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Decio Mure ed i plebei al pontificato

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Molti mi chiedono perché pur definendomi un tradizionalista romano non condivido una certa visione di “aristocrazia dello spirito” né strutture “occulte” o eccessivamente chiuse, ebbene per come la vedo io è necessario affidarsi a quanto trasmettono i nostri antenati e al loro costume (il mos maiorum) e tra i moltissimi esempi che esistono un buon riassunto è concentrato in questo discorso fatto da Pubblio Decio Mure “figlio” in occasione della discussione della Lex Ogulnia del 300ac.
Durante la solita disquisizione se era lecito o meno aprire il pontificato e il collegio degli auguri ai plebei Livio riporta quando in suo favore disse Decio:

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Contro i Galilei, Giuliano Imperatore

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GIULIANO IMPERATORE

Discorso
CONTRO I GALILEI
[Contra Galileos]

 

Traduzione di Augusto Rostagni

 

(Da: Giuliano l’apostata. Saggio critico con le operette politiche e satiriche tradotte e commentate, a cura di A. Rostagni, F.lli Bocca, Torino, 1920)

 

 Quest’opera fu da Giuliano composta negli ultimi mesi di sua vita (363), ad Antiochia e durante la spedizione con- tro la Persia: v. LIBAN. Or. XVIII I78; HIERONYM. Epist. LXX 427E. Il titolo originale doveva essere Κατὰ Γαλιλαίων λόγοι, poichè con apposita legge l’Apostata aveva ordinato che i Cristiani fossero per disprezzo chiamati, com’egli sem- pre usa nei suoi scritti, Galilei (GREGOR. NAZ. Or. IV 76). Infatti in un catalogus nonnullorum librorum qui adhuc gra- ece extant, pubblicato da GRAUX, Fonds grecs de l’Escurial (1880) p. 385 (su cui NEUMANN “Theol. Lit.-zeit.” 1899 col. 299), si legge: Iulian. contra Galileos.

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Discorso Furio Camillo 3/3

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Ma alla fine? Se per dolo o per caso si sviluppasse a Veio un incendio, e le fiamme alimentate dal vento, come può accadere, divorassero gran parte della città, andremmo in cerca di Fidene o di Gabi o di qualche altra città dove trasferirci? Così debole è dunque il legame col suolo della patria, con questa terra che chiamiamo madre? L’amor di patria dipende per noi dai fabbricati e dalle travi?

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Discorso Furio Camillo parte 2/3

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[53]
E’ vero, direte, ma d’astra parte è chiaro che qui tutto è contaminato, e non esiste alcun sacrificio espiatorio che valga a purificarlo; è la realtà stessa che ci costringe ad abbandonare una città devastata dagli incendi e dalle rovine, e ad emigrare a Veio, dove tutto è intatto, senza dover gravare la plebe, povera di mezzi, dal peso della ricostruzione.

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Discorso di Furio Camillo parte 1/3

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<Mi riescono talmente amare, o Quiriti, le contese coi tribuni della plebe che, finché vissi ad Ardea, non ebbi altro conforto nel mio tristissimo esilio, se non quello di star lontano da tali lotte, e proprio per questo motivo non sarei mai ritornato, neppure se mi aveste richiamato mille volte per decreto del Senato e per volere del popolo.

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