Stranieri in Senato

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“Sotto il consolato di A. Vitellio e L. Vipstano [48dc n.d.r.], mentre si discuteva del modo di integrare il Senato, i capi della Gallia che ha nome “Comata”, che già avevano acquistato i diritti dei federati e della cittadinanza romana, richiesero la facoltà di ottenere cariche in Roma, il che suscitò molti e svariati commenti. Si discuteva di questo presso il principe, partendo da opposti punti di vista […varie argomentazioni sul perché non bisognava ammetterli n.d.r….]. Tali discorsi non commossero il principe che, convocato il Senato, si affrettò a confutarli, cominciando così:
<I miei maggiori, al più antico dei quali, Clauso, venuto dalla Sabinia, furono conferiti insieme la cittadinanza Romana e il patriziato, mi esortano ad adottare gli stessi criteri nel governare lo Stato, col far venire in Roma quanto di pregevole vi sia altrove. Non ignoro, infatti, che i Giulii furono chiamati da Alba, i Coruncanii da Camerino, i Porcii da Tuscolo e, per non risalire ad epoche più antiche, dall’Etruria, dalla Lucania e da tutta l’Italia furono chiamati uomini al Senato romano. L’Italia stessa portò i suoi confini alle Alpi, in modo che non solo i singoli individui, ma le terre e le genti si congiunsero strettamente in nostro nome. Allora in patria fiori pace duratura e noi toccando il massimo della potenza nei rapporti con le altre genti, quando, accolti come cittadini i Transpadani, si poté risollevare indebolito impero, assimilando i migliori elementi provinciali, col pretesto di fondare colonie militari. È il caso forse, di pentirsi che dalla Spagna siano venuti i Balbi e dalla Gallia Narbonense uomini non meno famosi? Rimangono i loro discendenti, che non sono a noi secondi nell’amore verso questa Patria. A quale altra cagione fu da attribuirsi la rovina degli Spartani e degli Ateniesi, se non al fatto che essi per quanto prelevassero militarmente, tenevano i vinti in conto di stranieri? Romolo, fondatore della nostra città fu invece così saggio che ebbe a considerare parecchi popoli in uno stesso giorno prima nemici e subito dopo concittadini. Stranieri ebbero presso di noi il regno, l’ affidare a figli di liberti uffici pubblici, non è, come molti falsamente credono cosa di questi tempi, ma già era stato fatto nella precedente costituzione. È pur vero che noi combattemmo contro i Senoni, ma non si sono forse mai schierati contro di noi in campo aperto i Volsci e gli Equi? Fummo sottomessi ai Galli, ma abbiamo anche consegnato ostaggi ai Tusci ed abbiamo subito dai Sanniti l’umiliazione del giogo. Pur tuttavia, se esaminiamo tutte le guerre, vediamo che nessuna si concluse in più breve tempo che quella contro i Galli con i quali in seguito fu pace continua e sicura. Ormai essi si sono assimilati a noi nei costumi, nelle arti, nei vincoli di sangue; ci portino anche loro oro, piuttosto che tenerlo per sé. Oh Padri Coscritti, tutte le cose che si credono ora antichissime, furono nuove un tempo: dopo i magistrati Patrizi vennero i Plebei, dopo i Plebei i Latini, dopo i Latini quelli degli altri popoli Italici. Anche questa nostra deliberazione invecchierà e quello che oggi noi giustifichiamo con antichi esempi, sarà un giorno citato tra gli esempi>.

A questo reazione il principe seguì una conforme deliberazione del Senato, e perciò gli Edui, per primi conquistarono il diritto senatorio. Tale diritto fu allora conferito in virtù dell’antico patto alleanza, perché essi soli fra i Galli avevano vincolo di fratellanza con il popolo romano. In quegli stessi giorni, Cesare accolse nel numero dei Patrizi coloro che da più anni avevano la carica di senatore, ho coloro i cui padri erano stati famosi, essendo pochi superstiti di quelle famiglie, che Romolo aveva chiamato delle genti maggiori e L. Bruto delle minori, ed essendosi estinte anche quelle famiglie che Cesare dittatore con la legge Cassia ed Augusto con la Senia aveva scelto, in sostituzione delle prime. Tali felici provvedimenti erano stati presi da Claudio come Censore con grande suo compiacimento.”

Tacito, Annali, XI, 23ss

Ho voluto postare questa citazione per mettere in evidenza l’enorme differenza che c’è tra quello che i Romani effettivamente facevano quando si trattava di dare la cittadinanza (o più complesso altri ruoli a livello di cariche pubbliche e di quale distanza temporale staimo parlando!), e quanto vorrebbero gli opposti schieramenti nella politica attuale: l’uno di totale chiusura su base razziale (ricordiamo che per i Romani i popoli del nord, Galli compresi, erano una razza inferiore), e l’altro totalmente liberale sull’idea del “diamo tutto a tutti”. La cosa grave è che entrambi gli schieramenti si appropriano indebitamente della politica immigratoria romana, che era (come si vede) ben diversa sia dall’una che dall’altra.

 

Emanuele Viotti

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