Il dio Vertumno

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Nella letteratura latina non è così insolito che il compito di descrivere una divinità venga lasciato alla divinità stessa: è il caso ad esempio del Lar familiaris nel capolavoro plautino, l’Aulularia (1), oppure di Giano (2), che apre i Fasti di Ovidio dopo una breve introduzione sulla questione calendariale. Vertumno invece si presenta a noi con dovizia di particolari in un’elegia di Properzio (riportata sopra, e che seguiremo passo passo), gettando su di un culto estremamente arcaico della luce in assenza della quale la comprensione sarebbe stata assai ardua. Continua la lettura di Il dio Vertumno

La montagna come esercizio di Via Spirituale

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Le cime del mondo sono da sempre simbolo della tensione al sacro e trascendono le singole tradizioni e religioni.
L’elevazione dal luogo più basso, a fatica, verso le vette più alte assume in tutte le culture del mondo l’analogia della vita e di qualsiasi percorso spirituale ed umano.
Non è un caso infatti che tutte le religioni del mondo abbiano trovato nelle montagne un riferimento sacro e divino.
Tutti hanno posto sulle vette delle montagne principali i simboli della propria religiosità, dalle bandiere tibetane (prima ancora che diventasse moda in occidente), ai crocifissi col cristianesimo, e per quanto riguarda noi della Tradizione Romana, i Templi.

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la Dea Pomona

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Pomona è una divinità propria del sostrato italico più arcaico, il cui culto andò gradualmente a decadere già alle soglie dell’epoca imperiale. Etimologicamente, Pomona deriva dalla radice indoeuropea *poimen- (“nutrimento materno”, “latte materno”), “..e può essere partito da un valore di ‘nutritore, accrescitore, ingrassatore’: l’idea è rafforzata dal confronto con la forma indeuropea parallela *pimo- ‘grasso, ben pasciuto’.” (1) Anche il titolo eugubino di “Puprike” associato alla divinità (intesa al maschile, vedremo più avanti) presso gli Umbri rimanderebbe ad un significato simile, quello di “accrescitore rigoglioso”. Secondo la tradizione l’istituzione del sacerdozio di Pomona risale, insieme agli altri flaminati, al regno di Numa (2). Oltre al flaminato, attestato anche in un’iscrizione (3), un luogo di culto chiamato Pomonal è dedicato alla dea al XII miglio sulla via Ostiense (4), forse un lucus (radura e bosco sacro) in seguito monumentalizzato e restaurato grazie alla cospicua donazione di cinquantamila sesterzi da parte dell’augustale Tito Tettieno Felix (5); oltre ad un podio e ad un fastigio intonacato aveva una pavimentazione  marmorea. La sua festività, connessa alla maturazione dei frutti, varia a seconda dell’anno e dipende da svariati fattori (clima, condizioni del terreno, tipologia di coltura), ma è comunque sicuro che essa cade intorno a Settembre e al principio dell’Autunno, a lei associato (6).

Non sappiamo nulla di questa festa o del ruolo del Flamen Pomonalis, ma è presumibile che essa consistesse almeno nell’offerta primaziale, ossia dei primi frutti ancora acerbi al Pomonal, al fine di propiziare il raccolto che sarebbe seguito di lì a poche settimane; un po’ come succedeva ad Agosto con Giove durante i Vinalia, il ciclo festivo del vino, sull’uva in maturazione (7). E’ curioso peraltro che Pomona non figuri nei Vinalia Rustica, visto che essa presiede anche al prodotto della vite: forse il suo ruolo ad Agosto venne soppiantato da qualche altra figura divina; quella di Venere, ad esempio, la cui relazione al vino deriva solo nell’accezione di questo come venenum (9), laddove quella di Giove è volta a stemperarne gli effetti. Dall’altro, il vino è a lui destinato in quanto offerta massima, come lui è il massimo tra gli Dèi.

Del resto è ben conosciuto l’utilizzo del vino in campo medico (10) e Pomona presiederebbe anche allo sviluppo delle proprietà medicinali dei frutti. Il termine venenum, in cui rientra il vino, non ci deve far pensare necessariamente ai tossici ad azione fisiologica attualmente intesi. Per i Romano, veleno è qualsiasi sostanza sia in grado di alterare lo stato emotivo o fisico della persona: il veleno propriamente detto, con la malattia o la morte; il farmaco, con la guarigione; la pozione magica o l’afrodisiaco, con la pulsione erotica; il vino, con l’ebbrezza.

E’ in sé un termine neutro, positivo o negativo a seconda dei casi; nella fattispecie del vino, nella misura in cui viene assunto. L’oscillazione tra medicamentum e venenum originariamente si poneva forse in una dialettica tra Pomona e Venere. Una labile traccia di un’originaria presenza di Pomona nei Vinalia Rustica potrebbe essere costituita dalla tipologia di offerta prescritta in quel rito a Giove, vale a dire una giovane pecora, agna (7). Le vittime sacrificali solitamente corrispondono al sesso e alla varietà della divinità cui sono immolate: la pecora, oltre ad essere femmina, è legata a riti di carattere infero o tellurico, e sembra pertanto incongrua rapportata a Giove.

La pecora era l’offerta prevista nelle prescrizioni sacre degli Umbri per Pomona (11), intesa al maschile con il nome e il titolo di Pomono Poprico, e per la sua paredra Vesuna (12); si tratta peraltro di un rito “a fossa”, dove l’offerta viene interrata, dal carattere marcatamente tellurico. Tale natura di Pomona è ben testimoniata nella letteratura latina, con l’associazione a numi agresti quali Satiri, Pan, Sileno, Priapo, Vertumno (13) e Pico (14), suo consorte. Oltre che presso Latini ed Umbri, la divinità era adorata anche tra i Vestini in area sabellica, dove le è consacrato un luogo di culto (15), Poemonio; presso di esso era costumanza sacra offrire, nel mese di Flusa/Flora (Aprile o Luglio, vedi nell’articolo relativo a Flora), un giovane ovino (aunom) al dio fluviale Aterno. Altre divinità, di nome diverso ma pertinenti alla medesima funzione erano sicuramente adorate presso altri popoli, come i Sanniti(16).

Il flamine che presiedeva a Pomona sembra fosse posto all’ultimo posto in ordine d’importanza, poiché essa “..presiede ai frutti con minimo vantaggio per i campi” (17). Eppure sappiamo che non è così: il suo dominio si estende, oltre che all’oleocoltura e alla viticoltura, ad ogni altra forma vegetale. Nessuna divinità è davvero secondaria, tantomeno trascurabile: per quanto la sua autorità sia circoscritta ad un ambito ristretto, esso è nondimeno essenziale ad ogni altro. E Pomona non fa certamente eccezione, si pensi alla centralità dell’olio e soprattutto vino, sanguis terrae, pilastri della vita umana.

Oltre alle virtù medicamentose e nutritive dei frutti, Plinio (8) ricorda come fu proprio questo il primo alimento dell’uomo: in effetti, quando l’agricoltura era ancora limitata o del tutto assente, l’economia dei popoli nomadi o semistanziali trovava nei proventi della raccolta di ciò che spontaneamente cresce un’integrazione fondamentale all’esistenza. E soprattutto, l’intervento di Pomona è fondamentale affinchè il seme, in seguito dell’infiorescenza, ritorni nel grembo di Tellus, la Terra, dando avvio ad un nuovo ciclo (18). Verrebbe da pensare che l’importanza delle figure divine preposte al processo di fruttificazione si ridimensionò notevolmente con lo sviluppo progressivo del sistema di produzione agricolo; in seguito col decadere dell’istituzione del flaminato tutto, conseguente all’irreversibile urbanizzazione della società romana. Ancora al principio del V secolo c’era chi, rispetto a questo, auspicava un cambio di rotta (19). Invano.

I benefici di Pomona, malgrado il parere di Festo, son dunque tutt’altro che “minimi” e sono ottenuti, come non manca di segnalare Plinio, con ben minore fatica rispetto ai prodotti cerealicoli che richiedono aratura, trebbiatura, macinatura; massimo beneficio con minimo sforzo. Onoriamola di conseguenza.

 

Adriano Mattia Cefis

 

 

 

 

 


                             NOTE

1) Augusto Ancillotti e Romolo Cerri, Le Tavole di Gubbio e la Civiltà degli Umbri, pag. 187-188.

2) Varrone, De l.l VII, 45: «Ennio dice che Numa Pompilio istituì anche i Flamini, ciascuno dei quali indicato con un nome desunto da una particolare divinità. Ora in alcuni è evidente l’etimo di questo nome; è evidente per esempio perché uno sia chiamato Marziale e un altro Quirinale. Ma vi sono altri nomi di flamini la cui etimologia è ignota, come la maggior parte di quelli contenuti nei seguenti versi: «questo stesso istituì il flamine Volturnale, il Palatuale, il Furrinale, il Florale, il Falacre e il Pomonale»

3) CIL III 12732, AE 1893, 0129:

C IVL SILVANO

MELANIONI EQ

PVBL FLAM[ ]INI PO

M[ ]NALI [ ]VR OM

NIBVS EQ[ ]S[ ]

BVS MILITIIS [ NC

PROC AVG [ ]

[ ]RC PER PROVIN

XXIII PROC AVGV

[ ]TIONIS [ ]

[ ]RCIIRO

[ ]OC O[ ]

[ ]

[ ]IC[ ]

[ ] MVNI [ ]

[ ]MAVIANO

[ ]NI I[ ]E

[ ] PATRONO

[ ] PROVINC

[ ]V[ ]

4) Festo, p. 296: “Il Pomonal si trova nel campo Solonius, sulla strada per Ostia, verso la dodicesima pietra miliare, a cavallo della strada, a partire dall’ottava pietra miliare.”

5) CIL X 531, ILS 3593:

T(ITUS) TETTIENUS FELIX AUGUSTALIS

SCRIB LIBRAR[IUS] AEDIL[IUM] CURUL[IUM]

VIATOR AEDIL[IUM] PLEBIS ACCENSUS

CONSULI HS L M[ILIA] N[UMMUM] LEGAVIT

AD EXORNANDAM AEDEM POMONIS

EX QUA SUMMA FACTUM EST FASTIGIUM

INAURATUM PODIUM PAVIMENTA MARM[OREA] OPUS TECTORIUM

6) Ausonio, Eclogarum liber, 9: “Il tuo autunno, Pomona, è arricchito da Settembre.

7) Varrone, De l.l. VI 16: “In molte località, infatti, la vendemmia era fatta dapprima pubblicamente dai sacerdoti, come avviene ancora oggi a Roma: il flamine Diale dà ufficialmente inizio alla vendemmia e appena impartisce l’ordine di cogliere l’uva, sacrifica un’agnella a Giove, e fra il taglio delle sue viscere e la loro offerta il flamine coglie per primo dell’uva”.

8) Plinio, Naturalis Historia XXIII 1-2: “E’ conclusa la trattazione anche sulla cura dei cereali, e di tutte quelle cose che provengono dalla superficie terrestre a riguardo dei cibi o dei fiori o dei profumi. Pomona non fu inferiore ad essi ed ha dato proprietà medicinali anche ai frutti che pendono, non contenta di proteggere e nutrire con l’ombra degli alberi quei frutti che abbiamo detto, anzi quasi indignata che ci fosse più rimedio in questi, che erano più lontani dal cielo e che erano venuti dopo; che infatti per l’uomo il primo cibo era prodotto da lì, e spinto così a guardare il cielo, e che ora può anche bastare da sola a nutrire senza le messi. Dunque, per Ercole, diede pregi dapprima alle viti, non contenta di avere fornito mirabilmente anche dolcezze e aromi e profumi al succo dell’oenanthe e della massaris, che abbiamo citato a suo luogo. Da me, disse, proviene la maggior parte del piacere per l’uomo. Produco il succo del vino, il liquido dell’olio, datteri e frutti e tante varietà e non, come la Terra, ogni cose per mezzo delle fatiche, il dover arare con i buoi, il dover trebbiare nelle aie, poi con le macine, affinchè diventino cibi ma in quanto tempo e con quanta fatica? Invece da me tutte cose pronte e non con una cura laboriosa, ma che si offrono spontaneamente e, se rincresce raccogliere, che cadono anche. Lei stessa combattè con sé e produsse anche più a causa dell’utilità che del piacere.

9) Verrio Flacco, “Nello stesso giorno [i Vinalia Rustica, nt], però, sono stati consacrati due templi a Venere, uno al Circo Massimo e l’altro nel bosco libitinense, perché questa dea ha in tutela le vigne.

10) Troppo numerose le fonti in questo senso per renderne conto, dai primordi della letteratura latina con Catone alla produzione medica propriamente detta in Dioscoride, passando tra linguisti ed enciclopedisti; Plinio ne tratta sistematicamente nel XIV libro. A titolo d’esempio si citerà solo questo. Catone, De agri coltura 115: “Per preparare il vino che smuove l’intestino. Quando saranno sconcate, segnerai alcune viti di rosso perché non le mischi con l’altro vino. Metterai intorno alle radici di tali viti tre fascine di elleboro nero, e coprirai di terra. Alla vendemmia, metterai da parte la raccolta di queste viti. Ne verserai 1 ciato [0,4 dl] in quello che bevi: ti smuoverà la pancia e il giorno dopo ti sarà di purga, senza controindicazioni.

11) Tabulae Iguvinae III 25 sgg: “Poi prenda la pecora scelta senza difetto, la immoli a Pomono Poprico. Nella dichiarazione la proclami senza difetti. Anche per la pecora usi le espressioni di norma [..] faccia il sacrificio della pecora da seppellire con il rito della fossa.” Il rito prosegue poi nella tavola IV.

12) Relativamente a questa figura vedere l’articolo su Vacuna/Vesuna.

13) Ovidio, Metamorfosi XIV 628 sgg: “Pomona; nessuna tra le Amadriadi del Lazio coltivava gli orti con più sollecitudine di costei, né vi era un’altra più appassionata per gli alberi da frutta; da ciò ha preso il suo nome. Ma essa non ama né le selve né i fiumi, bensì la campagna e i rami degli alberi carichi di frutti. La sua destra non è armata di un giavellotto, ma di una falce ricurva, con la quale ora pota la vegetazione lussureggiante e pone un freno ai rami che si allungano senza ordine, ora innesta nella corteccia che ha inciso una marza e fa assorbire la linfa a un pollone estraneo. E non permette che le piante soffrano la sete e irriga con acqua corrente i filamenti flessuosi delle radici assetate. Questa è la sua passione, questo il suo impegno; ma anche nessun desiderio d’amore. Temendo, tuttavia, la violenza dei campagnuoli, recinge i frutteti e vieta l’ingresso agli uomni evitandone i contatti. Ma cosa non tentarono per possederla i Satiri, gioventù amante della danza, cosa i Pan incoronati di pino nelle corna e Sileno sempre più giovane dei suoi anni e colui che o con la falce o con il membro atterrisce i ladri? Ma il più innamorato di tutti costoro era Vertumno..”. Su Vertumno, vedi l’articolo presente sul blog: XXX

14) Servio, ad Aen. 7, 190: “Pico amava Pomona, dea dei pomi, e ad essa si unì coniugalmente”. 

15) E. Vetter, Handbuch der italischen Dialkte, Heidelberg, 1953, p. 160-161 nr. 227 e Simontetta Segenni, «Mesene Flusare». Nota sulla provenienza vestina (e non sabina) dell’iscrizione Vetter 227, in Epigraphica, 69, 2007, p. 389-393:

MESENE
FLUSENE

POIMUNIEN
ATRNO
AUNOM
HIRETUM

[Traduzione: “In mense Florari, in (luco) Poemonio, Aterno novellum arietem (sacrificent)”]

16) http://www.sanniti.info/smagnon.html. Per la Tavola Osca in generale, vedi anche Alessandro Testa, La Religione dei Sanniti.

17) Festo, p. 144: “..quello che occupa il rango minore di tutti è il flamen Pomonalis, perché Pomona presiede ai frutti con minimo vantaggio per i campi.”

18) Claudio Rutilio Namaziano, De Reditu I 149: “Sorgano intanto granai per i solchi del Lazio e largo scorra dai torchi il nettare di Esperia..” 

Rito Romano XVII: una proposta per la purificazione della casa

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Mantenere una casa purificata è una cosa molto importante, essa è prima di tutto un luogo sacro, e come tale va mantenuta casta e priva di ogni influenza negativa.
Abbiamo trattato già nell’articolo sulle larvae  degli effetti negativi che il mantenimento di un luogo impuro possono avere su una persona.
Pertanto è buona abitudine fare regolarmente riti di purificazione della propria abitazione.

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