Archivi tag: Culto

Quintilis, il mese che inaugura il nuovo ciclo

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Con Quintile (Luglio) iniziano i mesi numerali, che ci accompagneranno fino a fine anno.
È il primo mese della seconda metà dell’anno, purtroppo i Fasti di Ovidio si interrompono con Giugno, a causa dell’esilio impostogli da Augusto. Perciò manchiamo di un’importante fonte di informazioni per i mesi successivi. La comprensione delle caratteristiche del mese deve passare quindi necessariamente dall’analisi delle sue feste.

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Iunius, il mese di Giunone e delle giovani

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<Un tempo Roma, dal nome di mio padre fu detta Saturnia,
e per lui questa terra fu più vicina al cielo.
Se il talamo è in pregio, mi spetta il titolo di consorte del Tonante,
e il mio tempio è congiunto a quello di Giove Tarpeio.
Ma come! Una concubina poté dare il suo nome al mese di maggio,
e invece tale onore sarà negato a me?
Perché dunque mi si dice regina, e la prima delle dee?
Perché lo scettro d’oro fu assegnato alla mia mano destra?
Ma come! I giorni formeranno il mese, e da essi sarò detta Lucina, e non prenderò nome da nessun mese?
In tal caso mi pentirei di aver deposto lealmente l’ira
contro la stirpe di Elettra e la casa Dardania. […]
Ma no, non mi pento , né v’è alcun popolo a me più caro:
qui io sia venerata e occupi il tempio insieme con il mio Giove.
Marte stesso mi disse “ti affido queste mura;
tu sarai potente nella città di tuo nipote”.
La parola fu mantenuta: mi onorano cento altari;
e maggiore di ogni altro onore è per me quello del mese.>

(Ovidio, Fasti, VI,31-56)

 

Giugno è l’ultimo dei mesi che compare nei Fasti di Ovidio (la cui produzione venne interrotta a causa della cacciata dell’autore per opera di Ottaviano), ed è l’ultimo ad essere “nominale”, infatti tutti i successivi saranno numerali. In merito alla questione del nome dei mesi ne abbiamo parlato in quest altro articolo. Continua la lettura di Iunius, il mese di Giunone e delle giovani

Il paradigma di Veio e Furio Camillo

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EVOCATIO E TRIONFO.

La conquista di Veio, rappresenta per la storia di Roma, un evento cruciale; non solo sotto un punto di vista politico ed economico, ma soprattutto paradigmatico. Dalla pur sospetta durata decennale del conflitto, che pone interessanti parallelismi con la guerra di Troia, alle discordie intestine in Roma, il nucleo storiografico lascia evincere come, alla congruente pax deorum, fosse altresì necessario l’ottenimento della concordia civica.  Tutto il nucleo della trattazione liviana, partendo dal fatale conflitto con Veio, passando per il sacco gallico, culmina con le leges licinae-sextiae, e la dedica del tempio di Concordia ad opera di Camillo, padre o figlio; un ciclo narrativo serrato e dibattuto, che traghetta Roma dall’epopea, alla piena epoca storica[1].

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ACTIO RITUALIS DELLA DEVOTIO

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Questo articolo intende mostrare l’ACTIO RITUALIS della DEVOTIO; prescindendo dunque da una dettagliata analisi del contesto estrinseco e storico del rito, ci concentreremo esclusivamente sulle pose ieratiche e calcolate [1], che il DEVOVENS era chiamato a rispettare nei minimi dettagli, pena l’inefficacia del rito stesso. Dunque ACTIO RITUALIS e CARMEN, rappresentavano tecnicamente un tutt’uno; un piccolo errore nella recita del carmen o nelle pose del DEVOVENS, avrebbero reso nulla la DEVOTIO; sono disposizioni, che il MAGISTRATUS CUM IMPERIO, riceve dal PONTIFEX MAXIMUS, figura somma del collegio pontificale, garante e sacro custode, delle prerogative giuridiche e religiose del popolo romano.

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il culto delle Fate nell’antica Roma

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In un silenzio carico di aspettative, un bambino viene sollevato dal suolo da due braccia salde, sotto il solenne sguardo degli astanti. E’ questa una tappa fondamentale nell’esistenza di una persona, poiché quelle braccia appartengono al padre e quell’atto implica l’accettazione del nascituro in seno alla famiglia. Tale gesto, tollere liberos (“alzare da terra” 1), è il coronamento del parto. Trascorsi nove giorni, otto nel caso si tratti di una femmina, assistiamo ad un altro momento fondamentale, il Dies Lustricus (2) a cui presiede la dea Nundina: è la nascita sociale, non meno importante di quella biologica, poiché rappresenta l’ingresso effettivo nella collettività del nuovo nato con l’assunzione di un’identità propria. E’ in questo giorno, altresì chiamato Nominalia, che diventa un individuo a tutti gli effetti, tramite l’imposizione del nome e di una sorte, con l’invocazione delle Fata Scribunda, le Fate Scriventi (3). Continua la lettura di il culto delle Fate nell’antica Roma

Alla ricerca del dio Volturno: il vento, il fiume e l’avvoltoio

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Il dio Velthurna è stato assimilato dai romani e reso col nome di Vertumnus[1] con la presa di Volsinii nel 264ac[2]. Di questa divinità ne ha già parlato il nostro M. Cefis in un suo ottimo articolo (qui), mentre sulla festa del dio, i Vertumnalia, ne ha parlato l’autore precedentemente (qui).
Riassumendo i precedenti si evince che Vertumno (o Vortumno)[3] è un dio di difficile identificazione, caratterizzato dall’essere trasformista. È il dio che tramuta la stagione estiva in invernale, posto calendarialmente all’opposto di Giano al fine di portare a compimento l’anno nel suo punto di massima ascesa, per poi rigirarsi (vertere o vortere) verso l’inverno.[4]
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Gli Dei dell’infanzia I: dal concepimento alle prime fasi della gravidanza

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Accanto alle somme divinità dello Stato, avvolte nella porpora e titolari di ecatombi e sontuosissimi templi, nonchè delle rustiche e terrifiche divinità del mondo silvo-pastorale cantate dai poeti, esiste una differente e ben più numerosa schiatta di divinità. Si tratta dei cosiddetti Dèi Minuti (1), o Dèi Certi (2), figure il cui intervento divino si esplica ed esaurisce in un’unica, ma fondamentale, funzione; per tale motivo, nel campo dei moderni studi religiosi vengono talvolta definiti “Dèi dell’Atto”. La sfera di competenza di queste divinità interessa ogni campo (biologico, psicologico, sociale) dell’umana esperienza, sia sul piano individuale che su quello collettivo, accompagnandola in ogni transizione dal concepimento alla tomba. Continua la lettura di Gli Dei dell’infanzia I: dal concepimento alle prime fasi della gravidanza

Le divinità degli antenati nel Culto Romano

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Il culto per i morti è -nelle scienze umane- tra i più interessanti essendo il più antico e quello che ci lascerebbe intravedere da dove si origina la cultura (e quindi la civiltà). È quel momento in cui -vedremo a breve quando- l’essere umano introduce nella propria natura delle azioni che lo renderanno differente dagli animali in modo inequivocabile. In altre parole ci aiuta a capire quando, esattamente, l’essere umano smette di essere un semplice animale per trasformarsi in qualcosa di più.
La più antica evidenza di un comportamento religioso pervenutaci dalle origini della cultura umana è quella delle sepolture con corredo, indice di una forma di «percezione di un “totalmente Altro”; ciò ha come conseguenza un’esperienza del sacro che a sua volta dà luogo a un comportamento sui generis[1]. Continua la lettura di Le divinità degli antenati nel Culto Romano

Il Flamen Dialis: un simulacro vivente di Giove

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I Romani sono il popolo pio per eccellenza, vengono definiti da Sallustio “Religiosissimi
mortales” (1) il loro capostipite Enea è appunto il Pius per antonomasia.
Per loro l’amministrazione della res publica è cosa sacra, e tramite l’amministrazione dei
sacra si governa la res publica, la Religio stessa è cosa politica a Roma.
L’Urbe, ” nei templi della quale non si è lungi dal cielo” (2), è la più perfetta Continua la lettura di Il Flamen Dialis: un simulacro vivente di Giove

Maius, il mese delle cose maggiori

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<Dopo il Caos furono dati al mondo i tre elementi,
e tutta la materia assunse nuove forme,
la terra si fece concava per il suo peso e attrasse il mare,
che la levità sospinse il cielo nell’altezza degli spazi;
anche il Sole e gli astri non trattenuti da alcuna pesantezza,
e voi, cavalli della Luna, balzaste in alto.
Ma la Terra non cedeva a lungo al Cielo, né le altre stelle
al febèo Sole: l’onore era uguale per tutti.
Spesso qualche divinità tratta dalla massa degli Dèi ordinari
osò sedere sul soglio che tu, Saturno, occupavi:
qualche dio straniero si affiancò all’Oceano,
e spesso Teti fu accolta nell’ultima sede,
finché l’Onore e la bella Riverenza dal placido aspetto
unirono i loro corpi in legittimo connubio.
Da essi nacque la Maestà che regge il mondo intero,
e fu sempre grande fin dal giorno che fu generata.
Subito alta si assise nel mezzo dell’Olimpo,
splendente d’oro e ammirevole nella purpurea veste;
le sedettero accanto il Pudore e il Timore. E avresti veduto
ogni altro nume atteggiare il volto a somiglianza del suo.
Subito penetrò nelle menti il rispetto degli onori:
si pregiano i degni di stima, ognuno cessa di compiacersi
soltanto di sé. Per molti anni durò tale stato del cielo,
finché il dio più antico per fato cadde dalla sua roccia.
La Terra partorì i Giganti, immani mostri,
che avrebbero osato assalire la casa di Giove. […]
ma Giove, scagliando fulmini dalla roccia del cielo,
rovesciò quell’immensa congerie su chi l’aveva ammassata.
Ben difesa da queste armi, la Maestà degli Dèi
saldamente resiste, e da quel tempo permane venerata.
Da allora siede accanto a Giove, di Giove fedelissima custode,
e a Giove assicura lo scettro da reggere senza contrasto.
Discese anche in terra: la onorarono Romolo e Numa;
poi di seguito gli altri, ognuno nel suo tempo.
Ella guarda ai padri e alle madri con dovuto onore,
ella viene compagna ai fanciulli e alle vergini,
ella conferisce decoro ai fasci portati dai littori e all’eburnea
sedia curule, ella alta trionfa sui cavalli incoronati.>

(Ovidio, Fasti VI, 11ss)

<Circa il nome di questo mese [Maggio ndr] le opinioni degli autori sono largamente contrastanti. Fulvio Nobiliore, nei Fasti che depositò presso il tempio di Ercole e delle Muse, dice che Romolo, dopo che ebbe diviso il popolo in anziani [maiores] e giovani [iuniores], in modo che i primi contribuissero con le decisioni alla salvezza dello stato ed i secondi con le armi, per onorare le due metà chiamò Maius questo mese e Iunius il seguente.

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