Lupercalia – 15 febbraio

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Nel pieno del mese sacro alla dea Februa,[1] quando ci si purifica dall’atto empio di ricreare il Cosmo, quando la gelida terra inizia a far germogliare le prime sementi, quando gli uomini pii vanno a visitare le tombe dei Padri, un antichissimo sodalizio si riunisce in una grotta nel cuore di Roma. In questa grotta viene compiuto un misterioso e arcaico rito, che vede certi uomini-lupo invadere le strade della civilissima Urbe, e che sarà uno dei pochi a sopravvivere intatto persino alla cristianizzazione.
Parliamo dei Lupercalia, sui quali abbiamo realizzato anche un video.

Alle origini dei Lupercalia

I Lupercalia sono una delle feste più arcaiche, misteriose e complesse del calendario romano. Celebrata dai Luperci, è attestata epigraficamente nel calendario lunisolare repubblicano (Fasti Antiates Maiores) il quindicesimo giorno prima delle Calende di Marzo ovvero il secondo giorno dopo il Plenilunio di Febbraio (Plenilunio nella Tradizione corrisponde alle Idi); mentre nel calendario solare introdotto da Giulio Cesare la data è fissata al 15 febbraio (le Idi sono sempre due giorni prima, il 13).
Dal punto di vista archeologico i resti datati al VI sec. a.c. nel lapis niger hanno riscontrato (insieme ad altri materiali) sacrifici di capre e cani da connettere al rito dei Lupercalia[2].
Le fonti bibliografiche attribuiscono l’introduzione della festa a Romolo e Remo[3] se non addirittura prima[4], o addirittura al mitico re Evandro[5].

Etimologia di Lupercalia

Il termine Luperco ha una costruzione incerta, alcuni autori latini[6] lo fanno derivare da lupus (lupo) e parcere (avere misericordia) in riferimento alla lupa che allattò Romolo e Remo; altri[7] lo fanno derivare da lupum arcere (respingere il lupo) in riferimento al dio Faunus Lupercus che difendeva le gregge dai lupi, o similmente da luere a proposito del sacrificio della capra[8]. O ancora dal nome della grotta lupercale dove vennero trovati Romolo e Remo che a sua volta prese il nome dalla lupa[9]. Certamente è da rifiutare la proposta ovidiana della derivazione da un monte in Arcadia.[10] Gli studi etimologici moderni sono anch’essi in disaccordo, ma si è certamente notata una composizione contenete il termine lupus ma costruita in analogia con no-ver-ca[11](=matrigna) rifiutando così l’etimologia serviana poiché nulla del rito era compiuto a danno dei lupi.

Come si svolgevano i Lupercalia?

Quello dei luperci viene definito da Cicerone un sodalizio (sodalitas) che agiva in quest’unico giorno, tuttavia altre fonti lo definiscono un vero e proprio collegio (CIL XIV 2105 CIL X 6488). La differenza tra collegium e sodalitas è ancora incerta, e forse doveva trarre origine da una differente nascita delle festività religiose cui erano addetti [11b]. Ma di ciò ci riserviamo di trattarne in futuro.

I luperci erano divisi in due gruppi: quello dei Fabi e quello dei Quintili (a cui Cesare, per rimanere umile, aggiunse quello dei Giuli), le fonti collegano questi gruppi rispettivamente a Remo e a Romolo, e ad un racconto eziologico sull’origine di questa festa connesso ai due personaggi.

Il rito dei Lupercalia era molto complesso. Tutto iniziava presso il Lupercale, una grotta posta sul Palatino da cui sgorgava una sorgente, attorniata da un bosco sacro a Fauno con un altare.

Prima fase

Qui i sodali “iniziano”[12] due giovani al culto sacrificando una capra e un cane a Fauno[13]. È molto probabile che questo rito fosse un rito di passaggio all’adolescenza più che l’accesso ai luperci (vedi nota 12), questi -infatti- erano già stati selezionati. Con il coltello insanguinato bagnavano la fronte ai giovani patrizi, poi altri gli detergono il sangue con un panno di lana imbevuto nel latte. Dopo il lavaggio i giovani devono ridere.

Seconda fase

Terminata questa prima fase del rito, con la pelle del capro sacrificato si fanno delle strisce di pelle chiamate amiculum Iunonis[14]. Segue un ricco banchetto tra i partecipanti, che prevede anche uno smodato uso di vino[15]. Dunque i Luperci iniziano a correre seminudi frustando la terra e le donne, e schernendo i passanti. Le donne che vogliono rimanere incinte si avvicinano cercando di farsi colpire.[16]
I Luperci correvano vestiti solo di pelli di capre come il Fauno rappresentato in una statua nel Lupercale[17], coperti d’olio[18], portando delle corone di fiori ed indossando maschere o con la faccia coperta di fango.[19] È probabile che questi dettagli siano d’introduzione successiva, mentre in origine prevedesse solo le pelli di capra. Alcune fonti parlano di questo rito come di una lustratio (purificazione) e che si portava del sale caldo chiamato februum, ciò perché era detto februum tutto ciò che espia e purifica e februamenta, tutte le purificazioni; allo stesso modo februare significa purificare[20] e da qui Febbraio.
Il percorso è prestabilito: partendo dal Lupercale raggiungevano la Via Sacra percorrendola per intero, creando un anello intorno al Palatino tornando alla grotta. Il Palatino non era un luogo qualsiasi, bensì era il luogo di nascita di Roma. L’intero rito avveniva alla presenza del Flamine Diale (di cui abbiamo parlato qui), il sacerdote specializzato nel culto di Giove, che era caratterizzato da una grandissima quantità di divieti ed obblighi. Un elemento che dovrebbe stranire nella sua presenza è il fatto che normalmente gli fosse vietato anche solo nominare le capre, mentre in questo caso addirittura assiste al rito.

Il significato del rito dei Lupercalia

Perché si facevano i Lupercalia?
Iniziamo dall’ amiculum Iunonis. Cosa c’entra Giunone in questo rito di purificazione?
Un racconto riportato la Ovidio, ma che non sembrerebbe essere frutto di una sua invenzione[21], ci racconta come nacquero i Lupercalia. A seguito del Ratto delle Sabine, che era stato consigliato a Romolo dal dio Conso, le donne non rimanevano più in cinte. Romolo adirato perché il rapimento non garantiva al popolo Romano una progenie, andò a pregare nel bosco sacro a Giunone. Qui la Dea si manifestò tramite una voce, che disse:

«Italidas matres, inquit, sacer hircus inito!»
«Un sacro caprone penetri le donne d’Italia»

Il presagio gettò nello sconcerto le donne romane ed i loro mariti. Nessuno capiva in quali termini andasse inteso quel “penetrare”. Un indovino etrusco risolse l’enigma sacrificando un capro, facendo delle strisce con la sua pelle, ed ordinando alle donne di farsi frustare sulle mani e sulla schiena. Nove mesi più tardi Giunone Lucina non sapeva più dove sbattere la testa[22].

Giunone armata di pelli di capra

Giunone quindi è particolarmente presente a febbraio. Era comparsa già il primo del mese come Iuno Sospita, armata con scudo bilobato, lancia e pelli di capre (elemento che la collega evidentemente ai lupercalia), ora compare nuovamente sotto forma dell’oggetto che deve garantire la fertilità della terra e delle donne. Questo ruolo della terra, della donna, e di Giunone non va visto con gli occhi di oggi, né giudicato come un ruolo di secondo ordine. La fertilità della terra e delle donne era una questione fondamentale per la sopravvivenza di una qualsiasi società umana. Infatti senza la fertilità del suolo non si può mangiare, e senza la fertilità delle donne non c’è futuro per l’essere umano.
Giunone quindi si esprime in questa festa nel suo duplice ruolo di divinità pubblica dello Stato e di divinità che si occupa delle donne in ambito privato.

Il ruolo sacro dei Luperci

Il ruolo dei Luperci esprime invece la sfrenatezza faunesca, sessuale, di tipo maschile. Vi è quindi un’associazione tra Fauno e Giove che è possibile solo in questo momento. L’associazione si forma già alle Idi di Febbraio (festa di Giove) in cui compare Fauno, e due giorni dopo troviamo i Luperci che vestono come Fauno alla presenza del Flamine di Giove.
Lo stato di confusione dei ruoli non deve stupire. Ricordiamo che i simboli ed i generi tra le divinità Romane sono solo simbolici, rappresentano le forze attive (es. Sole) e le forze passive (es. Luna), non certo i generi in senso umano; quindi nulla di strano nel fatto che in alcune occasioni motivate da significati rituali ci siano scambi di simboli o addirittura cambi di genere.

Il contesto cosmico

Siamo nel mese di Febbraio, cioè nel mese posto tra la nascita del tempo (Gennaio) quando Giove bambino viene curato da Esculapio, e Marzo quando Giove divenuto “adulto” prende il pieno potere ed inizia l’anno sacro. Quindi a Febbraio vige un caos residuo della ricreazione del cosmo, che va purificato, in cui tutto è possibile, e la purificazione serve a rendere possibile solo il positivo.
Non solo, Giove è in una fase -potremmo dire- “adolescenziale” in cui regna l’apice della potenza generativa, eppure confusa e caotica. Questo viene messo in analogia anche con le età dell’uomo.[23] Perciò le età dell’uomo vengono messe in paragone con le età della crescita del Cosmo, e quindi non è strano vedere un Giove “adolescente” accostabile a Fauno, nella sua sfrenatezza virile, che va purificata affinché non immetta semi che potrebbero danneggiare il nuovo anno. In questo momento di passaggio i Romani percepiscono la necessità di ritualizzarlo e sfruttarlo per il bene della propria società. Secondo alcune interpretazioni, i Lupercalia avevano anche una terza funzione -dimenticata al tempo delle nostre fonti- di rito di passaggio dall’infanzia all’adolescenza, paragonabile a quello dei Liberalia in cui gli adolescenti diventano adulti.

Conclusioni

Il legame che c’è tra potenza virile e purificazione ci pare oggi abbastanza difficile da coniugare. Millesettecento anni di castrante cultura mediorientale -e derivazioni successive-, ci hanno fatto collegare il pene e l’atto sessuale a qualcosa di sporco da stornare. Invece nel mondo romano il pene era simbolo non solo di potenza e virilità, ma veniva anche utilizzato per scacciare i mali, come simbolo di fertilità. L’obbiettivo del rito è quindi quello di purificare i Luperci affinché possano instillare la fertilità positiva nel nuovo anno.

Emanuele Viotti

 

NOTE:

[1] Per approfondire questo mese si veda E.Viotti, “Febrarius: il mese delle purificazioni”, Ad Maiora Vertite, 2017

[2] Raccolte da G. Boni nel 1899; riesaminando i resti ossei animali provenienti dallo scavo G.A.Blanc e C.A. Blanc identificarono queste ossa perciò è da attribuire a loro la scoperta (Blanc-Blanc 1958)

[3] Plutarco Romolo, XXI,4

[4] “nata fra pastori e villani, in base a un vincolo silvestre certamente istituito prima di ogni vita civile e legale”, Cicerone, Pro Caelio, 26

[5] Livio, aUc, I,5; Valerio Massimo, XLIII,1; Dionigi di Alicarnasso, I, 32,3

[6] Varrone, in Arnobio, Adversus Nationes IV,4

[7] Servio, Commentarii in Vergilii Aeneidos libros, VIII, 343

[8] Quintiliano, I,5, 66

[9] Varrone, de lingua latina, V,85; VI,13 e Ovidio, Fasti, II, 421

[10] Ovidio, Fasti, II,423

[11] Dumezi, La religione romana arcaica, rizzoli, 1977, p 306

[11b] devo ringraziare Stefano Bianchi dell’MTR per la puntuale precisazione della questione sodali-sacerdoti che mi ha portato a correggere questo paragrafo.

[12] Il concetto di iniziazione nel mondo romano non va inteso come nel linguaggio comune odierno, bensì come un rito di passaggio, infatti nulla aveva di misterico la Religione Romana se non alcuni culti a cui avevano accesso solo determinate classi. Ad esempio solo le donne libere per il culto di Bona Dea.

[13] Plutarco, Romolo, 21,10 e 13; Plutarco, Questioni Romane, 111; è interessante notare anche il ritrovamento di resti di capre e cani sacrificati presso il lapis niger, dove si dice che sia morto Romolo, che sono stati messi in connessione proprio con i Lupercalia, G. Boni (1899)

[14] Festo, 75sg L

[15] Valerio Massimo, II,2,9 nella leggenda della fondazione; Cicerone, Filippiche, III,12 a proposito di Antonio quando vi partecipò

[16] La descrizione del rito è data da Plutarco, Romolo XXI, 6 e Questioni Romane 68; mentre il dettaglio che le donne cercano di farsi colpire è in Ovidio, Fasti, II, 425

[17] Iustinus, XLIII, 1

[18] Cicerone ibid.

[19] Lattanzio, Divine Istituzioni, I,21

[20] Censorino, De Die Natali, XXII

[21] Dumezil, La Religione Romana arcaica, Rizzoli, 1977, p. 308

[22] Ho riportato questa battuta identica all’originale di Dumezil (op. cit), poiché l’ho trovata perfettamente attinente nella sua acuta ironia. Lucina era un aspetto di Giunone connesso alla nascita dei bambini.

[23] Ne abbiamo trattato precedentemente analizzando i mesi dell’anno.

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