che Cornelio Labeone diceva di poter chiamare Maia per la sua “grandezza”, poi aggiunge che questa identificazione si capisce dal rituale segreto che si svolgeva nel tempio anche se l’unico elemento a noi noto sono i terrigeni serpenti, che compaiono anche nel tempio di Iuno Sospita di Lanuvio, e vengono usati per divinare sul buon raccolto (Prop. 4,8,3,sgg; Ael, n.a. 11,16).
Tutta questa maestà non va contro l’ordine di Giove?
Giunone è regina in quanto sposa di Giove; Bona, in quanto Fauna è sposa di Fauno, e regina avendo lui regnato sul Lazio, che però è in grado di ubriacarsi <contro le norme e la dignità regale> (come dice Lattanzio) e, pur essendo indegna, non perde la propria maiestas; Fauno poi la uccide e viene recuperata come Bona Dea mantenendo la maiestas, questo è però tollerato dal mondo romano perché recluso nel mondo femminile, donde il culto segreto escluso agli uomini.
Inoltre, come abbiamo visto nell’iniziale citazione di Ovidio, Maiestas siede accanto a Giove, e quindi sostiene il suo potere ed è tutelata dal potere stesso di Giove. Perciò tutti questi elementi ricchi di maestà non minano il potere di Giove, anzi concorrono a sostenerlo.
Concludendo potremmo dire che con il culto di Bona Dea lo Stato romano prendeva atto di una realtà femminile separata dalla realtà maschile, e che manteneva separata rispettandone la misteriosità del Culto inserendola in limiti precisi. Questa separazione è molto ben evidente nell’altra festa di Bona Dea, che avveniva la notte del 3 e 4 dicembre, organizzata a casa di un magistrato avente l’imperium, ma solo dopo che questo era uscito insieme a tutti gli uomini, ed era celebrato dalle Vestali (Plut, Caes. 9; Cic., de harusp. resp. 17,37). Non va poi dimenticato che Maggio, con tutte le sue prescrizioni rituali che abbiamo visto, è il mese di ciò che è maius e perciò anche dei Maiores. Infatti il 9, l’11 e il 13 Maggio cadono i Lemuria, una festa strettamente connessa al culto degli antenati e che mira a scacciare i Mani (o i Lemuri), perciò gli antenati scontenti. Sulla questione della difficile identificazione tra Mani e Lemuri ne abbiamo parlato qui, mentre dei Lemuria abbiamo parlato in quest’altro articolo.
Segue l’elenco delle festività ed un breve accenno su ognuna di esse.
Le date sono inserite con il computo romano, per due ragioni:
1) permettere al lettore esperto di inserire nel feste nel sistema calendariale che reputa più appropriato (cosa impossibile con la nostra datazione ordinaria);
2) far prendere al lettore novizio dimestichezza con il sistema di computo inclusivo che conta i giorni mancanti dalla festa successiva;
Per la comprensione della datazione rimandiamo ai precedenti articoli: Kal-Non-Idus; Calendario Romano: Romuleo; Calendario Romano: Numa; “Calendario Romano: Cesare e successivi” ; Come si legge il calendario romano?
- KAL MAI F Bona Dea, Lararia (Lares Praestites), Ludi Florales, vesta di Bona Dea/Maia, e dei Lari preposti alla protezione, oltre a proseguire i ludi florali.
- VI non M F Ludi Florales
- V non M C Ludi Florales
- NON MAI F
- VII eid M N LEMURIA festa per cacciare gli antenati scontenti
- V eid M N LEMURIA
- IV eid M C ludi Martialici ludi di un solo giorno dedicati a Marte
- III eid M N LEMURIA
- pr eid M C Argei rito compiuto dalle vestali che prevedeva di gettare degli uomiini fatti di giunco nel Tevere
- EID M NP Mercuralia festa di Mercurio i commercianti offrono
- XII kal I NP AGONALIA Vediovis agonalia in onore di Vediove
- X kal I NP TUBILUSTRIUM feriae Volcanis purificazione delle trombe di guerra
- IX kal I F QRCF (Quandum Rex Comitiavit Fas)
- VIII kal I C Fortuna pro PRQ quando il rex sacrorum scioglie i comitia calata da egli stesso presieduti il giorno diventa fasto
- IV kal I C ambaravalia festa mobile, rito di purificazione dei campi.
Per le qualità dei giorni (F,N,C,FP,EN,NP,Q.ST.D.F. e Q.R.C.F.) vedi qui.
Emanuele Viotti