Lectisternium: uomini e Dèi a banchetto

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Lectisternium è un termine che deriva da lectum sternere e designa la pratica romana di allestire dei letti sui quali le divinità erano invitate a partecipare a banchetti (1). Sono noti anche sellisternia o solisternia [Serv. Aen. XII, 199; Tac. Ann. XV, 44; Tert. Ad. Nat. I, 10, 20; CIL VI, 877 (p 3070, 3824, 4302, 4351, 4367) = CIL VI, 32323 = CIL VI, 32324 = ILS 5050 (p 184) = AE 1892, 1 = AE 2003, 146; CIL VI, 32329] (37 – 47), durante i quali le immagini di divinità femminili erano adagiate non già su letti, ma su sedie (sella o solia [Fest. 298]), in conformità all’antica usanza romana, secondo cui le donne partecipavano ai banchetti, non sdraiate sui triclinia, ma sedute su sedie [Isid. Orig. XX, 11, 9; 55]; sellisternia erano dedicati in particolare a Juno e Minerva durante l’epulum Jovis e a Juno e Diana durante i Ludi Saeculares. 

L’origine di tale rito fu certamente influenzato alla theoxenia greca, tuttavia non va esclusa l’influenza di forme cultuali tipicamente romane, come l’offerta di dapes agli Dei [Cato Agr. CXXXII; Fest. 68; Ov. Fast. V, 511 – 18] e etrusche: un’immagine che ricorda molto da vicino quello che sarà il lectisternium romano è stata scoperta tra gli affreschi della “Tomba del letto funebre” (2) (Figura 1). Sulla parete di fondo di questa tomba scoperta nel territorio di Tarquinia nel 1873, un gruppo di persone banchetta su letti a fianco di quello che sembra un grande catafalco che ricorda pulvinaria romani, sul quale sono poggiati dei mantelli ripiegati e sopre dei copricapi conici inghirlandati. Questa scena è stata interpretata come una theoxenia in onore dei Dioscuri, usanza molto diffusa nel mondo greco (3). Secondo M. Guarducci (4), il rito della theoxenia era praticato anche a Lavinium (città latina) nel santuario delle XIII are, fin dalle sue origini (VI sec. aev.) e proprio su mensae usate per tale rito, sarebbero state apposte lamine bronzee con l’indicazione della divinità a cui erano dedicate e gl alimenti da offrirle [CIL I, 2847 = AE 1953, 131 = AE 1976, 110 = ILLRP 509; CIL I, 2833 = AE 1961, 286 = AE 1976, 109 = ILLRP 1271a]. Ancora in ambito latino abbiamo notizia di lectisternia in onore dei Dioscuri a Tusculum, presso il santuario ad Essi dedicato [Cic. Div. I, 97], sotto la responsabilità degli aedditui lustrales [CIL XIV, 2620 = CIL VI, 10408 (p 3505) = Epigrafia II, p 858 = AE 2008, 286]

stroppus è ciò che, secondo Ateio Philologo, i greci chiamano στροφιον e che i sacerdoti portano in capo come insegna del loro onore; alcuni ritengono che sia una corona, altri che qualsiasi cosa venga posta in capo al sacerdote come sostituto della corona e segno della sua dignità, si chiami strophium. Così presso i Falisci vi è un [giorno] festivo chiamato Struppearia, poiché essi canno in processione indossando corone e i Tuscolani chiamano struppum ciò che è messo sulla testa di Castor sui pulvinaria… [Fest. 312 – 13 ] 

Nel suo complesso, tuttavia, il rito del lectisternium emerge come una grande innovazione nella religione romana. Nell’età antica, infatti, per un romano era estremamente raro trovarsi in presenza del simulacro di una grande divinità (escludendo le divinità domestiche): essi infatti erano custoditi nelle cellae dei templi, luoghi a cui solo sacerdoti e aeditui avevano accesso e molto raramente erano fatti uscire. Il lectisternium rompe questa tradizione e per la prima volta le immagini, o simboli dei grandi Dei, vengono mostrati in pubblico in una situazione conviviale: si trattò di uno spettacolo nuovo e grandioso che ebbe certo un forte impatto sui romani.   

I lectisternia sono menzionati solo una decina di volte durante l’età repubblicana (il primo lectisternium, secondo Livio, fu celebrato nel 399 aev, [Liv. V, 13; Dion. H. XII, 9]), mentre in età imperiale, le notizie della loro celebrazione si riducono a un solo caso [Hist. Aug. Pius XIII, 1, 2], probabilmente a causa della loro totale assimilazione nella ritualità romana [Arnob. Adv. Nat. VII, 32, 8; Tert. Ad Nat. I, 10, 29; August. C. D. III, 17, 2].

Lectisternia erano celebrati sia nel culto pubblico, che in quello privato [50; 44 – 45; Var. apud Non. 528; Serv. Aen. X, 76; Fest. 348].

Nel culto pubblico, furono sempre cerimonie eccezionali, indette su mandato del senato: originariamente erano visti come una forma di ospitalità rivolta agli Dei e un modo di ristabilire la concordia tra gli uomini, avevano la funzione di procuratio in caso di gravi prodigi e lo scopo era quello di riconquistare il favore divino e ristabilire la pax deorum, riducendo il divario tra gli uomini e le divinità, in un momento in cui tale favore sembrava aver abbandonato la città. 

Il primo lectisternium fu celebrato nel 399 aev e riguardò principalmente dii peregrini, divinità greche che non avevano un tempio all’interno del pomerium, assieme a Mercurius (anch’Egli introdotto nel pantheon Romano da circa un secolo e venerato in un tempio fuori dal pomerium, sull’Aventino [Liv. II, 21, 7; Val. Max. IX, 3, 6; Ov. Fast. V, 669; Mart. XII, 67, 1; Apul. Met. VI, 8]) e Neptunus (divinità venerata a Roma fin da epoca arcaica, benchè non si conoscano luoghi di Culto a Lui dedicati fino all’età medio – repubblicana), alle quali si ricorreva in una situazione eccezionale: un’epidemia a cui non si riusciva a porre termine in nessun modo. Dobbiamo ritenere che in una tale circostanza, avendo fallito tutti i riti espiatori fino ad allora compiuti, si decise di fare ricorso a una forma rituale inusuale, rivolta a quelle divinità che, probabilmente, si riteneva che fino ad allora fossero state trascurate: secondo la narrazione di Dionigi di Alicarnasso, che riprende L. Calpurnio Pisone Frugi, e di Livio, a un inverno molto freddo, seguì un’estate calda, il che causò danni ai raccolti e il diffondersi di un’inarrestabile pestilenza, il senato ordinò quindi la consultazione dei Libri Sibillini e in seguito i duumviri sacris faciundis indirono un lectisternium durante il quale furono allestiti tre letti, uno per Apollo e Latona, uno per Heracles e Diana, l’ultimo per Neptunus e Mercurius [Liv. V, 13; L. Calp. Piso. Frugi Fr. 25 P apud Dion. H. XII, 9]. Una forma di attenzione, quindi, verso questi “nuovi arrivati”, di cui forse si riteneva di aver trascurato il culto. Durante gli otto giorni per cui durò la celebrazione, anche le case private furono aperte e cibi furono lasciati negli atria, affinchè fossero a disposizione di tutti i passanti, come segno di ospitalità. Non stupisce che in un simile frangente, il rito fosse incentrato su Apollon (allora venerato a Roma come Medicus e invocato come guaritore in caso di epidemie) e le divinità della sua cerchia, Latona e Diana, che, secondo la tradizione greca formavano una famiglia divina. La presenza di Hercules può essere legata al suo ruolo di divinità Salutaris [CIL VI, 237; 338 – 339], così come alla sua relazione con la sfera della vittoria e del vigore fisico. Neptunus potrebbe essere stato invocato per la sua relazione con le acque, al fine sia di scongiurare la siccità, che di mitigare la calura estiva, considerata, in epoca antica, causa di malattie (5). Più difficile da spiegare la presenza di Mercurius, divinità protettrice del commercio, il cui culto, all’epoca degli eventi, era stato introdotto in modo ufficiale nella città di Roma, da circa un secolo, forse introdotto come protettore della prosperità della comunità.  

A questo primo lectisterium, durante il IV secolo aev. ne seguirono altri quattro, tutti indetti come espiazione in casi di epidemia e compiuti con le medesime modalità del primo [Liv. V, 31, 5; VII, 2, 1 – 3; 3, 1 – 9; 26, 1; VIII, 25](6); possiamo percepire, in queste informazioni, l’azione del collegio ponteficale attento a registrare annualmente i prodigi avvenuti e i riti che si erano dimostrati efficaci come procuratio, così da poterli ripetere quando le circostanze si fossero ripresentate. In quest’epoca, per quanto ancora celebrazione straordinaria, il lectisternium sembra aver assunto un ruolo specifico all’interno del culto romano. 

Un mutamento radicale avviene nel III sec. aev: nel 217, a seguito della sconfitta del lago Trasimeno, tra le numerose azioni intraprese per riconquistare la benevolenza degli Dei, abbiamo notizia di un grande lectisternium sul Campidoglio della durata di tre giorni (anziché otto come nel secolo precedente), in cui vennero venerati i dodici Grandi Dei che proteggevano la città [Enn. Ann. I, 62 – 63 Fr. XXXVII V; Apul. De Deo Socr. CXXI], furono infatti allestiti sei letti: uno per Juppiter e Juno, uno per Neptunus e Minerva, uno per Mars e Venus, uno per Apollo e Diana, uno per Vulcanus e Vesta, e l’ultimo per Mercurius e Ceres. [Liv. XXII, 10, 9]. L’organizzazione per coppie divine risente certamente dell’influsso greco, ma non è totalmente improntata a modelli ellenici, originali sono infatti le coppie MercuriusCeres e VolcanusVesta. Nel momento più critico per la storia di Roma, i romani ricorsero a tutti i riti espiatori che conoscevano; è possibile che in un tale contesto i decemviri s. f. abbiano voluto allestire una forma più grandiosa della cerimonia a cui avevano già fatto ricorso in altri momenti di grave crisi. In tale occasione l’intento fu quello di rinsaldare il legame tra la comunità civica e la totalità del suo pantheon, rappresentato dalle divinità più eminenti.

Nello stesso anno le matrone offrirono un lectisternium per Juno Regina e i senatori uno per Saturnus, durante la celebrazione dei Saturnalia, cui seguì un grande banchetto pubblico [Liv. XXII, 1, 18 – 19]; un altro lectisternium fu celebrato sul Campidoglio e finanziato con le offerte di tutti i cittadini, liberti compresi [Macr. Sat. I, 6, 13].

Nello stesso periodo, un lectisternium fu indetto per accogliere l’arrivo della Magna Mater a Roma [Liv. XXIX, 14, 13 – 14], anche in questo caso seguirono banchetti nelle abitazioni private dei membri dell’aristocrazia. In questo caso possiamo ritenere che tale celebrazione non avesse valore espiatorio, ma che fosse un solenne e grandioso segno di ospitalità, con cui si voleva onorare una nuova divinità che veniva a prendere un posto importante nel pantheon cittadino.

Secondo Valerio Massimo, un lectisternium si svolgeva anche durante la celebrazione dei Ludi Saeculares [Val. Max. II, 4, 5]; la notizia non è confermata dai documenti epigrafici, che però menzionano sellisternia in onore di Juno e Diana sia nel protocollo augusteo [CIL VI, 877 (p 3070, 3824, 4302, 4351, 4367) = CIL VI, 32323 = CIL VI, 32324 = ILS 5050 (p 184) = EAOR I, 42 = AE 1892, 1 = AE 2003, 146], che in quello severiano [CIL VI, 32329; EAOR I, 43 = AE 1932, 70 = AE 1935, 26] 

Dopo questa celebrazione, sembra che il carattere eccezionale del lectisternium e il suo scopo espiatorio siano venuti meno e che il rito sia stato incorporato stabilmente nelle celebrazioni romane, perdendo contemporaneamente il suo carattere solenne. In età repubblicana abbiamo ancora due notizie della sua celebrazione: lectisternia furono celebrati nel 191 aev, in tutti i templi prima che i nuovi consoli partissero per le province di destinazione [Liv. XXXVI, 1, 2; XLII, 30, 8] e nel 179 aev, non sappiamo in che occasione [Liv. XL, 59, 8 – 11]. Per l’età augustea, i fasti prenestini registrano un lectisternium annuale, sotto la responsabilità degli aediles plebei, in occasione dell’anniversario della dedica del tempio di Cerere e Tellus il 13° Dec. [Inscr. It. XIII, 2, 136 – 37], che sembra essere stato praticato anche in età imperiale [Arnob. Adv. Nat. VII, 32], periodo per il quale abbiamo conosciamo anche un lectisternium che si svolgeva nel tempio di Ceres in occasione dei Cerealia [Corn. Long. Apud Prisc. 275, 5]. 

Già alla fine dell’età repubblicana, comunque, compare l’uso di allestire pulvinaria annessi ai templi, uso che avrà un’ampia diffusione durante l’impero [CIL II, 5, 1022 = CIL II, 5439 (p 1038) = CIL II, 5439a = CIL I, 594 (p 724, 833, 916) = ILS 6087 = Hiberia p 199 = AE 1946, 123 = AE 2006, 463; CIL III, p 0774 (p 1054, 2328,57) = IGRRP III, 159 = AE 2007, 36 = AE 2014, 10; CIL IV, 2155 (p 465) = ILS 4181b; CIL VI, 2295 = CIL VI, 32482 = CIL I, p 214 = Inscr. It. XIII, 2, 2 = AE 1953, 264 = AE 1991, 304; CIL IX, 4192 (p 698) = Inscr. It. XIII, 2, 25]. Si trattava di strutture fisse in cui si svolgevano cerimonie analoghe ai lectisternia, chiamati sacrificia pulvinaria [CIL II, 5, 1022; CIL III, p 0774 (p 1054, 2328,57); EAOR VIII, 43 = AE 1927, 158 = AE 2010, 29; CIL VI, 2295 = CIL VI, 32482 = Inscr. It. XIII, 2, 2; CIL IX, 4192 (p 698) = Inscr. It. XIII, 2, 25] e cenae ad pulvinaria [Plin. Nat. Hist. XXXII, 20], che presero il posto dei lectisternia solenni veri e proprii [Serv. Aen. XII, 199].  

Il lectisternium, nella sua forma originaria, aveva un forte legame con la cultura aristocratica: durante questa cerimonia, la posizione gerarchica di Dei e uomini era chiaramente esibita (essendo gli Dei i convitati d’onore), anche se in forma attenuata(7): il contesto famigliare del rito, a differenza di quanto avveniva nei comuni riti sacrificali, aveva lo scopo di far percepire come più prossimi gli esseri divini, rafforzando il legame tra la comunità umana e quella divina(8). L’ospitalità che la città offriva agli Dei aveva una controparte nella munificenza degli aristocratici che, aprendo gli atria delle proprie dimore, permettevano a tutti i cittadini di condividere il loro benessere: anche in questo caso, nel momento in cui la gerarchia esistente all’interno della comunità civica veniva esibita, essa veniva in un certo modo attenuata in un momento di condivisione e concordia. A differenza di quanto avveniva durante i grandi sacrifici pubblici, nei quali la gran parte della popolazione si limitava ad assistere ad azioni sacre di cui erano protagonisti magistrati e sacerdoti, i lectisternia avevano lo scopo di coinvolgere l’intera popolazione della città che vi partecipava secondo le proprie articolazioni, così da rinsaldare i legami sociali (la concordia civica) e i legami tra comunità umana e comunità divina, rafforzando la pax deorum hominumque.

Finchè la celebrazione di lectisternia ebbe funzione espiatoria, fu sotto la responsabilità dei demviri sacris faciundis (fanno eccezione i lectisternia in onore di Saturnus e di Juno Regina del 217 aev, offerti dall’ordine senatoriale e dall’ordo matronarum [Liv. XXII, 1, 18 – 19]), tale responsabilità fu mantenuta quando essi faceva parte dei Ludi Saeculares, mentre, quando non si trattò più di celebrazioni eccezionali, i lectisternia passarono sotto la responsabilità dei magistrati cittadini: quello dedicato a Cerere e Tellus in December, era sotto la responsabilità degli aediles plebei [Inscr. It. XIII, 2, 136 – 37; Arnob. Adv. Nat. VII, 32].

Generalmente durante un lectisternium, dei letti (pulvinaria) erano posti in un luogo eminente, spesso sopraelevato, definito secondo le regole dello jus ponteficale come luogo sacro [Liv. XXII, 9 – 10; Ps. Acron. Schol. In Hor. Carm. I, 37, 3; Fest. 351; CIL VIII, 9018]; in alcuni santuari questo spazio venne permanentemente dedicato a tali cerimonie, prendendo il nome, per metonimia, di puvinar (pulvinar era il cuscino su cui erano adagiate le immagini delle divinità) [Serv. Georg. III, 533; Serv. Ecl. IV, 62; Varr. Apud Serv. Aen. X, 76; cfr. August. C. D. VI, 9, 2; Ps. Acron. Schol. In Hor. Carm. I, 37, 3]

… si usa pulvinar al posto di tempio, laddove propriamente tale termine indica dei letti che si ha l’abitudine di allestire nella maggior parte dei templi… [Serv. Georg. III, 533]

… sono chiamati pulvinaria sia i letti degli Dei, sia le strutture sulle quali sono installate le divinità affinchè sembrino più importanti (o più visibili)… [Ps. Acron. Schol. In Hor. Carm. I, 37, 3]

Durante la cerimonia erano solo gli Dei a partecipare al banchetto sacro, tuttavia, spesso gli uomini partecipavano simbolicamente attraverso pasti solenni che si svolgevano in concomitanza con queste cerimonie.

Le fonti romane non sono chiare su cosa fossero i simulacri delle divinità che venivano usate durante queste celebrazioni: Livio parla di capita deorum [Liv. XL, 59, 8 – 11; Obseq. 61]: poteva trattarsi di busti, oppure di semplici corone corone di arbores felices intrecciati, o ancora di manichini sempre realizzati con rami intrecciati [Fest. 64; 347 – 48]. 

… sono chiamati capita deorum dei piccoli fasci di rami di verbena… [Fest. 64]

… sono chiamati struppi (corone) dei fasci di rami di verbena posti sui cuscini (pulvinaria) al posto degli Dei… [Fest. 347 – 48]

Davanti a queste immagini erano portati piatti con offerte alimentari [Plin. Nat. Hist. XXXII, 20; Obseq. 61; 23, 35; Liv. XL, 59, 7 – 8; Dion. H. II, 23, 5]. La durata della cerimonia poteva andare da uno (solitamente nel caso di celebrazioni regolari), a diversi giorni (quando si trattava di procuratio di gravi prodigi [Liv. V, 13; Dion. H. XII, 9]).

Nel culto privato conosciamo l’usanza di apprestare un letto per Pilumnus e Picumnus nell’atrium di una casa in cui fosse nato un bambino [Var. apud Non. 528; Serv. Aen. X, 76]: le due divinità avevano forse il compito di difendere la puerpera o il bambino dagli attacchi di Faunus – Silvanus, secondo quanto narra Varrone in Agostino [Var. Apud Aug. C. D. VI, 9]. Sempre in occasione di una nascita le famiglie nobili apprestavano nell’atrium della loro domus, una mensa per Juno e Heracles [Serv. Ecl. IV, 62 cfr Catul. XLIV, 47] (o un lectus per Juno e una mensa per Heracles [Tert. De Anima XXXIX]).

Figura 1 – Affresco, lectisternium? offerto ai Dioscuri, Tomba del letto funebre, Tarquinia. Oggi al Museo di Villa Giulia, Roma

NOTE:

1) C. Pascal – De lectisterniis apud Romanos. In Rivista di Filologia 22, 1894, pgg 272 – 79
2) F. Robiou – Recherches sur l’origine des lectisternes. In Revue Archéologique, Nouvelle Série, Vol. 15 (Janvier – Juin) 1867, pgg 403 – 15
3)C. Santi – Castor a Roma. Un Dio Pereginus nel Foro, Agorà & Co. 2017, pgg 58 – 61
4) M. Guarducci – Nuove osservazioni sulla lamina bronzea di Cerere a Lavinio. In L’Italie préromaine et la Rome républicaine. I. Mélanges offerts à Jacques Heurgon, Publications de l’École Française de Rome, Année 1976, 27, pgg 411 – 25
5)J.-M. André – La notion de “Pestilentia” à Rome: du tabou religieux à l’interprétation préscientifique. In Latomus, T. 39, Fasc. 1 (Janvier – Mars) 1980, pgg 3 – 16
6) M. Nouilhan – Les lectisternes républicains. In AA. VV. – Entre hommes et dieux: le convive, le héros, le prophète, Presses universitaires de Franche-Comté, 1989, pgg 27 – 41
7) S. Estienne – Vie et mort d’un rituel romain. Le lectisterne. In Hypothèses 1998/1 (1), pgg 15 – 21
8) C. Février – Ponere lectos, deos exponere: le lectisterne, une image du panthéon romain? In P. Fleury et O. Desbordes (eds) – Roma illustrata. Représentations de la ville. Actes du Colloque international de Caen (6 – 8 octobre 2005). 2008 Caen Presses universitaires

 

Maurizio Gallina

 

 

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