Il dio Velthurna è stato assimilato dai romani e reso col nome di Vertumnus[1] con la presa di Volsinii nel 264ac[2]. Di questa divinità ne ha già parlato il nostro M. Cefis in un suo ottimo articolo (qui), mentre sulla festa del dio, i Vertumnalia, ne ha parlato l’autore precedentemente (qui).
Riassumendo i precedenti si evince che Vertumno (o Vortumno)[3] è un dio di difficile identificazione, caratterizzato dall’essere trasformista. È il dio che tramuta la stagione estiva in invernale, posto calendarialmente all’opposto di Giano al fine di portare a compimento l’anno nel suo punto di massima ascesa, per poi rigirarsi (vertere o vortere) verso l’inverno.[4]
Il dio etrusco era, secondo G. Ferri e altri[8], forse da identificare con lo stesso Tin(ia), il “Giove etrusco”, in quanto suo epiteto ipotizzabile di Tinia Velthumna. Posizione sostenuta anche da P. Tamburini «Voltumna è epiteto di Tinia, il padre degli dei etruschi che, però, nel territorio volsiniese, era immaginato e venerato nella sua particolare valenza di massima divinità degli inferi».[9]
Questo epiteto sarebbe nato dall’identificazione della stessa Volsinii, in analogia con altri casi. Ad ogni modo il culto che giunge a Roma era del solo Vertumno, spogliato di alcuni suoi aspetti originari e, tramite il filtro operato dai Pontefici, identificato con il già presente Vortumo[10]. Ciò ebbe come conseguenza non solo un’ “etruschizzazione” del preesistente culto presso il vicus Tuscus, ma anche l’inizio di pratiche religiose presso la statua come la deposizione annuale di corone di fiori (forse con lo scopo simbolico/magico di realizzare i propri desideri, essendo che egli è in grado di mutare i fiori in frutti), di offrirgli le primizie dei campi[11] e la tutela di scambi e commerci effettuati presso di lui. Analizzando il passo di Propezio, Dumezil mette in evidenza che i doni fatti alla divinità si riferiscono al periodo estivo e autunnale, autumnus da cui forse deriva la sillaba mn nel suo nome.[12] Si noti però che i templi dedicati al dio vennero tutti posti successivamente fuori dal Pomerium, mentre dentro ad esso rimase solo la statua. Ciò ci farebbe propendere per l’ipotesi di Ferri che la pratica religiosa popolare lì avesse mantenuto le caratteristiche originarie del culto verso il dio, mentre al di fuori vi fossero gli aspetti più propriamente importati. Sebbene non sia il più famoso degli Dèi il suo culto permase per lungo tempo tanto che la statua venne restaurata al tempo di Diocleziano.[13]
Dal punto di vista linguistico voltur sembrerebbe avere la medesima radice anche del dio Volturnus.
Volturno è un dio romano omonomi del fiume campano, ed aveva un suo flamine indice della grande antichità ed importanza di questo culto, ciò ha spinto la scuola positivista a ritenere che fosse il dio Tevere nel suo antico nome. Tuttavia non esiste alcuna prova che colleghi Volturno al Tevere se non la comune caratteristica fluviale, e che gli unici antichi nomi attestati al tevere sono Albula e Thybris, poi Tiberis. Successive indagini[14] hanno proposto di vederlo come “la forza del vento”. Aulo Gellio[15] ci indica che il Volturno è il terzo vento, quello che soffia dall’alba del solstizio d’inverno, quindi da S-E, da molti identificato con l’odierno Scirocco[16].
Tuttavia il Volturno viene definito da Plinio un vento asciutto e tiepido[17] per questo bisogna curarsi di legare le vigne. Questa informazione va in contrasto con le caratteristiche dello Scirocco che invece è un vento caldo e umido. Mi sento di ipotizzare che queste diverse caratteristiche siano dettate dai mutamenti climatici che hanno interessato l’area del Mediterraneo. Infatti al tempo delle nostre fonti Roma visse il c.d. “Optimum climatico romano” e perciò quello che noi ci sentiamo di indicare un vento “caldo” loro lo percepivano come “mite”. Al contempo il processo di desertificazione del Nordafrica non era ancora avanzato come oggi (tutta l’area nordafricana era ricca di vegetazione) e ciò aveva come conseguenza che il Volturno (se effettivamente identificato con lo Scirocco) non potesse portare con sè la polvere desertica che oggi infastidisce le nostre auto ed i balconi quando soffia. R. Ricciardi ha sostenuto che il Volturnus abbia preso nome dal monte Vulture, e che perciò avessero preso ad indicare come Volturno qualunque vento proveniente da sud-est, a prescindere di dove si trovassero. Questo spiegherebbe la ragione delle differenti caratteristiche attribuite a questo vento.
Non sono riuscito invece a dare una risposta al fatto che il Volturno era indicato come un vento asciutto, mentre oggi tutti i venti provenienti dal meridione, sono umidi poiché incontrano i venti del Mediterraneo carichi di umidità. Si potrebbe ipotizzare che l’antico Volturno fosse un vento locale, ma se così fosse non sarebbe stato utile ad Annibale nella battaglia di Canne (a 400km da Roma), il quale posizionò l’accampamento in modo tale che i romani fronteggiassero non solo l’esercito cartaginese, ma anche la polvere -portata dal vento- che li accecava.[18] Come sottolinea Seneca “I venti sono opera della divina provvidenza, sono gli uomini a farne cattivo uso”.[19] Sebbene l’identificazione sia incerta, e non sia stato in grado di trovare una soluzione al problema, possiamo prendere per buono il fatto che il Volturno sia un vento che soffia indicativamente da S-E, e che perciò non va confuso con l’omonimo Volturno odierno che invece soffia da N-E.
Del dio romano Volturno non sappiamo molto. Aveva una propria festa il 27 agosto[20], ed un proprio flamine[21], indice del fatto che doveva trattarsi di uno dei culti originari di Roma. Basta, questo è quanto abbiamo ottenuto dalle fonti.
Ci sono poi alcune fonti che sembrerebbero addirittura mandare in crisi queste poche certezze. I Fasti Vallenses (datati al 14dc) riportano “Volturno flumini sacrificium”, sacrificio al fiume Volturno, questo ha portato la scuola positivista alla seguente riflessione. Poiché la festa è scritta in caratteri maiuscoli rientra nelle feste arcaiche, l’arcaicità è inoltre data dalla presenza di un flamine, poiché non vi era nessuna ragione di venerare il fiume Volturno con un flamine allora si può concludere che quello fosse il nome del fiume Tevere. Come abbiamo già detto è un’ipotesi priva di ulteriori sostegni, anche perché il Tevere aveva già una sua festa i Tiberinalia dell’8 Dicembre. Sarebbe invece, molto più prosaicamente, preferibile interpretare quel “flumini” con “flaminis”. Nel qual caso avrebbe perfettamente senso che quel giorno il flamine di Volturno compisse un sacrificio, infatti Varrone (6,3) evidenzia: “Volturnalia a deo Volturno, cuius feriae tum”. Diversamente questo sacerdote non avrebbe alcun ruolo in nessun’altra festa presente nel calendario. Aggiungiamo il fatto che se la venerazione per Volturno fosse stata limitata al fiume, non si spiegherebbe il motivo della presenza di dediche votive anche in località site non nelle immediate vicinanze[22] se non addirittura lontanissime.
La giustificazione a questo sta nel fatto che Volturno è in realtà il dio della forza del vento. L’imprevedibilità del vento[23] si trova anche nella radice del suo nome che sembrerebbe derivare da volvere, volgere, far girare. Questo verbo, lo abbiamo visto prima, ha la stessa radice di vultur, mi verrebbe quindi da dire che c’è un legame tra Volturno e l’avvoltoio[24]. Se poi andiamo a vedere le caratteristiche “negative” che gli vengono attribuite, che lo legano al pericolo di danneggiare le viti e gli alberi da frutta[25], non sono concettualmente distanti dal concetto di rapacità attribuite normalmente all’avvoltoio, e che sopravvivono nel nostro odierno “essere un avvoltoio” (insulto che appare identico anche in antichità)[26].
Vi è un’altra interpretazione possibile.
Secondo l’interpretazione di D. Sabbatucci l’etimologia di Volturnus si legherebbe doppiamente a quella del dio Vertumnus. Da un lato vi è la somiglianza nel significato dei rispettivi verbi volvere (volgere, far girare) e vertere (voltare, rivolgere, girare); dall’altro il fatto che la radice di Vertumnus è formata dalla parola vertex che significa “turbine di vento”.[28]
Mi permetto di spingermi più in là. Ci sono altre diverse analogie tra le due divinità nel mondo romano.
Volturno nel mito si presenta come padre della ninfa Giuturna, ebbene nel foro il signum Vertumni (la statua prima citata) era posizionato ad un passo dalla fonte di Giuturna[29]. Nell’anfiteatro di Capua è stata ritrovata una base di statua che ci informa della presenza di una “via Diana” che porta ad una “porta Volturno”, e Vertumno in Roma aveva la sua festa alle idi di Agosto, il giorno stesso della feste del tempio di Diana sull’Aventino del quale condivide anche la posizione del proprio tempio (aedes Vortumni)[30]. Inoltre Vertumno e Volturno hanno entrambi la propria festa ad Agosto, nel momento discendente del mese (a partire dalle Idi, che corrispondono -nell’idea alla base del calendario arcaico- al plenilunio), il primo il 13 ed il secondo il 27, nel mezzo si inserisce il ciclo festivo del mese composto da: Portunalia, Vinalia, Consualia, Volcanalia, e a compimento del ciclo i Volturnalia. Entrambe le feste cadono poi nel mese del rivolgimento, quando l’estate inizia a concludersi, all’opposto di questo mese troviamo Febbraio che è il mese che va a chiudere l’Inverno da un punto di vista climatico. In fine queste divinità hanno diverse varianti nel nome: Vertumna, Vertumnus, Vortumnus, Volturnus, Vulturnus, aventi tutte una fortissima assonanza. A detta di A. Pasqualini[31], indagando sul ruolo dei flamini avvicina le due divinità: Vertumnus sarebbe connesso alla ciclicità agraria, infatti Ovidio lo associa a Pomona e lo rappresenta con una falce[32], mentre le acque di Volturno sarebbero partecipi al ciclo produttivo insieme a quelle di Furrina[33] e a Vulcano. Queste tre divinità sono presenti insieme a quelle dell’abbondanza a Luglio e Agosto, e posizionano la loro pratica rituale l’area del Foro Boario, il fiume ed i colli vicini[34].
Tutti questi aspetti di multiformità ci richiamano proprio le caratteristiche di Vertumno. Se dunque queste correlazioni fossero davvero sintomo di qualcosa, questo qualcosa sarebbe la manifestazione di una divinità precedente sulla quale si sarebbero poi assommati stratificandosi (per affinità linguistica, per derivazioni culturali, per assonanza) anche il dio etrusco, il vento, e per ultimo il fiume campano.
Forse la natura originaria di Vortumno/Vulturno è sita proprio nel vultur, nell’avvoltoio. Ovvero quell’uccello che gira in cerca della preda, che ha il potere divinatorio di prevedere l’andamento delle battaglie, che è legato al mondo dei morti (nel mondo iberico ha funzioni di psicopompo[35]) anche per il suo compito di saprofago, ma che per questi stessi motivi assume anche una simbologia estremamente positiva, per la nobiltà del suo volo, per la sua utilità, per la sua immunità ai mali, ed altre caratteristiche che vedremo in un prossimo articolo. Questa compresenza di simboli così mutabili a seconda del contesto richiamano quella capacità trasformista di Vertumno e richiamano il volo dell’avvoltoio. La sacralità dell’avvoltoio non compare solo in una riflessione sul nome, ma anche nella fondazione di Roma.
Ma di questo parleremo in un altro articolo (qui disponibile dal 6/12/20).
Emanuele Viotti
NOTE:
[1] Sull’etimologia di Vertumno e le sue varianti si veda G.Ferri, “Voltumna-Vortumnus”, in Scritti in memoria di Roberto Pretagostini, vol. II, a cura di C. Braidotti, E. Dettori, E.Lanzillotta, Roma, 2009
[2] Vedi M. Bettini, “Il dio elegante, Vertumno e la religione romana”, Einaudi, 2015, p.33ss
[3] Vortumnus: CIL 6.803, 804 e 9.327, 2320 oltre che Propezio IV.2.21ss e Ovidio, Metamorfosi 14.622ss; Vertumnus CIL 3.14206, 5. 7235, 9.5892 e 11.4644 e Varrone de l. lat. 5,46
[4] Il legame tra Giano e Vertumno si evince anche dal fatto che sono entrambi principes, uno nel ruolo di aprire (il rito, l’anno, gli eventi) mentre l’altro di portarli a compimento. Radke 1965; Cic. De nat. deor. 2. 67; Varr. De l. L. 5. 46
[5] Prop. 4. 2. 53-63
[6] Dumezil, 2001, p. 301
[7] G. Ferri, ibid.
[8] G. Ferri, ibid. p. 1004
[9] P. Tamburini,”La scoperta del fanum Voltumnae, il santuario federale della Lega etrusca”, in “Archeologia e Storia a Nepi” a cura di S. Francocci; sullo stesso argomento G. Colonna, “I santuari comunitari e il culto delle divinità catatonie”, in “Annali della Fondazione per il Museo “Claudio Faina””, XIX, 2012, pp 204-206
[10] G. Ferri 2006, pp. 240-244; sull’interpretatio cfr. anche Wissowa 1918; Ferri 1976
[11] Prop. 4. 2. 11-18, 41-46; Colum. De r. r. 10. 308 ss.; su un Vortumno «agrario», cfr. Cristofani 1985, pp. 84-86
[12] Dumezil, “La religione romana arcaica”, Rizzoli, 1977 pag. 301
[13] CIL 6. 804.
[14] K. Latte, Kraft des Windes , Romische Religionsgeschichte, 1960
[15] Notti Attiche, II,22
[16] Seneca, Nat. Quest. V,16; Aulo Gellio II,22,10, Plinio, Nat. Hist, XVIII,117
[17] Lo ribadisce anche in II, 48 paragonandolo come temperatura al Favonio identificabile con l’attuale Ponente e che è un vento mite. L’attuale Favonio è un vento locale del Salento e Lucano con caratteristiche simili allo Scirocco, tuttavia sebbene nome, direzione, e caratteristiche assomiglino al Favonio antico non possiamo considerarlo perché è locale, e pertanto le nostre fonti non ne avrebbero parlato in senso “universale”.
[18] Livio, XXII,43; il suo soffio è attestato anche in Spagna (Columella), e in Tunisia nella città di Thugga (CIL 08, 26652 in cui è posizionato ad Est, opposto al Favonio)
[19] Nat. Quest. V,18
[20] Tutti i fasti lo riportano, alcuni li specificheremo dopo
[21] Varr., de l. lat 6,21; 7,45; Paul. Fest. 519L
[22] Ad esempio Teano (EDR154266) a 20km dal punto più vicino, e che non ha alcun collegamento con il fiume al contrario di altre località come Capua che secondo Livio si chiamava in origine col nome di Volturnum
[23] A dispetto di EDCS-37801311 che ritiene di poter prevedere che ogni anno il 15 settembre si alzerà il Favonio oppure il Volturno.
[24] Dello stesso avviso G. Capdeville, “L’uccello nella divinazione in Italia centrale”, in “Forme e strutture della religione nell’Italia mediana antica”, III Convegno Internazionale dell’Istituto di Ricerche e Documentazione sugli Antichi Umbri” 2011, L’Erma di Bretschneider, 2016; si veda anche J. Schnets (1926-27).
[25] Columella, supra.
[26]Seneca, Epistole a Lucilio, 95,43
[27] EDCS-37801311 ritiene di poter prevedere che ogni anno il 15 settembre si alzerà il Favonio oppure il Volturno
[28] D. Sabbatucci, “La religione di Roma antica”, il Saggiatore, 1988, p.296 e nota 120
[29] A. Carandini, “Atlante di Roma antica”, Vol 2, Electa, 2012, tav. 15
[30] Ibid. tav. 164, e vol 1 pag. 396
[31] “Mappa liturgica dei Flamini minori di Roma”, p.447
[32] Metam., XIV, 609-697
[33] Furrina era un fiume minore che sgorgava dal Gianicolo e che aveva anch’essa un proprio flamine. Va inteso che egli sostiene la posizione di A. Momigliano (1938) e C. De Simone (1975) ovvero che “Volturno” sarebbe stato il nome originario del Tevere, o quantomeno del tratto Etrusco del Tevere.
[34] Per la lista completa vedasi A.Pasquali op. cit.
[35] Silio Italiaco, Punica, 3, 340
Un commento su “Alla ricerca del dio Volturno: il vento, il fiume e l’avvoltoio”