La Dea Vacuna

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Vacuna è una divinità la cui importanza, relativamente alla distribuzione di culto e alle funzioni, è sempre stata assai sottovalutata dai moderni.  A questo concorrono diversi fattori,  a partire dall’esiguità delle epigrafi ascrivibili alla divinità. Solo cinque iscrizioni ci sono state infatti restituite, tutte dal reatino: due da Poggio Fidone (1), una da Posta (2) e una dalla sua frazione di Laculo,(3), una da Cures, oggi smarrita (4) ed infine da Montenero, di rinvenimento piuttosto recente (5). Ben poche, se si considera la fortuna che gli autori classici (6) sostengono che avrebbe goduto presso i Sabini; addirittura, sappiamo da Orazio (7) che un tempio a questa divinità presso la sua villa sabina era ai suoi tempi già in rovina.

Questo fortuito accenno del poeta lucano potrebbe però rappresentare la chiave di volta sulla figura di Vacuna; infatti, la collocazione di questo sito resta dibattuta tra due luoghi ad una cinquantina di chilometri l’uno dall’altro, entrambi ospitanti complessi abitativi attribuiti ad Orazio: uno presso Vacone (toponimo significativo), nel cuore della Sabina, l’altro ai margini della stessa a Roccagiovine presso Licenza. Ad eventuale conferma di questa seconda ipotesi la presenza nella parte del castello locale adiacente alla chiesa di una lastra di marmo (8) inerente la restaurazione del Tempio di Vittoria operata da Vespasiano. Ed è infatti a Vittoria, tra le altre, che Vacuna viene associata dal reatino Varrone, massimo erudito, e dal commentatore di Orazio (9); tale equiparazione perdurò fino al tardo impero, come dimostra un erudito enigma elaborato da Ausonio (10). All’autorità di Varrone si aggiunge la pietas di un imperatore, nativo di Falacrinae presso Cittareale, fervidamente legato alle proprie origini sabine tanto da eleggerle quale luogo delle sue villeggiature e quale meta ultima prima della sua dipartita (11).
E se dietro questa dedica si nascondesse invece la stessa figura divina testimoniata da Orazio, già vetusta nei suoi caratteri originari un secolo prima di Vespasiano? Andrebbero dunque rilette sotto diversa ottica le dediche sabine di Vittoria e, secondariamente, delle altre divinità (Cerere, Minerva, Diana, Venere, Bellona) sovrappostesi a Vacuna, rivalutando l’effettiva importanza di questa. Comunque, resta pacifico affermare che il centro del suo culto coincida con la Conca Reatina: lì, secondo Plinio (12), si estendono i Boschi di Vacuna, nei luoghi un tempo ricoperti dal Lago Velino:  un vasto specchio d’acqua stagnante, nato dallo sbarramento calcareo creatosi nella zona di confluenza tra il fiume Velino (l’antico Avens) e il Nera; tuttavia il suo regime portava alla ciclica formazione di ampie e malsane zone paludose. Fu così che il console Manio Curio Dentato, il conquistatore della Sabina, fece scavare nel 271 a.e.v la Cava Curiana, un canale lungo due chilometri dal braccio occidentale del lago alla scarpata di Marmore; tagliando così lo sbarramento calcareo per consentire al Velino di gettarsi nel Nera attraverso un salto artificiale, portando alla nascita della celeberrima Cascata. Poiché Dionigi di Alicarnasso vi pone Nike (che ragione però con interpretatio greca), cioè Vittoria, seguendo la prospettiva adottata in precedenza a Vacuna sarebbe anche consacrato il Lacus Cutiliae (probabilmente l’attuale Lago di Paterno), nientemeno che l’Umbilicus Italiae, epicentro delle Primavere Sacre e scaturigine dei popoli italici (13); poco al di sopra sulle sue sponde si estendono ancora le strutture termali che Vespasiano soleva frequentare (14). E’ certo comunque che il culto raggiunse anche Roma, dove ebbe una festività sua, dai tratti arcaici, celebrata almeno a livello domestico (15); la sua effigie appare anche su un denario del 68-66 a.e.v. della gens Plaetoria.
L’indeterminatezza che dimostrano gli autori antichi per spiegarsi Vacuna ci consente di azzardare un’ulteriore ipotesi, questa volta relativa alla natura della Dea: può trattarsi di mero ma difficilmente spiegabile oblio, oppure essere la spia di qualcos’altro. Possiamo notare infatti come le figure associate di volta in volta alla Dea presiedano ad ambiti molto diversi da loro (dal piano della fertilità agraria a quella umana, dall’ambito bellico a quello della regalità), faticosamente confondibili; secondo il sistema trifunzionale (16), Vacuna sembrerebbe presiedere sia alla terza funzione (quella della produzione, con Cerere e Diana), che alla seconda (quella guerriera, con Minerva e soprattutto Bellona) e alla prima (quella della regalità, con Venere e Vittoria). Ecco allora che Vacuna assurgerebbe a divinità complessissima, trifunzionale alla stregua di Iuno Sospes Mater Regina (17), espressione di una cultualità estremamente arcaica; una “Grande Madre”, per utilizzare un termine caro agli ambienti neopagani e ad una certa scuola antropologica del ‘900. Oltre a quello che sembra un legame con l’acqua, il luogo di Cotilia denota anche sue virtù salutari (18).
Non è chiaro se e fino a che punto Vacuna possa coincidere con Vesuna, divinità attestata presso gli Umbri, gli Etruschi e i Marsi, vale a dire immediatamente a settentrione, ad occidente e a meridione della Sabina. Nel primo caso, Vesuna è menzionata cinque volte nella IV Tavola di Gubbio in qualità di paredra di Puemune Puprice, dio del rigoglio vegetativo: a queste divinità così
strettamente legate da condividere la stessa vittima e le stesse scodelle sacrificali,  è prescritto un rito a carattere marcatamente infero, poiché le offerte vanno infossate. Questo legame emerge anche in uno specchio etrusco da Orvieto, dove una figura femminile vestita come una menade accompagnata dalla scritta Vesuna è posta a lato di Fufluns (legato anche linguisticamente a Puemune, 19), che in seguito divenne Bacco.
Riguardo alla Marsica si tratta invece di due iscrizioni: la prima viene da Opi (20), nota purtroppo solo dalla trascrizione di un erudito di fine ‘700; in tal dedica è associata ad una seconda divinità, Erinis Pater. La seconda (21) viene dal cosiddetto Bronzo di Antinum conservato al Louvree, che rappresenta la prima e forse la principale fonte di conoscenza della lingua marsica (III-II sec. a.e.v). Resta qualche margine d’incertezza in merito alla titolatura ma rispetto al campo di nostro interesse questa dedica testimonia l’ufficialità del culto di Vesuna presso i Marsi. Secondo alcuni autori (22) alla dea sono connesse anche le Vesullias, sacra pubblica di origine gentilizia attestate a Capua.
A livello cultuale e linguistico, questa dedica attesta ancora una volta la stretta parentela dei Marsi agli Umbri. Etimologicamente Vesuna potrebbe derivare da *uesu, “buono” e dunque *uesu-na, “la benefica”: un teonimo aggettivale in seguito diventato sostantivo, cioè nome con cui viene indicata la divinità stessa, come Bona Dea/Cupra.
Fecondità, guerra e apportatrice di regalità: tali e tante son le sfere presiedute, così distinte tra loro, da far ritenere che Vacuna sia una figura relitta di un remoto passato, testimone dell’antica ideologia indoeuropea. Con la specializzazione sociale e la stratificazione delle comunità umane (23), figure divine dai molteplici aspetti finirono per scomporsi in divinità diverse, tanto che la già citata Iuno Sospita Mater Regina costituirebbe secondo Dumezìl un unicum trifunzionale, nel mondo indoeuropeo, dove i raggruppamenti sono soltanto binari. Vacuna, meno fortunata della divinità lanuvina, potrebbe essere dunque una divinità altrettanto composita, giunta ai Romani nella sua completezza originaria.
Adriano Mattia Cefis
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NOTE
1) CIL IX 4751 e CIL IX 4725:
PRO REDITV  L ACESTI EX AFRICA                                                      ..[P]ESVVIVS
VOVI VACVNAE AREDIA DAPH[NE]                                             MODESTVS VACUN[AE]
ET C. POMPONIUS                                                                   [P]RO VALETVDINE PATR[IS]
(palma)    (corona lemniscata)     (palma)                             V        (corona lemniscata)        S
V.     S.                                              L.     M.
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2) ILS 9248:
P. FLAVIDIUS L. F.
    SEPTUMINUS
   PRAEF. CLASSI
       VACUNAE
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3) CIL IX 4636:
Q. MVRRIVS CN FILIVS
   VACVNAE VOTVM
DAT  LVBENS  MERITO
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4) A. F. Gori, Museum Etruscum Florentiae, 1737 II, pag. 63:
SANCTAE. VACUNAE. SACRVM
     M. COCCILLVS .  M. FILIVS
           CRVST.     SABINVS
               MIL. XVI. LEG.
        SACERDOS.  V. V. L. M.
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5) Susanna Silberstein Trevisani, “Cippo votivo alla dea Vacona”
Q[uintus] TOSSIUS Q[UINTI] F[ILIUS]
                    VACONAE
D[ONA] D[EDIT] L[IBENS] M[ERITO]
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6) Pseudo Acrone, ad Epist. I 10, 49: “Vacuna ebbe presso i Sabini plurimi culti”.
7) Orazio, Epist. I 10, 49: “Ti ho scritto questa lettera dietro il tempio cadente di Vacuna”.
8) CIL XIV 3485 (foto presa da http://www.anienewilderness.it/roccagiovine/)
             IMP CAESAR VESPASIANVS
         AUG PONTIFEX MAXIMVS TRIB
POTESTATIS CENSOR AEDEM VICTORIAE
   VETUSTATE DILAPSAM SVA IMPENSA
                        RESTITUIT
9) Pseudo Acrone, ibidem: “Vacunam alii Cererem, alii deam vacationis dicunt, alii Victoriam qua favente curis vacamus. Vacunam apud Sabinos plurimum cultam quidam Minervam, alii Dianam putaverunt; nonnulli etiam Venerem esse dixerunt; sed Varro primo rerum divinarum Victoriam ait, quod ea maxime hi gaudent, qui sapientiae vacent”.
10) Ausonio, Epistole IV 102: “Ma affrettati a dar fuori quanto ti chiedo. Null’altro voglio se non ciò che è nei libri e non quello che si nasconde in misteriosi papiri. Se tu, o poeta, sarai capace di sbrogliare queste sciocchezze, ti cedo insieme tutta Vacuna e non avrai più timore di quello che si dice dappertutto: «Questi è Teone, poeta falso, trista Laverna di buoni versi».” Se il riferimento a Laverna, in epoca tarda considerata protettrice dei ladri, può rappresentare una ricusa dell’accusa di plagio, quello a Vacuna può intendersi nel senso “..ti concedo all’istante vittoria piena”. Altri ancora, secondo una paretimologia ripresa tra gli altri anche da Dumezìl che ricollegano il teonimo a uacuus (vacare, vacanza etc), lo intendono come liberare, rendere vacante qualcuno da ogni accusa. L’interpretazione del passo, volutamente oscuro nelle intenzioni di Decimo Magno Ausonio, resta oscuro.
11) Svetonio, Vespasiano 2: “Vespasiano nacque in Sabina, in un modesto villaggio oltre Rieti, che si chiama Falacrine [..] Fu allevato, sotto la guida della nonna paterna Tertulia, nella proprietà di Cosa. Per questa ragione, anche da imperatore, tornò spesso nei luoghi della sua infanzia, dal momento che la villa era stata lasciata come in passato affinché nulla andasse perduto di quanto era caro ai suoi occhi; ed ebbe tanta venerazione per la memoria della nonna da serbare l’abitudine di bere, nelle solennità pubbliche e private, in una piccola coppa d’argento a lei appartenuta” e ibidem, 24: “Durante il suo nono consolato, colpito, in Campania, da leggeri attacchi di febbre e tornato immediatamente a Roma, si recò a Cutilio e nella campagna di Rieti, dove ogni anno era solito passare l’estate..”
12) Plinio il Vecchio, Naturalis Historia III, 109: “..nel fiume Nera, che da questi deriva il fiume Tevere con le sue acque sulfuree, e sono riforniti dall’Avens che scende dal Monte Fiscello nei pressi dei Boschi di Vacuna e Rieti”.
13) Dionigi di Alicarnasso, Antichità Romane I 15: “A settanta stadi da Reate si erge Cutilia, città famosa, accanto a una montagna. Non lontano da essa c’è un lago di quattrocento piedi di diametro, riempito da sorgenti naturali sempre inondate e, si dice, senza fondo. Questo lago ha qualcosa di divino, gli abitanti del luogo lo considerano sacro a Nike [..] e lo hanno circondato con una palizzata, in modo che nessuno possa avvicinarsi all’acqua, mantenendola inviolata; tranne che in certi periodi ogni anno, dove coloro il cui sacro ufficio è andare nella piccola isola nel lago e compiere i sacrifici richiesti dalla consuetudine. Quest’isola ha un diametro di circa cinquanta piedi e si erge non più di un piede sopra l’acqua; non è fissa ma fluttua in qualsiasi direzione, a seconda che il vento la spinga dolcemente da un posto all’altro. L’erba vi cresce e anche certi piccoli arbusti, un fenomeno che a coloro che non conoscono le opere della Natura sembra impenetrabile e una meraviglia seconda a nessuno.” Varrone, De Lingua Latina VII 71: “Le Lymphe Commotiles, presso il Lago di Cotilia, sono chiamate così dal movimento di un’isola che si trova in quel lago”. Plinio il Vecchio, Naturalis Historia III 109: “Nel territorio reatino il lago di Cotilia, nel quale galleggia un’isola, è l’ombelico d’Italia, come Varrone tramanda.” e II 209: “..presso Cotilia si può vedere un folto bosco, che né di giorno né di notte sta mai nello stesso posto”. Seneca, Quaestiones Naturales III 25, 8: “Io stesso presso Cotilia vidi un’isola navigante ed un’altra nel lago di Vadimone. L’isola di Cotilia ha alberi e produce erbe; tuttavia è trasportata dall’acqua e si sposta qua e là, non spinta dal vento, ma soltanto dalla brezza e non si ferma nello stesso luogo né di giorno né di notte: a tal punto è mossa dal più piccolo spostamento d’acqua..”
14) Vedi nota 10.
15) Ovidio, Fasti VI 305-306: “Si usava, un tempo, sedersi su lunghe panche davanti al fuoco, e si riteneva che al pasto partecipassero anche gli Dèi. Ancora oggi, durante la festa dell’antica Vacuna, ci si mette in piedi o seduti davanti al focolare di Vacuna..”
16) George Dumézil (grandissimo storico delle religioni alla cui lettura si rimanda chiunque stia leggendo queste righe), comparando tra loro i miti e le tradizioni religiose dei diversi popoli indoeuropei dimostrò (suffragato dalle innegabili parentele ed evidenze linguistiche) una loro continuità sul piano teologico; continuità che si riflette naturalmente sul sistema politico e sociale, a volte in modo eclatante (il sistema di caste indiano).
17) Dumezìl, La Religione di Roma Arcaica pag. 266 sgg: “In atteggiamento di marcia, aggressiva, il petto proteso oppure ritta su un carro in corsa, la lancia in avanti, il braccio sinistro teso con uno scudo a doppio incavo come quello dei Salii, la figura della dea illustrata dalle monete è chiaramente ed esclusivamente guerriera. La Giunone di Lanuvio non è però soltanto Seispes: numerose dediche sono rivolte a Iunoni Seispiti Matri Reginae. Questa triplice qualificazione è di tipo inconsueto in Italia e significa un cumulo di funzioni o di aspetti che equivale ad una definizione teologica [..] Il titolo di Regina, già segnalato a Roma, presenta Giunone come sovrana politico-religiosa. Collocato al secondo posto, l’epiteto Mater non può essere semplicemente titolo onorifico; deve possedere il suo pieno valore, e induce a ricordare che le feste della Lucina romana son chiamate Matronalia: festa della fecondità, per le matrone che siano spose o madri. Il primo aggettivo, Seispes, trasportato a Roma nella forma Sospita, è di significato incerto: ad esso però, come altrimenti a Curitis, i Romani collegavano in particolare il carattere guerriero della dea [..] E’ subito palese che in tal odo Giunone si trova riferita simultaneamente alle tre funzioni dell’antica ideologia indoeuropea: all’ambito della regalità sacra, a quello della forza guerresca, a quello della fecondità, e riferita in termini formulari da una titolatura attestante che i suoi sacerdoti e i suoi devoti la sapevano e la volevano trivalente.”
18) Strabone, Geografia V 3, 1: “..e le gelide fonti di Cotilia, le cui acque non solo si bevono, ma sono impiegate per curare le malattie, sedendovi dentro.”
19) Sull’etimologia di Puemune Puprice, sui debiti linguistici e culturali etruschi nei confronti degli Umbri e sulle Tavole Eugubine in generale vedasi Augusto Ancillotti, Romolo Cerri, Le Tavole di Gubbio e la civiltà degli antichi Umbri (sull’etimologia di Puemune e Vesuna in part. pag. 187-188).
20) CIL I 392:
      V. A[t]IEDIU[s]
        VE[s]UNE
        ERINIE ET
           ERINE
          PATRE
DONO[m] ME[r]I[to]
         LIB[en]S
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21) CIL I2 3208 e E. Vetter, Handbuch der italischen Dialekte I, 223.
PA[CIOS] [et] VI[BIOS] PACUIES, MEDIS
     VESUNE DUNOM DED[ERONT]
         CA[IOS] CUMNIOS CETUS
22) Vedi Adolfo Zavaroni, Le Iuvilas di Capua, Anna Perenna e gli Argei romani: https://www.persee.fr/doc/dha_0755-7256_2006_num_32_2_3014

23) Su questo aspetto, vedi il capitolo d’apertura di Flavia Calisti in Mefitis, dalle Madri alla Madre.

Adriano Mattia Cefis

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