Come primo esempio di rito abbiamo preso quello di Catone da compiersi prima d’iniziare mietitura (De Agri Cultura 134 [CXLIII]), in quanto sono presenti anche le formule per le offerte a Giano e Giove.
Per una più facile comprensione sarà scritto in grassetto la formula rituale mentre in carattere normale il testo, seguirà la traduzione. Per un adeguamento di questo rito alle proprie necessità, verranno messi in evidenza gli elementi da modificare con una spiegazione finale, questo vi permetterà -pur non conoscendo il latino- di adattare questo rito.
Questo esempio di rito, che prevede il sacrificio di una scrofa a Cerere aveva valore di piaculum, cioè di sacrificio espiatorio alle due divinità legate alla vita: Giunone (come vuole il suo aspetto arcaico, precedente all’assimilazione con Era) e a Cerere (della quale si sfrutta la terra coltivata). Essendo la scrofa un animale ctonio e femminile, risulta datore di vita, e quindi adatto come offerta espiatoria. (“Catone il Censore l’agricoltura” a cura di Luca Canali e Emanuele Lelli)
Ma l’elemento per noi più interessante (a meno che non siate possessori di un campo da mietere) è l’apertura rituale con le offerte a Giano e a Giove e le relative formule, che sono solamente accennate negli altri riti che pubblicheremo.
[ricordiamo che la tematica del Rito Romano viene fortemente approfondita nel mio libro, “La Via Romana agli Dèi”. Trovi tutte le informazioni, compreso come acquistarlo, a questo link: https://bit.ly/3uN5S5r]
<[1] Prius quam messim facies, porcam praecidaneam hoc modo fieri oportet: Cereri porca praecidanea porco femina, prius quam hasce fruges condantur, far, triticum, hordeum, fabam, semen rapicium. Thure, vino Iano Iovi Iunoni praefato, prius quam porcum feminam immolabis. [2] Iano struem ommoveto sic:
Iane pater, te hac sture ommovenda bonas preces precor, uti sies volens propitius mihi liberisque meis domo familiaeque meae
Fertum Iovi [om]moveto et mactato sic:
Iuppiter*, te hoc fercto obmovendo bonas preces precor, uti sis volens propitius mihi liberisque meis domo familiaeque meae mactus hoc ferto
[3] Postea Iano vinum dato sic:
Iane pater, uti te sture ommovenda bonas preces bene precatus sum, eiusdem rei ergo macte vino inferio esto
Postea Iovi sic:
Iuppiter, macte isto fercto esto, macte vino inferio esto
Postea porcam praecidaneam immolato. [4] Ubi exta prosecta erunt, Iano sturem ommoveto mactatoque item, uti prius obmoveris; Iovi ferctum obmoveto mactatoque item, uti prius feceris. Item Iano vinum dato et Iovi vinum dato, item uti prius datum ob sturem obmovendam et fertum libandum. Postea Cereri exta et vinum dato.>
*Iuppiter= Ius Pater, cioè padre della legge, ovvero Giove. In questo modo viene ad essere chiaro perché a Giano si aggiunga l’appellativo di “pater” (come anche confermato dall’Anonimo in Origo Gentis Romanae 3.7) mentre a Iuppiter no, e cioè perché è già compreso nel nome. Per dovere di completezza sottolineiamo che il nome “ufficiale” di Giove è Iovis.
[1]Prima di iniziare a mietere, bisogna sacrificare la scrofa praecidanea (della prima mietitura): a Cerere va immolata una femmina di maiale, prima che si raccolgano: farro, frumento, orzo seme di rapa. Con incenso e vino invocherai Giano, Giove e Giunone, prima di sacrificare la scrofa. [2] A Giano offrirai le sture (focacce sacre) dicendo:
Padre Giano, nell’offrirti questa sture ti invoco con giuste preghiere affinché tu voglia essere propizio a me, ai miei figli, alla casa e alla mia famiglia
[ricordiamo che nella famiglia rientravano anche gli schiavi n.d.r.] Offrirai e renderai gradito a Giove un fercto (pagnotta) dicendo:
Giove Padre, nell’offrirti questo fercto ti invoco con giuste preghiere affinché tu voglia essere propizio a me, ai miei figli, alla casa e alla famiglia
Quindi offrirai vino a Giano con queste parole:
Padre Giano, come ti ho offerto la sture con giuste preghiere, perciò allo stesso modo tu sia onorato da questo vino che ti offro
Quindi a Giove con queste parole:
Giove, tu sia onorato di questo fercto, tu sia onorato di questo vino
Solo a questo punto sacrificherai la scrofa pracidanea. [4] Tagliate le viscere, presenterai a Giano la sture e la offrirai con la stessa formula di prima; a Giove presenterai il fercto e l’offrirai con la stessa formula di prima. Allo stesso modo offrirai vino a Giano e a Giove così come è stato fatto prima con la strue e il ferto. Quindi offrirai a Cerere le viscere e vino.
Divinità e/o appellativo
Termini da modificare maschile/femminile e singolare/plurale in base alla divinità
Offerte
Termini da modificare maschile/femminile e singolare/plurale in base all’offerta
Sono stati selezionati anche nella traduzione per facilitare la comprensione degli elementi in italiano ed in latino, “tu sia onorato” (macte) non è da modificare.
Quindi se per esempio una volta compiuta l’apertura rituale voleste offrire dell’incenso a Giunone, potreste prendere a riferimento la prima formula per Giano e dire:
<Iuno mater, te hoc thure ommovendo bonas preces precor, uti sies volens propitia mihi domo familiaeque meae>
Qui sono stati esclusi i figli.
Per ulteriori informazioni sull’esecuzione del rito vi invitiamo a leggere gli articoli precedenti.
Un ottimo traduttore di italiano-latino e latino-italiano, fornendovi anche di declinazioni e tutto è questo.
Emanuele Viotti
Facendo seguito alla vostra richiesta, riporto sul blog un commento che ebbi a fare su Facebook attorno allo stesso soggetto. Per quanto riguarda Iūpiter, o Iuppiter, l’etimologia è normalmente ritenuta essere dagli storici della lingua, piuttosto che da iūs, diritto, dalla radice indoeuropea *DJW, “cielo”, nella forma *DJeW, da cui anche Ζεύς (<– *Djēw-s, genitivo Διός <– *djw-ós), cfr. l'espressione vocativa Ζευ πάτερ, perfettamente parallela al latino Iūpiter, dunque "il padre cielo", il cielo inteso come padre dei Dei e dei viventi (πατήρ ανδρών τε θεών τε): "padre" è apposizione di nominativo, non reggente di genitivo. In latino, la [a] passa ad [i] per via dell'apofonia latina. Dalla stessa radice viene il sostantivo dīvus (<– *DeJW-os, di cui abbiamo attestato l'accusativo plurale latino arcaico deiuōs) e da una forma decurtata, priva dell'ultima radicale, *DJ, abbiamo deus in grado debole *DeJ (<– *DeJ-os). Dal grado zero, *DJ, abbiamo il nominativo plurale dī, diī (<– *DJ-oi). In latino, il sostantivo *iūs, *iovis ( “coelum”, cfr. gr. κοιλός, “concavo”, e cfr. l’espressione latina “cava coeli” come perifrasi per il cielo stesso. Quanto a iūs nel senso di “diritto”, esso non può essere alla base di Iūpiter, poiché in iūs la [s] è radicale, non desinenziale, cfr. gen. iūris (<– iūs-is, con rotacismo) e l'aggettivo iūstus (<– iūs-t-us). Se Iūpiter venisse da iūs nel senso di "diritto" (e quindi con lemma *JWS, non *DJW), allora il genitivo di Iūpiter sarebbe appunto *Iūr-is, non Iov-is. A questo va aggiunto che dallo stesso lemma *DJW, "cielo", viene anche diēs (<– *DJ-ēs), da cui la variante Diēspiter, attestata ad esempio in Orazio, Carmi, XXXIV, 5.
Fonte: Julius Pokorny, "Indo-Germanisches Etymologisches Woerterbuch", consultabile in inglese e scaricabile in pdf all'indirizzo: https://marciorenato.files.wordpress.com/2012/01/pokorny-julius-proto-indo-european-etymological-dictionary.pdf. La scheda dedicata alla radice in questione è alle pagg. 548-555. L'etimologia di Iūpiter dalla radice in questione è alle pagg. 549-550.
Buona serata!
Grazie mille!