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Calendari Romani III: come si legge il calendario?

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Questo visibile qui sopra è una parte dei Fasti Prenestini visibili al Museo Nazionale Romano, sono datati tra l’introduzione del Calendario Giuliano (di cui articolo il 7 febbraio 2016) ed il 22 ev, e rappresenta in modo frammentario i mesi da Gennaio ad Aprile, e Dicembre.
Il computo romano era profondamente diverso dal nostro, e di seguito cercheremo di capire in che modo leggerlo, seguiamo l’ordine di esposizione del calendario stesso:

Nundinale
La prima lettera che appare è il “ciclo nundinale”, cioè l’equivalente della nostra settimana, in una sequenza di 8 giorni.

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Rito Romano III: gesti nel rito e altro

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A parte l’adoratio ci sono altri gesti all’interno del rito che vanno evidenziati.
Ricordiamoci che gestualità era una parte importante dell’oratoria e dell’espressione di concetti (non a caso noi italiani all’estero siamo famosi per gesticolare), essendo quindi una parte così estesa del panorama espressivo romano non è da escludere la presenza di gesti all’interno dell’azione rituale. Continua la lettura di Rito Romano III: gesti nel rito e altro

Rito Romano I: accostarsi al rito

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Non si può definire “semplice” la rituaria romana, essa comprende numerose conoscenze teoriche e pratiche che si vedono necessarie per poter eseguire un rito.
Questo gran numero di norme sono fortunatamente fatte salve da un nutrito numero di fonti, diversamente da quello che avviene per altre realtà pagane.
In questa serie di articoli sul Rito Romano cercheremo di dare delle indicazioni precise e puntuali (dove possibile) su come compiere un rito, in modo tale da dare a tutti la possibilità di farlo.
L’ordine per argomento seguirà lo stesso del rito vero e proprio.

 

Arbores Felices et Infelices

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Nei libri dei pontefici gli alberi erano divisi in due gruppi: arbores felices e arbores infelices.

 La felicitas è stata interpretata semplicemente come l’essere portatori di frutto (seguendo Plinio, vedi oltre), fecondi[Serv. Georg. I, 154], tuttavia, se consideriamo che felix poteva essere anche un condottiero vittorioso e che nontutti gli arbores felices sono piante che danno frutti, capiamo che questa accezione è limitativa. Continua la lettura di Arbores Felices et Infelices

Torte e dolci nella Tradizione Romana II

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Moretum: chiamato anche herbosus [Ov. Fast. IV, 366; Cato Agr. LIV] o moretarium [Ter. Phorm. II, 2, 4], era una preparazione a base di erbe di campo (verdi o secche [Col. R. R. XII, 57, 4]), formaggio, olio, che poteva contenere anche aglio [Donat. Ad Ter. Phorm. II, 2, 4] e aceto e costituiva uno dei cibi più comuni tra i contadini, poiché preparato con quello che gli orti offrivano nelle differenti stagioni; tuttavia ne troviamo anche versioni più elaborate con ingredienti pregiati ed esotici. 

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Esempi di Terapeutica Romana II

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Riprendendo il discorso sugli ex voto sospeso nel precedente articolo, cerchiamo di approfondire il valore e le diverse funzioni che assumono quando parliamo di terapeutica.

Abbiamo già accennato al Santuario di Lanuvio, dedicato a Giunone Salvatrice (in Località Pantanacci), ivi sono stati ritrovati ex voto di parti anatomiche, che colpiscono per la loro precisione indice di una grande conoscenza dell’anatomia umana. Tra questi troviamo per lo più: cavità orali, mani, piedi, occhi, genitali maschili e femminili, uteri.

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Il mondo infero nell’antichità classica

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L’Ade venne considerato sin dalla remota tradizione ellenica il Mondo Infernale, aperto in un’immensa caverna sotterranea e comunicante con il mondo “supero” attraverso numerose porte e voragini spaventose. Ade è “ l’invisibile, o ciò che rende invisibile, o forse originariamente soltanto il luogo tenebroso” (Naglesbach-Autenrieth, Gruppe, Griech Mytol.) L’immensa caverna sboccherebbe all’occidente dei confini “dell’Oceano”, tuttavia nell’Odissea la tradizione rimanda ad un mondo infero locato all’estremo occidente mentre nell’Iliade sarebbe locato sotterraneo, anche se le diverse leggende vennero fuse e contaminate già nei poemi omerici stessi.

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Torte e dolci nella Tradizione Romana

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Nella tradizione romana esistevano numerose focacce e dolci usati come offerte rituali

, la cui preparazione aveva regole precise ed era affidata a specialisti, i fictores [Enn. Ann. 121 V apud Var. L. L. VII, 43; Orelli 934; 2281; 2458]. L’importanza dell’opera di questi specialisti era tale che, secondo le fonti, la loro corporazione fu istituita da Numa. Il termine generico con cui si indicavano tali preparazioni era libum, in origine questo nome designava un particolare tipo di torta, successivamente divenne una definizione generale, corrispettivo del verbo libare: offrire un sacrificio incruento. Per l’uso profano le torte erano preparate dai pistores, i panettieri, che prendevano quindi il nome di pistores duciarii [Mart. XIV, 222; Apul. Met. X, 13].

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Esempi di Terapeutica Romana

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Non sono molto numerose le informazione pervenuteci sulle pratiche di terapeutica in epoca romana, da quel poco che sappiamo è evidente il carattere prettamente analogico, come in molte culture antiche.
Il presupposto teorico di base dell’analogia è che per ottenere un certo effetto lo si deve ricreare similmente con altro, la rassomiglianza in termini di concetto (e di ciò che le componenti rappresentano) producono un effetto nella realtà.

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Il Pensiero della Morte

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Nell’antichità il pensiero che la morte sia inesorabile e che attenda tutti era in realtà un’idea confortante. Sia nell’Iliade con Ettore che consola Andromaca, che nell’Alcesti con le parole di Ercole nella casa di Admeto

“A tutti i mortali è fatale la morte e nessuno dei mortali sa se vivrà pure il giorno di domani”

(V.v 782-784)

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