<Ma Socrate, che aveva rinunciato alla vita contemplativa e che amava la vita attiva, non era signore neppure di sua moglie, né di suo figlio: certo, gli capitava di comandare su due o tre cittadini. Forse che anche lui non era uomo di azione, poiché non era signore di nessuno?
Eppure io dico che il figlio di Sofronisco ha compiuto imprese più grandi di quelle di Alessandro: gli attribuisco la sapienza di Platone, le capacità militari di Senofonte, il valore di Antistene, la filosofia di Eretria e di Megara, Cebete, Simma, Fedone e migliaia di altri; e non parlo delle scuole che ci sono venute di lì: il Liceo, il Portico, le Accademie. Chi fu salvato dunque grazie alle vittorie di Alessandro? Quale città risultò meglio governata? Quale privato cittadino fu reso migliore? Troverai molti divenuti più ricchi, ma nessuno più saggio, neppure lui di sé stesso, se non lo troverai addirittura più superbo e insolente. Al contrario, quanti oggi si salvano grazie alla filosofia, si salvano attraverso Socrate. […] concepire opinioni vere intorno al dio non è solo opera della perfetta virtù, ma ci sarebbe ragione di chiedersi se una persona simile si debba chiamare uomo o essere divino. Se infatti è vero ciò che si dice, che è proprio della natura di ogni cosa essere conosciuta da quanto ha affinità con essa, come verosimilmente si dovrebbe giudicare un intelletto che ha conosciuto l’essenza divina?>
Imp. F. C. Giuliano, Lettera a Temistio, 10