Sacrifici umani in Roma antica

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E’ difficile per noi conciliare l’immagine romantica di una Roma illuminata, elevata, acculturatrice, con quella truculenta del sacrificio umano.
Questa inconciliabilità è però causata da una pregiudizio nostro dettato da un’evoluzione culturale (che ebbero gli stessi romani come vedremo) che ci ha portati a ritenere il sacrificio umano come un qualcosa di veramente sbagliato. Invece stupirà sapere che i sacrifici umani li troviamo in Roma non solo nelle epoca più antiche ma anche in un periodo relativamente recente.

Andiamo però con ordine.

[questo articolo è solo l’anteprima di uno più approfondito di 55 pagine che potete scaricare QUI]

Nel contesto Italico, da dove non ci dimentichiamo che Roma nasce, i sacrifici umani esistono.
Già negli abitati protourbani della prima età del ferro (IXsec ac) troviamo sacrifici rituali; nell’area sacra di Tarquinia (città da dove vengono i Re etruschi di Roma) si trova ad esempio lo scheletro di un bambino epilettico sacrificato, probabilmente per sgozzamento (evidente dalle analisi in laboratorio) [1], troviamo poi riferiti a periodi più recenti anche tre neonati ed una donna anch’essi sacrificati.

Ma non solo anche a Chiusi riscontriamo sacrifici umani, a Poggio Renzo sono stati ritrovate cinque tombe, di queste una sembrerebbe mostrare la sepoltura di una persona sacrificata [2] straniero, probabilmente di origine mediorientale o asiatica, legato, inginocchiato e anche lui sgozzato. Similmente nella Necropoli di Tolle (Chianciano Terme), un’area con circa mille sepolture a fossa ad incinerazione ed inumazione, tra queste 10 sono di sacrifici umani.

Uscendo dall’Etruria scopriamo che a Creta sono stati ritrovati resti di sacrifici umani, tra cui il cranio di donna sfondato alla fronte risalente al 1280ac (quindi periodo Miceneo) posto insieme ad altri crani animali.

La scopritrice, archeologa Maria Andreadakis-Vlazakis, aggiunge nella sua intervista all’ansa che non c’è da stupirsi in quanto la presenza di sacrifici umani in Grecia non è una rarità, ed anzi compare anche nella mitologia.
Ancora ne troviamo a livello di fonti letterarie: è proverbiale il Sofisma dei Tessali che era un’ecatombe umana rimandata di anno in anno.

Similmente si riscontrano sacrifici umani anche presso i Celti, celebri sono i santuari di River Walbrook  di Londra e di Gournay-sur-Aronde dove sono stati ritrovati resti di sacrifici umani.

Nei pressi di Padova poi è stato ritrovato un cavallo con il suo stalliere entrambi sacrificati, segno che anche i Venetkens (popolo considerato dai romani come suo fratello) compivano questo genere di riti.

Esempi simili poi si possono ritrovare anche nella storia più recente (poi ne citeremo qualcuno), ma quel che mi interessava mettere in evidenza è che nel contesto nel quale Roma nasce si trovano esempi di sacrifici umani.

E a Roma?
Be’ citiamo come primo esempio il mito di Romolo e Remo, nel quale il primo uccide il secondo a seguito dell’atto sacrilego di aver violato il pomerium (il confine della città), e che quindi necessitava di un’espiazione.
E così anche quando i senatori uccisero Romolo per poi scomporlo e portarne i pezzi ognuno presso il proprio rione, anche questo è chiaramente un sacrificio umano.
Andrea Carandini, colui il quale si è occupato degli scavi sul Palatino per oltre vent’anni, e che ha ritrovato numerosi edifici antichi, e dimostrando la sostanziale veridicità del mito di fondazione e delle innovazioni dei Re di Roma, tra le sue scoperte lungo il muro della prima fondazione (c.d. di Romolo), sotto Porta Mugonia, la porta più antica della città, ha portato alla luce un sacrificio di bambina decapitata e sepolta con corredo [3].
Troviamo anche un’area di sepolture miste adulti-bambini, alle pendici settentrionali del Palatino, anch’essi come esito di comportamenti sacrificali. Inoltre sembrerebbe che i “sacrifici di fondazione” tendano a comparire come vivisepolture [4], ed in questo senso si giustificherebbe la punizione che spettava alle Vestali che violavano la castità (una rifondazione del Tempio di Vesta).

L’uccisione della Vestale rea, per altro prevede che vi sia un ricco corredo, e che non sia nella nuda terra, quasi che si cerchi di espiare a sua volta l’uccisione di una vestale. Come se si volesse espiare il sacrificio espiatorio.

Altri particolari interessanti del rito sono che: la Vestale viene condotta su una lettiga oscurata in modo da evitare che possa essere vista, all’arrivo viene fatta scendere, ma è velata poiché il Pontefice Massimo (il quale officia il rito) non può guardare un cadavere, e questo è molto interessante perché agli occhi dei Romani evidentemente la Vestale impura era già morta; come se la violazione del suo giuramento equivalesse alla morte stessa, che poi i romani si limitano a portale al normale esito. Ed il normale esito della morte è la sepoltura. Questo rito avveniva presso il campus sceleratus che si trovava presso Porta Collina; e risulta eccezionale in quanto tutti gli altri esempi di vivisepoltura che troviamo avvengono fuori dalle mura. Si noti comunque che la vestale è sì colpevole, ma questo sacrificio non vale a punirla per una colpa (come avviene invece nel caso dello spegnimento del Sacro Fuoco), bensì vale come rito di purificazione.

Bisogna sottolineare che nessuno di questi esempi riguarda un prodigium, cioè una di quelle situazioni dove bambini o animali nati deformi vengono sacrificati per stornare il segno nefasto (Livio XXVII,37,5; Tibullo II,5,79ss).

Un altro esempio di vivisepoltura che abbiamo riportato dalle fonti è quello dell’origine del Lacus Curtius: quando nel Foro si aprì una voragine, venne vaticinato che doveva essere consacrata con la cosa più preziosa del popolo romano. Fu allora che Marcus Curtius avendo presente che il bene più grande di Roma erano le armi ed il valore (arma virtusque) egli vi si precipitò dentro con il suo cavallo, e allora il crepaccio si chiuse. Gettandosi nella fossa egli invocò gli Dei Mani, similmente a come avviene con la devotio, che è un particolare esempio di sacrificio umano che abbiamo già trattato. Sul luogo della sua morte esisteva fino al 46ac un’ara che ne commemorava il gesto [5].

Ancora sul piano mitico possiamo porre come esempio il ritrovamento della testa sul Campidoglio da cui prese il nome (caput) il colle [6]. Come abbiamo visto in ambito etrusco si trovano sepolture di singole teste o di corpi decapitati esito di un sacrificio umano; e quindi è indice di un sacrificio umano precedente alla costruzione del tempio di Giove Ottimo Massimo.

Ancora abbiamo -ancora in età storica- i residui di un sacrificio umano chiamato “rito degli Argei”, nel quale ogni anno il giorno prima delle Idi di Maggio [7] le Vestali alla presenza di altri sacerdoti (ma presumibilmente non il Pontefice Massimo) gettano nel Tevere 27 uomini fatti di giunchi dal Ponte Sublicio, chiamati Argei. Il rito era il prodotto di un’indicazione dei Libri Sibillini, ed erano utilizzati questi giunchi come surrogato di sacrifici umani veri e propri. Dal punto di vista mitico Ovidio narra che fu Giove ad imporre il sacrificio annuo di due del popolo in onore di Saturno. Saturno che dava il nome al Campidoglio prima della scoperta del capo sacrificato.
Il sacrificio umano venne sostituito con quello dei fantocci da Ercole, quando venne e pose il divieto di questa pratica (Macr. Sat., I,7,31).
Anche se a dire il vero secondo Ennio [8] fu Giove il primo a vietare i sacrifici umani.

Nel mito della nascita della festa del Tigillum Sororium del 1 ottobre, si propone un altro sacrificio umano, che è quello della sorella di uno degli Orazi con la colpa di aver pianto per la morte del fidanzato che era nemico della città.
Ed un simile destino ha la ragazza che Tarquinio il Superbo aveva violentato e la quale si uccide poiché il suo corpo è stato reso impuro (un po’ come per le Vestali vivisepolte) dalla lussuria del Re; e non dissimile storia è quella della donna uccisa dal padre per salvarla dall’obbligo di essere schiava (sessuale leggendo gli intenti) di Appio Claudio che la ottenne con un trucco di procedura.


Abbiamo fatto un lungo elenco di donne sacrificate, ma non si pensi che sia una questione esclusivamente sessuale, non è così.
L’offerta delle Spoliae Opimiae, cioè l’armamento del nemico offerte a Giove Feretrio sul Campidoglio, e che potevano essere offerte solo dal comandante romano che avesse ucciso in duello il comandante nemico. Naturalmente in questa prospettiva è chiaro che il duello assume un quadro assolutamente religioso. Così come è religiosa la devotio.
Abbiamo poi altri riti non chiaramente espressi, ma che sembrerebbero riconducibili ad un rito simile alla devotio (o comunque che ne hanno memoria) e che riscontriamo variamente nelle fonti, un esempio per tutti: quando durante l’assedio dei Galli del 390ac gli anziani decisero di lasciare che sul Campidoglio salissero per trincerarsi solo i giovani ed il Senato, mentre loro per non sprecare le poche vettovaglie rimasero in città nelle proprie case, ed infatti dalla descrizione che ce ne fa Livio [9] si direbbe proprio una devotio da parte degli ex magistrati curuli, quindi dai senatori o ex senatori più importanti, che erano a loro volta rei di non aver ascoltato la voce ai Aio Locuzio, e quindi tanto valeva “devolversi” per la difesa di Roma. Per ulteriori dettagli sulla devotio si veda l’articolo precedente. Un dettaglio che vorrei evidenziare, come scritto più in meglio nell’articolo di cui il link, nel caso in cui il comandante romano non morisse durante la devotio, allora egli era considerato exsecratus e per questo non poteva compiere nessuna azione, nemmeno sacrificare agli Dei (salvo offrire le proprie armi a Vulcano), ed al suo posto veniva sepolta una statua. Questo a indice del fatto che, come nel caso delle Vestali prima citate, nella mentalità romana è possibile morire pur rimanendo fisicamente in vita, ma in questo caso è necessario compiere i riti funebri necessari; e -come abbiamo detto- una volta compiuta l’azione (dissacrante per le Vestali, sacra per la devotio) si è di fatto già morti anche se non è ancora avvenuta. La differenza tra i due esempi, motivo per il quale una viene sepolta viva mentre l’altro sopravvive ma è escluso da ogni azione umana, è che nel caso della Devotio il soggetto è carico di una maledizione, e quindi se venisse ucciso scatenerebbe la sua maledizione sull’uccisore, quindi si seppellisce una statua come sostituto.

Anche Mezio Fufezio viene sacrificato, infatti è indicativa la scelta della sua pena: poiché alleato dei romani rimase nel dubbio se aiutare i romani di Tullo Ostilio in battaglia fin quando non era chiaro che di questi era la vittoria, per analogia il Re dei romani lo fece legare a due cavalli e galoppare ai lati opposti. Il valore analogico evidenziato dallo stesso Re per cui così com’era indeciso da le due parti, così sarebbe stato separato nel corpo, ha un valore di sacrificio umano con funzione espiatoria non dissimile da quello visto per le Vestali.
Ovvero la logica è che il comportamento è un’espressione che deve essere coerente con quella del corpo per mantenere l’ordine universale e la pax deorum: perciò come la Vestale muore violando il giuramento, così deve essere seppellita; similmente Mezio Fufezio che era diviso nell’animo tra combattere con o contro i romani, così sarebbe stato diviso nel corpo.
Ed è in questo unico modo che può spiegarsi la compresenza dei sacrifici umani in un contesto dove gli Dei non provano sentimenti ma sono “soltanto” Numi.

Altri esempi di sacrifici infantili si trovano lungo il perimetro della prima fase dell’Auditorium Flaminio e similmente nell’edificio tardo arcaico di Acqua Acetosa Laurentina, quasi che fosse necessario per fondare un confine il sacrificio umano [10].

Non abbiamo poi ancora citato i più noti sacrifici umani compiuti per ben tre volte nel 228, nel 216 e nel 113ac, per rispetto a quanto indicato dai Libri Sibillini interrogati per salvare Roma.
Il primo caso riguarda la protezione da una nuova guerra contro i Galli [11], il secondo per la protezione dopo la disfatta di Canne [12], il terzo per proteggersi da una serie di segni nefasti: una donna a cavallo fulminata e trovata morta in posizioni oscene, indice di momenti negativi per i cavalieri e tradimento delle vestali (cose che poi avvennero), allo scopo di stornare questi eventi si compì il sacrificio [13].
Questi tre sacrifici hanno delle caratteristiche in comune: vengono indicati dai Libri Sibillini (quanto di più romano ci fosse), prevedono di mettere a morte un Greco, una Greca, e due Galli anch’essi di sesso opposto, ed in tutti e tre i casi questi venivano sepolti vivi in una fossa presente nel foro boario.
Livio e Plutarco cercano di sottolineare la non romanità di questi sacrifici, in modo però poco credibile, innanzi tutto perché se esiste una fossa creata appositamente per questi sacrifici allora era usanza -sicuramente non abituale- sacrificare questi quattro stranieri; inoltre Livio nel passo citato dice anche che la fossa era ancora pieno del sangue dei sacrifici precedenti; quindi non è credibile la teoria che fossero riti non romani ed unici: come per altro abbiamo evidenziato fino adesso. 

Sembrerebbe che gli stessi giochi gladiatorii siano nati a scopo rituale, rito che poteva anche concludersi con la morte di uno dei combattenti, divenendo il sacrificio del rito (o sopravvivere e diventare l’incarnazione di Ercole). Plinio ci riporta una cosa dal sapore un po’ macabro, e cioé che usava bere il sangue dei gladiatori come cura contro l’epilessia e per rafforzarsi, anzi addirittura indica che la cosa migliore è berlo ancora caldo da un gladiatore morente <succhiando la ferita dell’uomo non ancora morto, e l’anima insieme col sangue> [14] e poi conclude dicendo che è meglio non fare altrettanto con gli animali. Se a qualcuno interessa egli prosegue con una serie di altri esempi truculenti. Solo per stomaci forti.

Avendo raggiunto il climax di questo articolo horror, abbiamo un più o meno lieto fine. Nel 97ac il Senato di Roma decise che alla fine questa storia di sacrificare le persone non andava più bene, e rese illegali uccidere qualcuno a scopo di sacrificio [15]. Anche se a dire il vero altri sacrifici umani proseguirono eccezionalmente per vivisepoltura (fatta la legge, trovato l’inganno) [16].

Tra gli esempi c’è quello di Ottaviano Augusto, il quale dopo aver assediato Perugia nell’inverno 41-40ac, ed espugnata la città, fece sacrificare ai Mani della sua famiglia trecento notabili. Questo esempio è stato messo a confronto con il massacro dei romani nel foro di Tarquinia nel 358ac [17]
Ed anzi l’eredità dei sacrifici umani venne presa dal cristianesimo, che riprese a compierli in nome della presunta verità divina, infatti l’uccisione degli infedeli corrisponde prima di tutto ad impedire a questi uomini di offendere il loro dio, o per punirli; cioè si tratterebbe di sacrifici a scopo purificatorio per loro e per la comunità. Cioè li uccidevano per il loro bene in sostanza.

Per voler dare un senso generale a tutti questi esempi, ed ai sacrifici umani più in generale sono state distinte quattro tipologie [18]:
1) il “capro espiatorio”;
2) il sacrificio del primogenito;
3) il “suttee” (che in Roma sembrerebbe non comparire);
4) il sacrificio dei prigionieri.

Il capro espiatorio è il mezzo tramite il quale la comunità identifica un individuo quale colpevole delle sventure e per questo sacrificato (è il caso delle Vestali);

Il sacrificio del primogenito è certamente attestato nel contesto fenicio-punico come rituale per il dio Moloch, mentre risulta incerto negli infanti che abbiamo citato per le fasi più antiche di Roma;

Il suttee sarebbe la sepolture della moglie, degli inservienti, e degli individui appartenenti alla cerchia di un capo defunto, insieme al capo stesso, per continuare a servirlo nell’aldilà, questo non sembrerebbe attestato in Roma, nè in Etruria, compare invece presso i Veneti con uomini e cavalli;

Il sacrificio dei prigionieri sembrerebbe finalizzato a placare l’anima del defunto (e questo è evidentissimo nel caso ultimo di Augusto).

(Per ulteriori approfondimenti vedasi nota 17)

Le ragioni del senso del sacrificio sono molto difficili da penetrare. In Roma il sacrificio umano per quanto chiaramente attestato risulta quantitativamente irrisorio (si consideri che gli esempi qui raccolti sono da distribuire in un arco di tempo di quasi mille anni!).
Questo farebbe pensare che il valore della vita umana fosse relativamente elevato, e proprio per questo suo immenso valore veniva sacrificata soltanto in situazioni veramente difficili, nel quale era prioritario salvaguardare lo Stato, la comunità, la Cosa Pubblica. Quindi ogni qual volta lo Stato aveva bisogno di aiuto (fosse anche per la fondazione dei suoi elementi principali) viene richiesto di sacrificare un essere umano.


Anche in questo senso si riconferma la dissacrazione e la distruzione dei contenuti sacrali di Roma con Ottaviano. Ciò che prima prevedeva l’uccisione di un essere umano, il suo sacrificio, era esclusivo diritto della Res Publica (della Cosa Pubblica, ovvero dello Stato, ovvero della Comunità, ovvero di tutti) e diversamente questo atto viene punito (vedi il Tigillo Sororium), a partire dalla nascita del Principato, Ottaviano si arroga il diritto di sacrificare degli esseri umani in nome delle proprie divinità familiari: non come facevano i Rex che agivano di propria iniziativa in nome della Cosa Pubblica, bensì egli agisce per conto di un interesse privato (i manes Iulii).
Il caso citato di Perugia non è isolato infatti, al termine dell’uccisione di tutti i cesaricidi egli farà costruire il tempio di Marte Ultore (=Vendicatore), consacrando così la nascita di una nuova mentalità religiosa di stampo assolutamente tirannico, nel quale il Principe/Imperatore e la Res Publica sono la medesima cosa. E questo atto di compiere sacrifici umani a livello privato viene diversamente criticato dalle fonti ed attribuito soltanto ai disumani nemici interni come Catilina ed Eliogabalo [19]

Ed è sempre Ottaviano che impone a tutti la venerazione per il proprio Genius personale, per le divinità familiari della propria famiglia, e quindi arrogandosi il diritto di compiere sacrifici umani di propria libera iniziativa, essendosi fatto proclamare dal Senato con una serie di titoli che di fatto lo rendevano al pari di un despota tipicamente orientale (caratteristico in particolare della cultura giudaica) mandando legionari in armi in un luogo sacro quale era la Curia[20], all’interno dei sacri confini d’Italia e della città.
Ed infatti le caratteristiche dei monarchi cristiani del medioevo, e del potere temporale ecclesiastico, sono le stesse che per primo porta Ottaviano a Roma.
[21].

Oggi i sacrifici umani esistono ancora, e sono praticati in poche società c.d. primitive, e in rari ambiti di fanatismo religioso, non solo in oriente con l’ISIS (ormai sconfitto i giornali dicono), ma anche in occidente [22]

Emanuele Viotti

[questo articolo è solo l’anteprima di uno più approfondito di 55 pagine che potete scaricare QUI]

 

NOTE:
(Per approfondire prove sulle origini non straniere del sacrificio umano, Fraschetti 1981, e Di Fazio 2001)

1 Bonghi Jovino
2 Maria Angela Turchetti
3 riportato da Domenico Oliva, “Sacrifici Umani e Sepolture rituali tra Etruschi e Romani”
4 Sallustio, Bellum Iugurtinum, riportato in ibid.
5 Plinio, Naturalis Historia XV
6 Varrone, De Lingua Latina, V, 5,41
7 Ovidio, Fasti; si noti che invece Dionigi Alicarnasso, Antichità Romane I,38 lo pone il giorno delle Idi
8 frammenti vari
9 aUc V,41
10 Domenico Oliva, Sacrifici Umani e Sepolture rituali tra Etruschi e Romani
11 Plutarco, Vita di Marcello 3,6ss
12 Livio XXII,57,6
13 Plutarco, Questioni Romane, 83
14 Plinio, Naturalis Historia, XXVIII, 2
15 “Un ornamento senza onore: l’Ercole davanti all’ingresso della Porticus ad Nationes”, Massimiliano Papini, in “Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma”, CXV, 2014
16 Domenico Oliva, “Sacrifici umani nell’Antica Roma, sepolture rituali e pax deorum”
17 Atti Accademia Nazionale dei Lincei, 2001, scienze morali storiche e filologiche, rendiconti, serie IX, vol. XII, fascicolo 3; Sacrifici umani e uccisioni rituali nel mondo etrusco, Massimiliano di Fazio, pp. 445ss
18 Steel 1995, p.27
19″Un ornamento senza onore: l’Ercole davanti all’ingresso della Porticus ad Nationes”, Massimiliano Papini, in “Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma”, CXV, 2014
20 Sallustio
21 Quindi nulla vi è di diverso tra “Ottaviano figlio del divino Cesare, Augusto, Tribuno della Plebe, Console, Imperatore, Pontefice Massimo, Padre della Patria” ed un “Serse figlio di Ra, Horo, colui che regna sul giunco e sull’ape, Re di Persia e d’Egitto, Horo d’oro” o del tanto odiato ben lontano, ma cristianissimo “Luigi XVI, Augusto, Re di Francia e Navarra, Delfino di Francia, Re dei Francesi, Duca di Berry”: tutti e tre infatti oltre ad aver titoli che gli attribuivano un potere ed una origine in qualche modo divina, si prendono delle libertà assolute identificando sé stessi nello Stato. E non in ultimo compivano sacrifici umani di propria libera iniziativa. L’accusa di “Lesa Maestà” esistente in tutte le monarchie cristiane, così come in quella di Ottaviano, assumono (al contrario di oggi) un carattere assolutamente religioso essendo che questi monarchi sono a tutti gli effetti indicati o figli della divinità, e di conseguenza la messa a morte o la repressione forzata di ribelli o di chi si oppone a tale sovraumanità in Terra è a tutti gli effetti una uccisione rituale o di un sacrificio umano.
22 il famoso caso del suicidio di massa del Tempio del Popolo nel 1978, ma non è l’unico caso anche se il più di ampia portata

2 commenti su “Sacrifici umani in Roma antica”

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