<Ivi, mentre passavano tranquillamente il tempo nei posti di guardia, si fece innanzi un Gallo notevole per la sua statura e per le armi che portava; e dopo aver imposto silenzio percuotendo lo scudo con l’asta, sfidò a duello tramite l’interprete, uno dei Romani.
V’era un giovane tribuno militare, Marco Valerio, il quale reputandosi non meno degno che Tito Manlio di quell’onore, chiesto il permesso al Console, scese in campo armato. Il combattimento, meno insigne sotto l’aspetto umano che quello dell’intervento divino; infatti quando già il Romano stava venendo alle mani, d’improvviso un corvo si posò sul suo elmo, rivolto verso il nemico. In primo luogo il Tribuno accolse lieto questo fatto come un presagio favorevole inviato dal cielo; poi pregò che, se era un dio, se era una dea [si diuus, si diua esset] che gli aveva mandato quell’uccello, lo assistesse col suo favore e la sua protezione [volens propitius adesset]. Mirabile a dirsi, non soltanto l’uccello non si mosse dalla sua posizione una volta raggiunta, ma tutte le volte che si ricominciò il combattimento, librandosi in volo assalì col becco e con le unghie il volto e gli occhi del Gallo, finché questo atterrito com’era dalla vista vista di tale prodigio, con gli occhi e la mente annebbiati, Valerio lo uccise; il corvo scomparve dalla vista dirigendosi verso oriente.
Fino a questo momento gli uomini degli avamposti erano rimasti tranquilli dall’una e dall’altra parte; ma quando il Tribuno ebbe cominciato a spogliare il cadavere del suo nemico, i Galli non seppero più star fermi al loro posto, ed ancor più veloce fu l’accorrere dei Romani verso il vincitore. Ivi, attorno al corpo del Gallo steso a terra, in uno spazio ristretto, si accende una furiosa zuffa. Già il combattimento non si volgeva più tra i manipoli dei vicini posti di guardia, ma tra le legioni lanciatesi fuori dall’una e dall’altra parte. Camillo ai soldati lieti per la vittoria del Tribuno, lieti di tanta benevolenza e tanto favore degli Dei, ordina di dare battaglia; e, mostrando il tribuno ornato delle spoglie del nemico gridò:
<Imitate lui, soldati! E attorno al comandante caduto abbattete le orde dei Galli>.
Dei e uomini presero parte a quella battaglia, e si combatté contro i Galli con esito per nulla incerto: a tal punto entrambi gli eserciti l’avevano presentito dalla sorte dei due guerrieri tra i quali si era svolto il duello. Furioso fu il combattimento tra i primi, il cui scontro aveva richiamato gli altri: la restante massa volse le spalle prima che si venisse sotto il tiro dei dardi. Dapprima si dispersero attraverso il territorio dei Volsci e l’agro Falerno; quindi si volsero verso l’Apulia e il mare inferiore.
Il Console, convocata l’assemblea, dopo aver elogiato il Tribuno, gli donò dieci buoi ed una corona d’oro; […] Il Dittatore, nominato a sua volta Magister Equitum Aulo Cornelio Cosso, tenne i Comizi Consolari e proclamò Console con sommo favore del popolo, anche se non fu personalmente presente, l’emulo del suo eroismo, Marco Valerio Corvo -questo fu infatti da allora il suo soprannome- , che aveva 23 anni.[…]>
<[26] Ubi cum stationibus quieti tempus tererent, Gallus processit magnitudine atque armis insignis; quatiensque scutum hasta cum silentium fecisset, provocat per interpretem unum ex Romanis qui secum ferro decernat. M. erat Valerius tribunus militum adulescens, qui haud indigniorem eo decore se quam T. Manlium ratus, prius sciscitatus consulis voluntatem, in medium armatus processit. Minus insigne certamen humanum numine interposito deorum factum; namque conserenti iam manum Romano coruus repente in galea consedit, in hostem versus.
Quod primo ut augurium caelo missum laetus accepit tribunus, precatus deinde, si diuus, si diua esset qui sibi praepetem misisset, volens propitius adesset. Dictu mirabile, tenuit non solum ales captam semel sedem sed, quotienscumque certamen initum est, levans se alis os oculosque hostis rostro et unguibus appetit, donec territum prodigii talis visu oculisque simul ac mente turbatum Valerius obtruncat; coruus ex conspectu elatus orientem petit. Hactenus quietae utrimque stationes fuere; postquam spoliare corpus caesi hostis tribunus coepit, nec Galli se statione tenuerunt et Romanorum cursus ad victorem etiam ocior fuit. Ibi circa iacentis Galli corpus contracto certamine pugna atrox concitatur. Iam non manipulis proximarum stationum sed legionibus utrimque effusis res geritur. Camillus laetum militem victoria tribuni, laetum tam praesentibus ac secundis dis ire in proelium iubet; ostentansque insignem spoliis tribunum, “hunc imitare, miles” aiebat, “et circa iacentem ducem sterne Gallorum cateruas.” Di hominesque illi adfuere pugnae depugnatumque haudquaquam certamine ambiguo cum Gallis est; adeo duorum militum eventum, inter quos pugnatum erat, utraque acies animis praeceperat. Inter primos, quorum concursus alios exciuerat, atrox proelium fuit: alia multitudo, priusquam ad coniectum teli veniret, terga vertit. Primo per Volscos Falernumque agrum dissipati sunt; inde Apuliam ac mare inferum petierunt.
Consul contione advocata laudatum tribunum decem bubus aureaque corona donat; […] Dictator magistro equitum A. Cornelio Cosso dicto comitia consularia habuit aemulumque decoris sui absentem M. Valerium Coruum— id enim illi deinde cognominis fuit—summo fauore populi, tres et viginti natum annos, consulem renuntiavit. […]>
[349 aev ndr]
(Livio AUC VII,26)
Dopo una gloriosa carriera politica e militare, che lo vedrà invitto contro numerosi popoli italici, nonché 6 volte console e 2 volte dittatore, concluse la sua carriera conducendo una delle guerre contro gli Etruschi (299 aev) all’età di 72 anni, in sostituzione del deceduto Console Tito Manlio Torquato. Gli Etruschi furono talmente impauriti dalla sua presenza che si rifiutarono di scendere in campo (Livio AUC X,11).
Ritiratosi in campagna, morirà coltivando il suo terreno, all’età di 100 anni (Cicerone, Cato Maior, 60)
Emanuele Viotti