<Ho detto poco prima che, delle tre condizioni necessarie al conseguimento della gloria, la terza si adempie quando gli uomini, professandoci la loro ammirazione, ci stiamo degni dei più alti onori.
Ebbene, gli uomini ammirano generalmente tutte quelle qualità che ai loro occhi appaiono grandi e straordinarie. Ma riservano la loro particolare ammirazione a quelle buone qualità che, inaspettate ed insospettate, si rivelano nelle singole persone.
Pertanto, essi, guardano riverenti ed innalzano al cielo quegli uomini nei quali credono di scorgere certe eminenti e singolari virtù, e guardano invece dall’alto in basso e disprezzano coloro nei quali, secondo la loro opinione, non c’è ombra né di valore, né di coraggio, né di energia.
Perché essi non disprezzano già tutti coloro dei quali hanno cattiva opinione.
Infatti quelli che, a loro giudizio, sono malvagi, malefici, fraudolenti, e pronti a fare oltraggio, essi non li disprezzano affatto, eppure ne hanno cattiva opinione.
Perciò, come ho detto ora, sono oggetto di disprezzo soltanto coloro che, come si sul dire, non sono buoni “né per sé né per gli altri”, coloro, cioè, che non hanno nessun amore al lavoro, nessuna attività operosa, nessun interesse per nulla.
Sono invece grandemente ammirati quelli che, nel comune giudizio, vanno innanzi agli altri per valore e che sono puri e privi d’ogni bruttura morale, come anche di quelle debolezze alle quali gli altri uomini non sanno facilmente resistere.
In verità, i piaceri, lusinghieri tiranni, distolgono e sviano dalla virtù l’animo della maggioranza; e quando avanzano le fiaccole del dolore, i più si sgomentano oltre misura; la vita e la morte, le ricchezze e la povertà turbano profondamente tutti gli uomini.
Ma quando si vede che alcuni, dotati di animo nobile e grande, e se si offre loro qualche onorevole e gloriosa impresa, a quella si volgono e si consacrano con tutto l’ardore, chi, allora, non ammira lo splendore e la bellezza della virtù?>
Cicerone, de officis, II,10