Buon anno!

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Un felice anno nuovo da tutto lo staff di Ad Maiora Vertite!
Siete stati magnifici anche quest’anno e vi ringraziamo tanto per il sostegno che ci avete dato! Senza di voi Ad Maiora Vertite non potrebbe sopravvivere!

Ne approfittiamo per ricordarvi che al tempo dei romani oggi entravano in carica i Consoli (a partire dal 153ac) sacrificando un giovenco ed il cavallo bianco dei Consoli a Giove Ottimo Massimo per il benessere della Res Publica, ed in quest’occasione erano vestiti di bianco come lo era anche il corteo che lo seguiva (Ovidio e Lido).
Inoltre si sacrificava a Vediove e ad Esculapio in una stretta connessione finalizzata (secondo Sabbatucci) alla cura del primo da parte del secondo. Essendo poi il primo giorno del mese sacro a Giano si offra anche al dio bifronte, ed essendo le Calende si offra anche a Iuno Kalendaris.

Il primo giorno dell’anno è da considerarsi lavorativo affinché l’anno sia proficuo. Dunque in questo giorno si iniziano le opere, ma per i dodici giorni successivi non si lavora, soprattutto in campagna! (Ovidio, Fasti)
In questo giorno ci si scambia rametti di arbor felix presi dal bosco sacro alla dea Strenna (Varrone).

Lo staff di Ad Maiora Vertite augura a tutti voi e alle vostre famiglie un felice anno nuovo! Che possa essere ricco di conquiste personali e collettive!
E con la certezza che anche quest’anno renderete i vostri antenati orgogliosi di voi!

Buon 2020
Regibus Exactis 2529
Ab Urbe Condita 2773


lo Staff

Preghiera per i nuovi Consoli 31 Dicembre

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Preghiera d’ Ausonio eletto console nel prendere i fasci all’ ultimo di Dicembre

Vieni, o Giano, sol nuovo e rinato anno,
De’ Latini a veder su la curule
Console Ausonio. Non è forse ei degno
Spettacolo ai tuoi sguardi, ora che è fatto
Solo all’ augusta maestà secondo?
Di qui muovon, segnando agl’ immortali
Lor fasti il tempo, di Quirino i figli,
E il gran consiglio, cui fiammeggian cinte
Di porpora le toghe. Anno, con lieti
Auspicii sorto, lepid’ aure adduci
Nella salubre primavera, e piogge
Nell’ estivo solstizio, e boreali
Brezze al Settembre; le autunnali brine
Stempri sottil frescura, e declinando
Per misurati gradi il caldo ceda.
Umido Nolo la semente ammolli;
E sia nevoso il verno, infin che torni
Marzo, dell’anno antico padre. Spiri
Nuova grazia di fiori all’odoroso
Maggio; e Luglio con gli Euri il mar tranquilli,
E la messe maturi : il Cane incendi
Non accresca al Lion ; bella dispensi
Di color varianza e di sapori
Agli arbori Pomona; e ciò che adulto
La state fè, maturi autunno ; e il verno
Dell’offertagli dote in geniali
Ozii fruisca. Regni pace al mondo,
E poter di maligno astro non sia,
Che la conturbi. Penetrar le case
Non ardisca di Marte alcun pianeta
A lui nemico ; non la luna, o il ratto
Mercurio che vicino a noi si gira ;
Non tu, Saturno, che ti volgi estremo
Nel più remoto ciel : tu dall’ ignito
Marte diviso affretterai tranquillo
L’ etereo corso. ltene voi congiunti,
Giove, Stella felice, e Citerea,
Scorta del giorno ; e vi sia pur compagno
Talor Mercurio, agli ospiti cortese.
Vieni, o Giano ; sol nuovo, e rinato anno.
Domi i nemici laddov’ or correndo
All’omaggio lo Svevo al Franco misto,
Di vestir chiede de’ Latini il saio ;
E dove cogli erranti Unni divise
II Sarniata la patria ; e dove, stesa
Agli Alani la destra, ardiva il Gela
Mover all’Istro assalto ; ecco sen viene
(Giá la Vittoria su le rapid’ ali
Me ne reca l’annunzio) il grande Augusto
Ad onestar del suo saluto il mio
Grado, cui lieto avria con me diviso.
Vieni, o Giano; sol nuovo, e rinato anno.
II fulgor del tuo riso anche al venturo
Anno prolunga, o sul : d’ Ausonio i fasci
Cesare avra, della trinata veste
La quinta volta ornato. Oh! di quai lustro
La consolar mia porpora s’ abbella,
Poi che degna vestirla a me secondo
Il sommo Augusto! Odi con mite orecchio,
Nemesi, il vanto: più che nguat non sembra
Farmi Augusto a sé stesso, allor ch’a’miei
Fasci d’entrar consente innanzi a’ suoi?
Vieni, o Giano ; sol nuovo, e rinato anno.
Sospingi il corso de’ seguaci mesi
Per le dodici porte ; e fa che il sole
Al tropico s’affretti, e, a lui di nuovo
Dato il tergo, tramutisi all’opposto
Vernale cerchio; e senza posa scorra
Di tre segnali la quadrupla vicenda
Sprona gli estivi giorni e le brumali
Tarde notti, o promesso anno che il nome
Avrai da Augusto. Oh come io sarò lieto,
Se tanta ho vita ch’io ti veggia! Oh come
In lui d’aver parrammi un’altra volta
L’onor de’ fasci, e porrò in ciel la fronte!

Ausonio, Edyllia, 333 (8)

Decimo Magno Ausonio è considerato uno dei massimi eruditi del IVsec dell’era volgare, tuttavia i suoi due più famosi allievi, Ponzio Anicio Paolino e l’imperatore Gallieno, divennero l’uno vescovo di Nola e l’altro fortemente attivo in una politica antipagana. Tuttavia è evidente dagli scritti di Ausonio che egli era molto legato alla tradizione pagana, non ultima una lettera inviata al suo ex allievo, ormai vescovo di Nola, in cui lo sconsiglia di intraprendere la sua vita contemplativa.

PRECATIO CONSULIS DESIGNATI PRIDIE KALENDAS

IANUARIAS FASCIBUS SUMPTIS

IANE, VENI; NOVUS ANNE, VENI; RENOVATE VENI SOL,

consulis Ausonii Latiam visure curulem,

5ecquid ab Augusta nunc maiestate secundum

quod mireris, habes? Roma illa domusque Quirini

et toga purpurei rutilans praetexta senati

hoc apice aeternis signat sua tempora fastis.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

10Anne, bonis coepte auspiciis, da vere salubri

apricas ventorum animas, da roscida Cancro

solstitia et gelidum Boream Septembribus horis,

mordeat autumnis frigus subtile pruinis

et tenuata moris cesset mediocribus aestas,

15sementem Notus umificet, sit bruma nivalis,

dum pater antiqui renovatur Martius anni.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

Spiret odorato florum nova gratia Maio,

Iulius et segetes coquat et mare temperet Euris,

20Sirius ardentem non augeat igne Leonem,

discolor arboreos variet Pomona sapores,

mitiget autumnus, quod maturaverit aestas,

et genialis hiems parta sibi dote fruatur,

pacem mundus agat nec turbida sidera regnent.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

Nulla tuos, Gradive, offendat stella penates,

quae non aequa tibi; non Cynthia, non celer Arcas

finitimus terris; non tu, Saturne, supremo

ultime circuitu: procul a Pyroente remotus

30tranquillum properabis iter. vos comminus ite,

stella salutigeri Iovis et Cythereie Vesper:

non umquam hospitibus facilis Cyllenius absit.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

Hostibus edomitis, qua Francia mixta Suebis

35certat ad obsequium, Latiis ut militet armis,

qua vaga Sauromates sibi iunxerat agmina Chuni,

quaque Getes sociis Histrum adsultabat Alanis

(hoc mihi praepetibus victoria nuntiat alis):

iam venit Augustus, nostros ut comat honores,

40officio exornans, quos participare cupisset.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

Aurea venturo, Sol, porrige gaudia Iano:

fascibus Ausonii succedet Caesar in annum,

quintam Romulei praetextam habiturus honoris,

45ecce ubi se cumulat mea purpura (mitibus audi

auribus hoc. Nemesis) post me dignatur oriri

Augustus consul, plus quam conferre videtur

me sibi, qui iussit nostros praecedere fasces.

IANE, VENI: NOVUS ANNE, VENI: RENOVATE VENI, SOL.

50Tu tropicum soli da 1 cedere, rursus et illum

terga dare, ut duplex tropico varietur ab astro

et quater a ternis properet mutatio signis,

aestivos inpelle dies brumamque morantem

noctibus adceleret promissus Caesaris annus,

55illum ego si cernam, tum terque quaterque beatus,

tunc ero bis consul, tunc tangam vertice caelum.

Inno al Sole per il Solstizio d’Inverno

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Quest’inno venne scritto dall’Imperatore Giuliano in tre notti subito prima del Solstizio d’Inverno, e che quest anno cade la notte tra il 21 ed il 22 dicembre:

<Canto la gloria del risplendente Dio del Sole,
la bellissima progenie del possente Giove,
Colui che, attraverso la vivificante fonte solare,
nella sua mente creatrice nascose
la forma di una triade di splendidi Dei solari;
da cui le multiformi forme del mondo emersero
dalla mistica tenebra nella magnifica luce,
perfetta e ricolma di beni della sfera intellettiva.
Salve a te! Dio oltremondano della luce divina,
l’immagine più bella del bene sconosciuto:
poichè, come la luce procede dall’Uno,
il Dio degli Dei, il fiore senza paragone della bellezza,
gli Intelligibili, con occulti raggi divini,
illumina; così dai raggi di Apollo,
esultando glorioso grazie al potere dell’armonia,
il mondo della mente è colmato in esuberanza di luce che eleva,
il Sole visibile largamente diffonde attraverso il mondo dei sensi,
una luce che tutto genera, bella e divina.
A Te, come Apollo luminoso, appartiene l’unire
la moltitudine in unità,
e molte nature generare da una sola;
con vigore nella tua essenza riunire
i differenti livelli delle forme secondarie;
e attraverso una perfetta unica natura essenziale (natura/principio)
combinare tutte le varie essenze e i poteri della generazione.
Ti è proprio, tu esente dalla molteplicità, ispirare nelle forme subordinate
la verità profetica; poichè verità e pura semplicità sono un’unica cosa;
del preservare il potere incorrotto la tua essenza libera è la fonte.
Celebri mistici poeti dei tempi passati, in canti sacri,
ispirati da Te, come il Signore che scaglia la freccia
costantemente ti invocavano, come Colui dall’irresistibile dominio
poichè i tuoi raggi colmi di forza colpiscono come frecce,
e completamente, tutto ciò che il mondo privo di misura
contenga di oscuro o privo di ordine, Tu distruggi.
E infine la tua rivoluzione circolare è il segno del movimento
che armonizza in uno le varie nature di questo possente Tutto.
Dunque, la tua prima monade luminosa, oh Dio illustre,
enuncia la verità e la luce intellettuale;
quella luce che, nell’essenza degli Dei,
sussiste con raggi unficati e non conosciuti.
La seconda distrugge tutto ciò che è confuso;
e dalla tua terza l’universo è legato con perfetta simmetria e retto consenso,
attraverso splendide cause e un potere armonico.
Aggiungiamo che alla tua essenza, fra gli Dei mondani,
è assegnato un ordine sopra-mondano,
un non generato e supremo potere di comando
su tutte le categorie delle forme generate,
e nei sempre fluenti reami dei sensi
un’ intellettuale dignità di dominio.
Ti appartiene un doppio avanzamento-
uno in congiunzione con gli Dei mondani,
l’altro soprannaturale e sconosciuto:
poichè quando il Demiurgo creò il mondo
Egli fece nascere una luce nella sfera solare,
non simile allo splendore delle altre sfere celesti,
tratta dai più occulti recessi della sua natura,
un simbolo perfetto delle forme intellettuali,
apertamente annunciando, con il suo splendore,
in ogni angolo di questo incredibile Tutto,
la solitaria e arcana essenza
di tutti i sovrani Dei sopramondani.
Perciò infatti, quando i tuoi raggi adornarono il mondo,
gli Dei mondani furono rapiti dalla tua vista;
così attorno alla tua orbita, con zelo emulativo
e sinfonia divina, Essi desiderarono danzare,
e cogliere ogni abbondanza dalla tua fonte luminosa.
Attraverso il tuo calore manifesto tu spingi in alto
le nature corporee dalla pigra terra,
ispirando un vivido potere vegetativo;
attraverso una natura segreta e divina,
liberi dai basici legami della materia,
attraverso una natura inerente nei tuoi raggi che tutto generano
Tu porti all’unione con la tua forma meravigliosa
le anime esaltate che negli oscuri domini della materia
terribilmente lottano per rivedere le dimore luminose:
Tu colmo di bellezza, dai sette raggi, Dio sopramondano!
La cui mistica essenza segretamente emette le splendide fonti della luce celeste.
Poichè fra i sosvrani Dei sopramondani
un mondo solare e una luce assoluta esiste,
una luce che brilla come la fertile monade,
superiore ai tre mondi.
Sacri antichi Oracoli, così dissero, che la Tua orbita gloriosa
al di là della sfera delle stelle e nell’ultimo reame dell’etere ruota.
Ma nel tuo cammino, armoniosamente divino, la tua orbita
quattro volte attraversa questi mondi;
così rivelando (mostrando) dodici poteri di Dei luminosi,
attraverso dodici divisioni della zona obliqua.
Ancora colmo di forza creativa, ciascuna dividi in tre di differente livello.
Così, dalla quadruplice eleganza e grazia dei tempi e delle stagioni,
generate dal tuo percorso, l’umanità riceve un triplo beneficio,
il perenne dono delle Grazie che muovono in circolo.
Dio che tutto concedi, Tu che liberi l’anima
dalle oscure catene corporee della genesis,
assisti la tua stirpe, conducila sulle ali del pensiero,
al di là della stretta delle terribili (illusive) mani della Natura,
rapida nell’ascendere, per raggiungere il tuo mondo incantevole.
Il sottile abito della mia anima perfeziona,
eterea, salda e colma di luce divina,
il suo antico carro da Te assegnato;
nel quale avvolta, attraverso il cielo stellato,
spinta dall’impulso del folle desiderio,
ella precipitò fino a che, le sponde del Lete,
preda dell’oscurità, infelice, raggiunse,
e perse così ogni conoscenza del suo stato precedente.
Oh migliore degli Dei, daimon perfetto, dalla corona fiammante,
sicuro rifugio della mia anima nell’ora del dolore,
il porto paterno nelle dimore luminose,
ascoltami e libera la mia anima dalla punizione,
la punizione che è dovuta agli errori passati,
a causa dell’oscurità del Lete e del desiderio mortale.
Se per lunghi anni sarò condannato a rimanere in questi terribili domini
destinato all’esilio dal reame luminoso,
oh, concedimi presto i mezzi necessari
per raggiungere quel bene che la solitudine concede
alle anime che emergono dalle onde dolorose
del flutto impetuoso ed oscuro dell’illusoria materia.
Così che, ritirandomi dal gregge volgare
e dall’empio discorrere dell’era presente,
la mia anima possa trionfare sui mali della sua nascita;
spesso a Te congiunta in dolcissima unione
attraverso un’energia ineffabile, possa elevarsi
al di là delle più alte forme sopramondane
e nel luogo supremo contemplare,
emergente dalla profondità intelligibile,
la trascendente, solitaria bellezza del Sole.>

Traduzione di Laura Mainardi

Anaciclosi di Polibio e Cicerone

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<4[11] Il necessario ciclo delle costituzioni appare vero a chiunque consideri l’archè (inizio), la genesi (formazione), la metabole (mutamento) di ogni forma di costituzione, che avvengono secondo natura.

[12] Solo chi ha compreso l’origine delle costituzioni potrà comprender quando, come e dove avverrà DI NUOVO la crescita [auxesis], l’acme, la metabole e la fine [telos] di ogni costituzione.1

[13] Ho ritenuto che il metodo espositivo trascelto sia soprattutto adatto allo studio della costituzione romana: ché la sua prima origine, come poi il suo sviluppo e la sua crescita, furono dovuti esclusivamente a cause naturali. Continua la lettura di Anaciclosi di Polibio e Cicerone

Inno a Terminus

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<Tu dai i confini agli stati, alle città, ai poderi

non vuoi nulla, l’oro non ti corrompe

garantisci la proprietà con la legge

Dove tu sei non c’è guerra>

 

<Tu populos urbesque et regna ingentia finis:

omnis erit sine te litigiosus ager

Nulla tibi ambitio est, nulla corrumperis aureo

legitima servas credita rura fide>

 

-Ovidio, Fasti 2-659

Preghiera di Scipione l’Africano

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«Dei e dee che abitate i mari e le terre, vi prego e scongiuro perché quello che per mio ordine si è compiuto, si compie e si compirà, abbia esito positivo per me, per il popolo e per la plebe romana, per gli alleati e per la nazione latina e per quelli che seguono il mio esempio, i miei ordini e i miei auspici in ogni terra, sul mare e sui fiumi. Fate poi crescere ciò che aiutate perché abbia buon fine. Riconduceteli poi in patria, insieme con me, salvi ed incolumi, vincitori, dopo aver sconfitto i nemici, adorni di spoglie, carichi di preda e trionfanti. Concedeteci di punire gli avversari e i nemici. Possa io e il popolo romano compiere contro la città cartaginese, quello che il suo popolo ha cercato di fare contro la nostra città perché ciò serva di esempio!»

<Diui diuaeque, inquit, qui maria terrasque colitis, uos precor quaesoque uti quae in meo imperio gesta sunt geruntur postque gerentur, ea mihi populo plebique Romanae sociis nominique Latino qui populi Romani quique meam sectam imperium auspiciumque terra mari amnibusque sequuntur bene uerruncent, eaque uos omnia bene iuuetis, bonis auctibus auxitis; saluos incolumesque uictis perduellibus uictores spoliis decoratos praeda onustos triumphantesque mecum domos reduces sistatis; inimicorum hostiumque ulciscendorum copiam faxitis; quaeque populus Carthaginiensis in ciuitatem nostram facere molitus est, ea ut mihi populoque Romano in ciuitatem Carthaginiensium exempla edendi facultatem detis.>

Tito Livio, XXIX, 27, 2-4.