Servatam deinde bello patriam

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<Dopo aver salvato la patria in guerra, la salvò una seconda volta in pace, quando impedì che si emigrasse a Veio, benché i Tribuni dopo l’incendio della città [da parte dei Galli 390aev n.d.r.] agitassero la questione con maggiore vigore, e la plebe fosse di per sé più propensa a secondare questo proposito; e fu questo il motivo per cui dopo il trionfo non depose la dittatura, scongiurando il Senato di non abbandonare la Repubblica in una situazione incerta.

[50] Prima di tutto, rispettosissimo com’era delle cerimonie religiose, fece discutere tutte le proposte che riguardavano gli Dei immortali, e il Senato decretò che tutti i templi, in quanto li aveva occupati il nemico, fossero restaurati, delimitati e purificati, e che il rito della purificazione fosse ricercato dai duumviri nei Libri [Sibillini n.d.r.]; che si stringessero vincoli di ospitalità coi Ceriti per aver essi accolto gli oggetti sacri del popolo romano e le sue sacerdotesse, e perché per merito loro non era stato interrotto il Culto degli Dei immortali; che si celebrassero i Ludi Capitolini, perché Giove Ottimo Massimo aveva difeso, in una circostanza critica, la sua sede e la rocca del popolo romano; che a tale scopo il dittatore Marco Furio [Camillo n.d.r.] istruisse un collegio scegliendone i membri fra coloro che abitavano sul Campidoglio e nella rocca. Fu anche fatta la proposta di espiare la voce notturna ch’era stata udita annunziare la sconfitta prima della guerra gallica e che non era stata tenuta in alcun conto, e si ordinò di costruire sulla Via Nuova un tempio ad Aio Locuzio. L’oro che era stato tolto ai Galli e quello ch’era stato frettolosamente trasportato da altri templi nella cappella di quello di Giove, poiché non ci si ricordava bene in quali bisognava riporlo, fu dichiarato tutto sacro, e si ordinò di riporlo sotto il trono di Giove. Già precedentemente la religiosità dei cittadini  si era rivelata per il fatto che, non essendovi nelle casse dello stato oro sufficiente per mettere insieme la somma convenuta con i Galli, si era preso quello offerto dalle matrone per non toccare l’oro sacro. Alle matrone furono rese grazie, e ad esse fu inoltre concesso l’onore di ricevere alla loro morte, come gli uomini, l’elogio funebre. Attuati questi provvedimenti, sia quelli che riguardano gli Dei, sia quelli che potevano essere deliberati dal Senato, allora finalmente, poiché i Tribuni con continue assemblee istigavano la plebe a lasciare quelle macerie e a trasferirsi a Veio, una città bell’e pronta, egli, scortato da tutto il Senato, salì alla tribuna e tenne il seguente discorso.>

<Servatam deinde bello patriam iterum in pace haud dubie servavit cum prohibuit migrari Veios, et tribunis rem intentius agentibus post incensam urbem et per se inclinata magis plebe ad id consilium; eaque causa fuit non abdicandae post triumphum dictaturae, senatu obsecrante ne rem publicam in incerto relinqueret statu.

[50] Omnium primum, ut erat diligentissimus religionum cultor, quae ad deos immortales pertinebant rettulit et senatus consultum facit: fana omnia, quoad ea hostis possedisset, restituerentur terminarentur expiarenturque, expiatioque eorum in libris per duumviros quaereretur; cum Caeretibus hospitium publice fieret quod sacra populi Romani ac sacerdotes recepissent beneficioque eius populi non intermissus honos deum immortalium esset; ludi Capitolini fierent quod Iuppiter optimus maximus suam sedem atque arcem populi Romani in re trepida tutatus esset; collegiumque ad eam rem M. Furius dictator constitueret ex iis qui in Capitolio atque arce habitarent. Expiandae etiam vocis nocturnae quae nuntia cladis ante bellum Gallicum audita neglectaque esset mentio inlata, iussumque templum in Nova via Aio Locutio fieri. Aurum quod Gallis ereptum erat quodque ex aliis templis inter trepidationem in Iovis cellam conlatum cum in quae referri oporteret confusa memoria esset, sacrum omne iudicatum et sub Iovis sella poni iussum. Iam ante in eo religio civitatis apparuerat quod cum in publico deesset aurum ex quo summa pactae mercedis Gallis confieret, a matronis conlatum acceperant ut sacro auro abstineretur. Matronis gratiae actae honosque additus ut earum sicut virorum post mortem sollemnis laudatio esset. His peractis quae ad deos pertinebant quaeque per senatum agi poterant, tum demum agitantibus tribunis plebem adsiduis contionibus ut relictis ruinis in urbem paratam Veios transmigrarent, in contionem universo senatu prosequente escendit atque ita verba fecit.>

Livio, Ab Urbe Condita, V,49-50

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