Era il 15 Marzo (le Idi) di 2060 anni fa, quando la Curia fu bagnata dal sangue di uno degli uomini che fecero la Storia non solo di Roma ma dell’Occidente.
Ancora dopo tutto questo tempo c’interroghiamo su chi furono gli assassini e chi i salvatori della Patria.
Prima di iniziare ricordiamo che abbiamo trattato questo argomento anche sul nostro canale youtube approfondendo meglio gli aspetti religiosi di questa giornata, ed i motivi che portarono i cesaricidi a scegliere proprio le idi di marzo.
Potete vedere il video a questo link:
https://www.youtube.com/watch?v=2M8ERlSnGRw&t=2s
Le guerre civili sono sempre un contesto estremamente traumatico per i popoli, le cui ferite si ripercuotono nei secoli ed a volte non sono guaribili (pensiamo all’eredità di cui ancora soffriamo dalla guerra civile che subimmo per pochi anni in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale).
Il contesto storico in cui venne pianificata la congiura per uccidere Giulio Cesare aveva visto la fine di un lungo periodo di guerre civili tra Cesariani ed il Senato, iniziato formalmente con il passaggio del Rubicone (10 gennaio 49 aev), un atto estremamente dissacrante in quanto era vietato da norme sacre mettere piede, in Italia, armati.
Per “Italia” all’epoca si intendeva l’area peninsulare italiana da sud fino al Rubicone, un fiume che parte dall’appennino presso Strigara, scorre lungo la provincia di Forlì-Cesena, per sfociare nell’adriatico poco a sud di Cesenatico. E’ da notare che non siamo certi che il Rubicone (Fiumicino) odierno sia effettivamente quello antico, in virtù della presenza di un secondo fiume, Pisciatello (Urgone) che ha medesima falda, ma sorge su un diverso versante del monte, e medesima foce, scorrendo parallelo al primo. Ad ogni modo sappiamo che entrambi i fiumi hanno cambiato numerose volte corso a causa del terreno argilloso (il cui color rubino tinge le acque del fiume, da cui il nome) cosa che rende quasi impossibile identificare l’esatto percorso del fiume passato da Cesare.
Le isole erano considerate Province da dopo la Prima Guerra Punica.
La sacralità dei confini era fondamentale per i Romani, ricordiamo che prima delle guerre civili il confine sacro era limitato alla Città.
La parola “sacrum” viene dal latino arcaico sakros (presente anche su Lapis Niger), legato alla radice indoeuropea “*sak” indicherebbe una cosa che assume validità calandosi nel reale, un dato di fatto, conforme al cosmo (Grande Dizionario delle Religioni, P.Poupard), vi deriva anche il termine giurisdizionale “sancire”. Seguendo questa sequenzialità arriviamo al significato di sancire una diversità, per cui separare il dentro da fuori, e per cui ciò che è profano da ciò che non lo è (e che infatti diventa sacro).
La prima area sacra in Roma fu l'”arx”, ovvero la parte più elevata del colle Campidoglio, luogo dove si edificherà il Tempio alla Triade Capitolina.
La concezione di sacro però si legherà strettamente con la vita politica, per cui il Senato accoglieva i diplomatici stranieri all’interno del Tempio di Bellona, mentre la Curia (dove si riuniva il Senato) conteneva un altare alla Dea Vittoria, e così le magistrature erano confermate tramite auspici e s’inauguravano con sacri riti agli Dei.
Di qui l’intera città diventerà “sacra” rispetto al mondo esterno, e verrà protetta da mura e da Terminus (divinità irremovibile dei confini, al punto che non si sposterà dal Campidoglio nemmeno per fare posto al Tempio di Giove, re degli Dei, che si trovò nella “scomoda” condizione di ospitare il piccolo Dio dei confini nella propria casa). Tanto era forte Terminus che le aperture nei confini sacri richiedevano l’intervento di una divinità ancora più antica ed unica al mondo (Ovidio, Fasti), Giano, divinità dei passaggi, delle porte, bifronte, di cui non abbiamo evidenze in nessun altro popolo.
Tale era l’importanza dei passaggi nelle mura, ovvero l’atto di dis-sacrazione che per aprire un varco era richiesto un sacrificio umano, espresso nel mito dell’uccisione di Remo, e manifestatosi archeologicamente nelle sepolture d’infanti uccisi ritualmente che si trovano al di sotto delle porte nelle c.d. Mura Quadrate.
Ora ci rendiamo un poco più conto della gravità che poteva avere il marciare in armi sul suolo della Res Publica, ovvero su terreno sacro!
Terminata la Guerra Civile troviamo comunque un Cesare molto magnanimo, che perdonò tutti coloro i quali si schierarono con il Senato, ed anzi fece valere durante le stesse guerre i diritti di Roma (ricordiamo l’occupazione dell’Egitto a seguito dell’omicidio di Pompeo, nemico di Cesare, ma Console della Res Publica).
Questa magnanimità a seguito della vittoria, fu abbastanza tipica della strategia romana, dove a parte alcuni casi in cui si reputava necessario il totale annichilimento del nemico (es. Cartagine, o i Celti ad Alesia, o la Macedonia), tendeva ad una assimilazione politica ed economica del nemico.
Questo valeva ancor di più quando si parlava di altri romani!
E dunque Cesare cercò il più possibile di reintegrare gli sconfitti nel nuovo regime.
Ma all’interno dello stesso Senato vi era il sospetto che questa magnanimità verso i resi, e contemporaneamente le confische di beni a chi si ostinava ad essergli feroce avversario, per poi donare detti beni alla plebe (o pagare l’esercito), ci fosse l’intento di farsi Re.
Un’altra cosa gravissima ed estremamente temuta dai romani, in quanto quando Lucio Giunio Bruto nel 509 aev cacciando i Tarquini da Roma e fondando la repubblica, fece giurare ai romani che mai avrebbero permesso ad un Re di comandare nuovamente Roma. Vi era però un altro Giunio Bruto, Marco, figlio di Servilia Cepione, e figlio adottivo di Cesare. Unitosi, anche in forza del suo nome, al Senato durante la guerra civile, poi arresosi, ordì una congiura per assassinare Cesare nel momento della sua massima gloria.
Il mito, alimentato da autori antichi e non (tra cui Shakespeare), vuole che la moglie di Cesare sognasse da tempo di questo assassinio. Ed ancor di più Cesare ricevette numerosi segni premonitori, tra questi (narrato da Plutarco) un veggente lo aveva informato che sarebbe morto alle Idi di Marzo, quando queste arrivarono Cesare lo chiamò e gli disse <le Idi di Marzo sono giunte> ed egli rispose <Si, ma non sono ancora passate> (risposta interessante che ci aiuta a capire la mentalità religiosa romana).
Il resto della storia è noto.
Cesare si reca presso una seduta del Senato nella Curia di Pompeo (oggi sepolta sotto le abitazioni che ricalcano il suo teatro, nel Campo Marzio, oggi rione Parione, più precisamente Via Grottapinta a Roma è il limite della Cavea, ad ovest della via vi era il Tempio a Venere Vincitrice, mentre ad est vi era la Curia Pompeiana), il giorno delle Idi di Marzo (15 Marzo), festa di Anna Perenna, ovvero: passata la cacciata di Mamurio Veturio (il 14) per cui dell’anno vecchio, si rinnovava tutto quanto.
Interessante la scelta di questa data da parte dei Congiurati, in quanto è evidente l’intento di una rinnovata liberazione dalla tirannia nel giorno nel nuovo anno: Lucio/Marco Giunio Bruto libera nel 509/44 la città di Roma/Res Publica dalla tirannia dei Tarquini/Cesare. Questo voleva essere il messaggio.
Appena entrato nella Curia, Cesare venne aggredito da 23 coltellate, la prima alla gola da parte di Casca, e l’ultima di Bruto.
Shakespeare vuole enfatizzare la tragedia narrando la celebre frase immaginariamente detta da Cesare <anche tu, Bruto, figlio mio>.
E s’aggiunge poi, ancora coperti di sangue, appena compiuto l’assassinio e la profanazione di un luogo sacro, come bestie avventatesi su una carcassa, i Cesaricidi proclamano fieramente in una Curia vuota <così muoiano i tiranni>.
I Cesaricidi nel proprio idealismo non avena però compreso che fin dal termine delle Guerre Puniche, Roma era mutata per sempre. Si era culturalmente instaurato il mito del Capo, del Potere Personale, un passo indietro socialmente se pensiamo a com’era la Res Publica dei primordi.
Per cui “ucciso un tiranno, se ne fece un altro”.
Seguirà infatti un’altra guerra civile, in cui si distinguerà Ottaviano Augusto, che portò alla morte di tutti i Cesaricidi (e qualcuno lo sacrificherà anche), e dedicò un tempio a Marte Ultore (vendicatore) nel proprio Foro per sciogliere il voto fattogli a tal proposito.
Preso il potere il giovane Augusto fece chiudere la Curia Pompeiana (come forma di rispetto), e vietò la riunione del Senato in quel giorno, il luogo in cui il corpo di Cesare venne cremato nel Foro Romano fu dichiarato luogo sacro, e chiunque lo avesse toccato sarebbe stato graziato dai propri crimini (motivo per cui venne poi reso inaccessibile),
Ancora oggi se andate in quel luogo dei Fori, troverete sempre, in ogni momento dell’anno, dei fiori che uomini e donne da tutto il mondo portano per onorare la memoria di uno degli uomini che fecero la Storia del mondo.
In ogni caso, l’azione compiuta dai Cesaricidi non ottenne il risultato sperato, Ottaviano venne dichiarato Princeps (con l’aiuto di qualche centurione armato in Senato), e di fatto aveva un potere totalitario (ricordiamo che oggi noi parliamo di “imperatore” come di un monarca, mentre in antichità l'”imperium” era il potere militare, per questo leggiamo nelle fonti che anche i normali legati vengono definiti “imperator”, letteralmente lo traduciamo come “comandante”). Tanto è vero che i greci non sapendo come definire la sua autorità lo chiameranno Basilikos, ovvero Re.
Quanto si fa per inseguire un ideale, per poi esserne acciecati e mancare totalmente l’obiettivo.
Purtroppo non sapremo mai se Cesare, terminate le campagne in oriente che stava pianificando, avrebbe davvero rimesso il potere al Senato come promise, o se si sarebbe fatto Re.
Così come non sapremo mai quanto nei Cesaricidi c’era d’ideologia, e quanto vi era d’interessi personali.
Certo è che il periodo delle guerre civili fu il più buio della Storia di Roma, in cui la dissacrazione era atto quotidiano (ricordiamo Cicerone, e la sua lamentela della corruzione degli Auguri), così come seguì una restaurazione religiosa totalmente di propaganda ed altrettanto profanatrice (come lo spostamento del Fuoco di Vesta all’interno della casa del Princeps! O l’imposizione della venerazione del Genio di Augusto).
Ma dunque Cesare chi era davvero?
Crudele Tiranno, o restauratore della Res Publica?
Non lo sapremo mai.
Emanuele Viotti
l’elenco dei Cesaricidi (wikipedia):
•Gaius Cassius Longinus, repubblicano.
•Marcus Junius Brutus, repubblicano.
•Servius Sulpicius Galba[12], cesariano.
•Quintus Ligarius[13], repubblicano.
•Lucius Minucius Basilus, cesariano.
•Publius Servilius Casca Longus (fratello di Gaius Servilius Casca), cesariano.
•Gaius Servilius Casca (fratello di Publius Servilius Casca Longus), cesariano.
•Decimus Junius Brutus Albinus, cesariano.
•Lucius Tillius Cimber, cesariano.
•Gaius Trebonius[14], cesariano.
•Lucius Cassius Longinus (fratello di Gaius Cassius Longinus)[15], repubblicano.
•Gaius Cassius Parmensis[16], repubblicano.
•Domitius Enobarbus, repubblicano.
•Sextius Quintiluis Varus, repubblicano.
•Caecilius Bucolianus (fratello di Bucolianus), repubblicano.
•Bucolianus Caecilius (fratello di Caecilius), repubblicano.[17]
•Rubrius Ruga, repubblicano.[13]
•Marcus Spurius[13], repubblicano.
•Publius Sextius Naso, repubblicano.[13]
•Lucius Pontius Aquila, repubblicano.[13]
•Petronius, repubblicano.[13]
•Publius Decimus Turullius[18], repubblicano.
•Pacuvius Antistius Labeo, repubblicano.