Chi è nobile?

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Chi è nobile? Chi dalla natura è stato ben disposto alla virtù. Bisogna guardare solo a questo: altrimenti, se ci rifacciamo ai tempi antichi, tutti provengono da un punto prima del quale non c’è niente. Una serie alterna di splendori e miserie ci ha condotto dalla prima origine del mondo fino ai nostri tempi. Non ci rende nobili un ingresso pieno di ritratti anneriti dal tempo; nessuno è vissuto per nostra gloria e non ci appartiene quello che è stato prima di noi: ci rende nobili l’anima, che da qualunque condizione può ergersi al di sopra della fortuna.

Immagina, dunque, di essere non un cavaliere romano, ma un liberto: puoi ottenere di essere il solo uomo libero tra uomini nati liberi.

“Come?” mi chiedi. 

Se distinguerai il male e il bene senza seguire il parere della massa. Bisogna considerare non l’origine, ma il fine delle cose. Se ce n’è qualcuna che può rendere felice la vita, è un bene di per sé; non può infatti degenerare in un male. Qual è, allora, lo sbaglio che si fa, visto che tutti desiderano la felicità? Gli uomini la confondono con i mezzi per raggiungerla e mentre la ricercano, ne fuggono lontano.

Il culmine di una vita felice è una sicura tranquillità e un’inalterata fiducia in essa, e invece tutti raccolgono motivi di inquietudine e portano, anzi trascinano, il loro carico attraverso l’insidioso cammino della vita; così si allontanano sempre di più dallo scopo al quale tendono e, più si danno da fare, più si creano impedimenti e retrocedono. Lo stesso accade a chi cerca di avanzare in fretta in un labirinto: la velocità stessa lo ostacola.
Vale.

Seneca, lettere a Lucilio, V,44,5-7

Quis est generosus? ad virtutem bene a natura compositus. Hoc unum intuendum est: alioquin si ad vetera revocas, nemo non inde est ante quod nihil est. A primo mundi ortu usque in hoc tempus perduxit nos ex splendidis sordidisque alternata series. Non facit nobilem atrium plenum fumosis imaginibus; nemo in nostram gloriam vixit nec quod ante nos fuit nostrum est: animus facit nobilem, cui ex quacumque condicione supra fortunam licet surgere. [6] Puta itaque te non equitem Romanum esse sed libertinum: potes hoc consequi, ut solus sis liber inter ingenuos. ‘Quomodo?’ inquis. Si mala bonaque non populo auctore distineris. Intuendum est non unde veniant, sed quo eant. Si quid est quod vitam beatam potest facere, id bonum est suo iure; depravari enim in malum non potest. [7] Quid est ergo in quo erratur, cum omnes beatam vitam optent? quod instrumenta eius pro ipsa habent et illam dum petunt fugiunt. Nam cum summa vitae beatae sit solida securitas et eius inconcussa fiducia, sollicitudinis colligunt causas et per insidiosum iter vitae non tantum ferunt sarcinas sed trahunt; ita longius ab effectu eius quod petunt semper abscedunt et quo plus operae impenderunt, hoc se magis impediunt et feruntur retro. Quod evenit in labyrintho properantibus: ipsa illos velocitas implicat. Vale.

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